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Salute

Anaao, pensione a 72 anni norma ad personam per soli 1000 medici

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 Il probabile emendamento al Milleproroghe per innalzare l’età pensionabile dei medici a 72 anni su base volontaria rappresenta una “norma ad personam per soli 1000 camici bianchi”. Lo afferma Pierino Di Silverio, segretario del maggiore sindacato dei medici ospedalieri. l’Anaao Assomed, rilevando come “imperversi per l’ennesima volta, in Parlamento, la proposta di trattenimento in servizio dei dirigenti medici e sanitari fino a 72 anni, nonostante le forti contrarietà che hanno caratterizzato la discussione lo scorso anno”.

“Sorge più di un dubbio – afferma Di Silverio – che tale norma sia ad personam, utile solo a favorire qualche amico, e a mantenere intatto, per altri due anni almeno, il sistema di potere, prevalentemente universitario, che combattiamo da anni”. Il fatto è che il provvedimento, prosegue, “chiaramente di marca lobbistica, è offensivo per l’intera categoria oltre che inutile rispetto all’obiettivo sbandierato”.

Infatti, In base al Conto Annuale dello Stato 2021, prosegue, “i dirigenti medici e sanitari che potrebbero restare in servizio oltre i 68 anni compiuti sono 1.253. Tra questi i direttori di struttura complessa sono 340, ovvero il 27,1%, e i responsabili di struttura semplice 245, ovvero il 19,6%. La prima conclusione è: i medici over 68 rappresentano solo l’1,16% di tutti i medici del Ssn”. Ma potranno 1253 medici e dirigenti sanitari, di cui 585 direttori di strutture “fare turni notturni e festivi? O effettuare il lavoro straordinario necessario a tamponare le carenze di personale? O rappresentare la soluzione per lo stato in cui versa il PS? Sono tutte – precisa Di Silverio – domande retoriche”.

Dall’Anaao arriva quindi una proposta: “Se davvero si vuole dare ai colleghi che tanto hanno già lavorato nel sistema sanitario la possibilità di restare in servizio fino a 72 anni, si proponga loro il ruolo di tutor per le nuove generazioni – afferma Di Silverio – lasciando da parte i titoli acquisiti. Restino pure, ma per essere davvero dei padri nobili della professione”. Se così non fosse, “continueremo a bocciare e a fare barricate, e non saremo soli, contro ogni tentativo di salvaguardare privilegi, centri di potere, sistemi lobbistici. Per essere, ancora una volta – conclude il leader sindacale – dalla parte dei pazienti e dei dirigenti medici e sanitari”.

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Aifa, una nuova piattaforma ottimizza fondi farmacovigilanza

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Un nuovo sistema informatico ha l’obiettivo di rendere più efficiente la gestione dei Fondi di Farmacovigilanza, essenziali per il funzionamento dei Centri Regionali e per la realizzazione di progetti di farmacovigilanza attiva, favorendo così la conoscenza del profilo beneficio-rischio dei medicinali dopo la loro commercializzazione, nelle reali condizioni di uso. Il nuovo sistema messo a punto dall’Agenzia Italiana del Farmaco sarà accessibile alle Regioni a partire dal 1° ottobre, dopo l’evento di presentazione e formazione svoltosi oggi presso la stessa Agenzia.

“Da un sistema nel quale tutto è ancora inserito manualmente, con l’inevitabile rallentamento della gestione dei dati e dell’attività di monitoraggio, si passa a una innovativa piattaforma digitale che consentirà di migliorare l’efficienza dell’uso delle risorse finanziarie, permettendo una gestione più semplice e tracciabile”, spiega Anna Rosa Marra, responsabile dell’Area Vigilanza Post-Marketing dell’Aifa. Più nel dettaglio il sistema permette di: – inserire i dati tecnici ed economici in modo standardizzato, rendendo più facile la condivisione e l’analisi delle informazioni; – tracciare ogni attività e la relativa comunicazione, così da avere il costante controllo di ciascuna fase del processo; – monitorare le attività finanziate, con notifiche automatiche che ricordano le scadenze.

“L’implementazione del Sistema informatico per la gestione dei fondi di farmacovigilanza rappresenta una svolta importante nella gestione delle risorse pubbliche destinate alla sorveglianza post-marketing dei medicinali”, afferma Anna Rosa Marra. “Sono certa – conclude – che questa piattaforma consentirà alle Regioni e all’Aifa di lavorare in modo più coordinato, migliorando l’efficacia dell’attività di farmacovigilanza, fondamentale in termini di sicurezza e di utilizzo ottimale dei medicinali”.

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Salute

Immunoterapia aumenta sopravvivenza in sempre più tumori

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L’immunoterapia migliora la sopravvivenza a lungo termine in un numero crescente di tumori, dal melanoma al cancro al seno difficile da trattare a quello alla vescica. Lo dimostrano gli studi presentati al congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo). Un passo avanti importante della ricerca anche se, avvertono gli oncologi, resta ancora da approfondire il problema della resistenza che si verifica in alcuni pazienti. L’immunoterapia, che agisce consentendo al sistema immunitario dell’organismo di riconoscere e distruggere le cellule tumorali, migliora infatti la sopravvivenza globale a lungo termine nei pazienti con melanoma avanzato, secondo i risultati di ampi studi internazionali riportati all’Esmo. Ulteriori studi mostrano inoltre un miglioramento della sopravvivenza a lungo termine con l’immunoterapia somministrata prima e dopo l’intervento chirurgico in donne con carcinoma mammario in stadio iniziale e difficile da trattare (carcinoma mammario triplo negativo) e in pazienti con carcinoma della vescica muscolo-invasivo.

“Il messaggio principale di tutti questi studi è che l’immunoterapia continua a mantenere la sua promessa con la speranza di sopravvivenza a lungo termine per molti pazienti con diversi tipi di cancro. L’immunoterapia può funzionare per molto tempo”, afferma Alessandra Curioni-Fontecedro, professoressa di Oncologia all’Università di Friburgo. Guardando al futuro della ricerca con l’immunoterapia, Curioni-Fontecedro ha tuttavia sottolineato che “abbiamo ancora alcune domande importanti che non hanno risposta. Il primo è capire perché i tumori si ripresentano in alcuni pazienti nonostante la risposta iniziale all’immunoterapia. Ancora non capiamo come la resistenza all’immunoterapia possa verificarsi in alcuni pazienti. Dobbiamo capire cosa succede in questi pazienti, quali sono i meccanismi di resistenza e come possiamo superarli”. E’ quindi “importante – ha concluso – che i ricercatori e le aziende farmaceutiche lavorino insieme per affrontare efficacemente il problema della resistenza all’immunoterapia”.

In particolare, uno studio di fase 3 ha evidenziato che in pazienti con melanoma avanzato, dopo un follow-up di almeno 10 anni, la sopravvivenza globale mediana è stata di circa 6 anni con l’immunoterapia di combinazione con nivolumab più ipilimumab (studio CheckMate 067). L’immunoterapia, commenta Marco Donia, professore di Oncologia al Centro nazionale per la terapia immunitaria del cancro della Danimarca, “ha trasformato il melanoma avanzato da qualcosa che in precedenza era una malattia mortale con una sopravvivenza mediana inferiore a un anno a quello che vediamo oggi, con la metà dei pazienti che sopravvive per molti anni”. Donia sostiene inoltre il diritto di questi pazienti di ‘essere dimenticati’ come malati oncologici dopo cinque anni di assenza di cancro dalla fine del trattamento, “in modo che non subiscano discriminazioni ri spetto alla popolazione generale quando cercano credito finanziario”. Un miglioramento della sopravvivenza globale con l’immunoterapia è stato riportato anche nel carcinoma mammario triplo negativo in stadio iniziale.

I tumori al seno triplo negativi sono particolarmente difficili da trattare, ma i risultati hanno mostrato un miglioramento significativo della sopravvivenza globale con immunoterapia più chemioterapia prima dell’intervento chirurgico e immunoterapia continua dopo l’intervento: il tasso di sopravvivenza globale a cinque anni è stato dell’86,6% nei pazienti sottoposti a immunoterapia e dell’81,2% nel gruppo placebo. Un miglioramento simile della sopravvivenza globale con l’immunoterapia prima dell’intervento chirurgico è stato osservato in uno studio anche su pazienti con carcinoma della vescica muscolo-invasivo. I pazienti trattati con immunoterapia (durvalumab) hanno mostrato una sopravvivenza libera da eventi significativamente più lunga.

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Melanoma, Ascierto: nuova immunoterapia funziona nei pazienti resistenti

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Una seconda chance per l’immunoterapia contro il melanoma, quando questa fallisce, e una nuova opportunità terapeutica per i pazienti ‘resistenti’, più difficili e con poche speranze di cura. E’ ciò che promette un nuovo studio clinico internazionale di Fase I, guidato da Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli, presentato in occasione del congresso annuale della Società europea di oncologia medica (Esmo).

I risultati dimostrano l’efficacia di un nuovo farmaco nello sbloccare l’azione dell’immunoterapia sia nei pazienti con resistenza primaria, cioè che non hanno mai risposto all’immunoterapia, sia nei pazienti con resistenza acquisita, coloro che hanno iniziato a non rispondere agli immunoterapici dopo un po’ di tempo. “Il nostro studio mostra la sicurezza e l’efficacia di Wnt974, molecola che inibisce la via di segnalazione Wnt/beta-catenina coinvolta nella mancata risposta all’immunoterapia, nel superare la resistenza, offrendo ai pazienti una nuova possibilità di cura – spiega Ascierto -. La combinazione di Wnt974 con l’immunoterapia è risultata efficace nel 18% dei pazienti con melanoma che non hanno mai risposto all’immunoterapia. In 2 casi la malattia è addirittura scomparsa. Il trattamento, inoltre, è risultato efficace nel 35,7% dei pazienti con resistenza acquisita”.

Nei pazienti in cui il trattamento è risultato efficace, aggiunge, “abbiamo osservato una risposta ampia in media per 15 mesi, con una stabilità della malattia per più di 2 anni”. Tuttavia, anche questo nuovo approccio non funziona per tutti i pazienti. “Sono in corso le analisi dei biomarcatori che ci permetteranno di identificare ulteriori marcatori predittivi di risposta e resistenza al trattamento. Il nostro obiettivo – conclude Ascierto – rimane sempre quello di cercare di trovare nuove opzioni di trattamento per i pazienti più difficili che, ad oggi, non beneficiano delle terapie attualmente disponibili”.

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