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Anno giudiziario, un rito stanco e inutile che gli avvocati hanno usato per attaccare la riforma della prescrizione

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Gesti plateali, come l’ingresso con le manette ai polsi a Napoli o senza toga a Messina. Azioni silenziose ma forti come i cartelli alzati e mostrati al membro del Csm Piercamillo Davigo prima di abbandonare l’aula a Milano e lasciarlo a parlare da solo. Nei distretti giudiziari, da Nord a Sud, è stata un’inaugurazione dell’Anno giudiziario caratterizzata dalle proteste degli avvocati penalisti. Non sono manifestazioni nuove. Ogni anno ce n’è una, per qualche motivo. E la celebrazione di questo rito stanco e inutile in cui alti magistrati celebrano ogni anno i funerali della giustizia, ci spiegano che è una macchina sgangherata, che se tutto va male delinquere quasi conviene perchè non è facile essere beccato ed è ancora più difficile essere processato e condannato, questa volta è stato usato per contestare la cosiddetta riforma della prescrizione che reca la forma dell’avvocato Alfonso Bonafede, ministro Guardasigilli. Le foto degli avvocato in manette a Napoli. O degli avvocati di Milano che hanno abbandonato l’aula sono proteste che faranno passare  in secondo piano i numeri che testimoniano il fallimento della giustizia e gli allarmi lanciati dai vertici giudiziari. Sia a Roma che a Milano si è puntato l’indice sugli affari illeciti, anche con l’ombra della ‘ndrangheta in Lombardia, nella gestione del business dei rifiuti. E’ stato, tra l’altro, proprio il Procuratore generale del capoluogo lombardo Roberto Alfonso, nell’ultimo intervento prima della pensione, ad usare le parole piu’ dure per criticare la riforma della prescrizione voluta dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Parole che lo stesso Guardasigilli ha ascoltato nell’Aula Magna del Tribunale milanese. Per Alfonso le nuove norme presentano “rischi di incostituzionalita’”, incidendo “sulla ragionevole durata del processo”. Lo stop alla prescrizione, ha detto, “non servira’ sicuramente ad accelerare i tempi del processo, semmai li ritardera’ ‘senza limiti’ (un messaggio simile e’ arrivato anche dalla Corte d’Appello di Firenze)”, mentre il problema vero sono gli “spaventosi vuoti di organico e la mancanza di risorse che contribuiscono a determinare tempi lunghi” dei procedimenti. “Rispetto l’opinione del Procuratore generale, è evidente che, se è una proposta che ho portato avanti, dal mio punto di vista non c’è nessuna incostituzionalità”, ha chiarito Bonafede che ha ribadito, comunque, la sua disponibilita’ ed apertura al “confronto”, che ci sara’ anche nella maggioranza su questo tema nei prossimi giorni. Lo stesso rispetto, tra l’altro, il ministro, dispiaciuto di certi aggettivi usati nei suoi confronti come “manettaro”, lo ha manifestato anche nei confronti delle “divergenze”, sempre sul fronte prescrizione, dei penalisti. A Milano, ad ogni modo, il vero obiettivo delle proteste della Camera Penale è stato l’ex pm di Mani Pulite, presidente di sezione della Cassazione e consigliere del Csm Davigo, ‘reo’ di aver rilasciato nei giorni scorsi un’intervista con affermazioni che “negano i fondamenti costituzionali del giusto processo, della presunzione di innocenza e del ruolo dell’Avvocato nel processo penale”. I penalisti avevano gia’ chiesto che venisse sostituito con un altro consigliere e stamani, quando ha preso la parola, hanno abbandonato l’aula dopo aver mostrato cartelli con tre articoli della Costituzione. Un breve momento di tensione c’e’ stato quando e’ partito un urlo “si tolga il cappello e si vergogni” rivolto ad un legale. “Non e’ un gesto contro il singolo Davigo. Noi non siamo contro di lui, ma siamo a difesa dei diritti dei piu’ deboli, degli ultimi, degli imputati e delle vittime”, ha precisato il presidente della Camera penale milanese Andrea Soliani, mentre l’ex pm nel corso della cerimonia non ha fatto alcun cenno alle polemiche e se ne e’ andato prima che Soliani intervenisse. A difendere Davigo ci ha pensato il presidente dell’Anm Luca Poniz, che ha definito l’azione degli avvocati una forma di “ostracismo preventivo”. Intanto, a Roma un dato e’ emerso su tutti: la prescrizione, ha spiegato il Presidente della Corte d’Appello Luciano Panzani, “colpisce maggiormente nei processi per cui c’e’ condanna in primo grado e quindi quasi uno su due in Appello”.

La foto in evidenza è di Salvatore Laporta per Kontrolab

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Dati rubati: auto Pazzali con paletta con stemma Repubblica

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Enrico Pazzali (foto Imagoeconomica in evidenza), l’allora presidente di Fondazione Fiera che ora si è autosospeso in quanto indagato nell’inchiesta della Dda di Milano e della Dna su una presunta rete di cyber-spie, viaggiava su una macchina con autista e con anche una “paletta con stemma della Repubblica e la dicitura Prefettura di Milano”.

Lo si legge in una informativa agli atti dell’indagine che ha portato agli arresti domicilari 4 persone, tra cui l’ex super poliziotto Carmine Gallo. Gli investigatori annotano che “l’istituzionalizzazione delle attività di Equalize passa anche dall’accostamento dell suo Presidente” e titolare, ossia Pazzali, e gli enti e le organizzazioni dello Stato. Pazzali non è solo vicino alle istituzioni, un’evidente vicinanza di comodo, ma – prosegue l’atto – si accosta anche alle medesime”.

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Controlli dei Carabinieri sulle isole: ladri di biciclette 15enni greci denunciati a Procida, spacciatori nel mirino a Ischia

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Controlli a tappeto in questi giorni ad Ischia e Procida ad opera dei carabinieri che hanno concentrato la loro attività sui flussi turistici in arrivo e sui luoghi della movida isolani. A Procida i militari hanno denunciato 3 giovani turisti di nazionalità greca per furto in concorso; dopo una segnalazione al 112 per la sottrazione di tre bici elettriche in via Roma gli uomini dell’Arma si sono messi all’opera ed in pochi minuti hanno rintracciato i tre quindicenni ancora in sella. I giovani visitatori, dopo essere stati denunciati, sono stati affidati ai rispettivi genitori e verranno proposti anche per il provvedimento di foglio di via obbligatorio dal Comune di Procida. Un altro ragazzo invece è stato denunciato dopo essere stato trovato in possesso di una katana: l’arma di 90 centimetri di lunghezza con lama non affilata ma con punta acuminata è stata trovata addosso ad un 22enne procidano, durante un controllo alla circolazione statale ed è stata sequestrata.

A Ischia i militari hanno denunciato per detenzione a fini di spaccio un 20enne incensurato di Barano. Il ragazzo stava percorrendo via Duca degli Abruzzi quando, alla vista dei militari, ha provato a dileguarsi ma i carabinieri lo hanno fermato e perquisito trovandolo in possesso di due bustine con all’interno 6 grammi di marijuana e 26 grammi di hashish. Per lo stesso reato a finire nei guai un 18enne incensurato di Ischia, fermato invece a via Serbatoi; durante la perquisizione è stato trovato in possesso di 40 grammi di hashish e di un bilancino elettronico di precisione.

I carabinieri della stazione di Forio, invece, hanno controllato tre alberghi del posto insieme ai carabinieri del Nas di Napoli; sono state accertate carenze igienico sanitarie in una struttura di via Provinciale Panza Succhivo ed i militari hanno proceduto al sequestro di 40 chili di prodotti alimentari privi di tracciabilità. Per il legale rappresentante della società proprietaria dell’albergo è scattata una sanzione pecuniaria di 3.500 euro. Complessivamente nei controlli effettuati sulle due isole sono state identificate 242 persone e controllati 150 veicoli.

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La rete di potere di Rosario Piccirillo: dalle boe di Mergellina alla gestione del quartiere

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Un fitto sistema di contatti e una presunta influenza quasi istituzionale caratterizzano la figura di Rosario Piccirillo, noto come “o’ biondo”, ritenuto il boss della zona di Mergellina a Napoli. Arrestato per tentata estorsione legata alla gestione delle boe di ormeggio di Mergellina, Piccirillo è ora al centro di un’indagine che ne esplora il presunto potere informale, un’autorità riconosciuta sia tra gli ambienti criminali che tra quelli borghesi, dagli abitanti del rione ai professionisti, fino agli stessi medici.

L’accusa: racket sulle boe e l’arresto del figlio Antonio

Rosario Piccirillo è accusato di aver usato il proprio peso criminale per ottenere il controllo di circa venti boe posizionate nelle acque davanti al consolato americano. La stessa inchiesta ha portato all’arresto di suo figlio, Antonio Piccirillo, il quale fino a qualche anno fa si era dissociato pubblicamente dalla camorra, ma che ora è accusato di tentata estorsione. Durante gli interrogatori di garanzia condotti dalla Gip Federica Colucci, Antonio ha difeso il proprio operato sostenendo che quelle boe fossero un bene familiare, frutto di un investimento di 180 milioni di lire fatto dal padre quando la normativa sugli ormeggi era più flessibile.

La cooperativa e i dissapori: De Crescenzo e le famiglie rivali

Al centro della contesa vi è una cooperativa formata dalle famiglie Dello Russo, Bianco e De Crescenzo, oggi legittimate a gestire le boe nella zona ambita di Mergellina. Questa gestione ha innescato una serie di pressioni da parte dei Piccirillo. In particolare, Antonio avrebbe fatto visita alla tiktoker Rita De Crescenzo, chiedendo di assegnare a lui e ad alcuni suoi conoscenti la gestione delle boe o di concedere delle assunzioni stagionali. In caso di rifiuto, avrebbe lanciato intimidazioni, sostenendo: “Le minacce di morte sono di mio padre, ma anche mie”. Ai magistrati, Antonio ha spiegato che il suo intervento era dettato dalla convinzione paterna secondo cui le boe, che un tempo rappresentavano una fonte di economia per la famiglia, fossero ancora un diritto da rispettare.

Un’autorità informale: dalle boe agli affari immobiliari

L’inchiesta, coordinata dai pm Celeste Carrano e Mariangela Magariello sotto la guida di Rosa Volpe e del procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri, ha messo in luce una rete di rapporti che descrive Piccirillo come una figura di riferimento, quasi un “sindaco” del rione di Mergellina. Diversi borghesi si rivolgevano a lui, anche per consulenze su contenziosi privati e questioni immobiliari, come nella zona della Torretta. La sua influenza è stata riscontrata anche in un flusso costante di visitatori sia nella sua abitazione napoletana sia nella struttura a Sessa Aurunca dove lavorava durante un periodo di libertà vigilata. Tra questi, un medico si sarebbe recato più volte da Piccirillo, rafforzando l’idea di un’autorità riconosciuta anche al di fuori dell’ambiente criminale.

Intimidazioni e storia di rivalità

Secondo quanto ricostruito dalle indagini, le pressioni attorno al controllo delle boe risalirebbero a oltre trent’anni fa. La squadra mobile di Napoli, sotto la direzione di Giovanni Leuci, ha raccolto informative che riportano storie di minacce, sequestri e rivalità che, nel tempo, hanno segnato l’attività di diversi imprenditori della zona. Uno scenario complesso, in cui Rosario Piccirillo è dipinto come una figura capace di dispensare consigli, gestire conflitti e rappresentare un’autorità informale per un intero quartiere.

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