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Amo una donna, la figlia del presidente del Camerun rompe il tabù dell’omosessualità punita col carcere

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«Sono pazza di te e voglio che tutto il mondo lo sappia». Brenda Biya, figlia del presidente del Camerun, ha suscitato un terremoto mediatico con una foto che la ritrae baciare la modella brasiliana Layyons Valença. Questo gesto, che altrove potrebbe sembrare una semplice dichiarazione d’amore, ha scosso profondamente un paese dove l’omosessualità è considerata un crimine.

Brenda Biya, conosciuta anche con il suo nome d’arte “King Nasty”, non è nuova agli scandali. La giovane rapper, cittadina del mondo con studi e residenza all’estero, ha recentemente iniziato una carriera musicale dopo aver avviato un negozio online di parrucche e fondato un brand di skincare di lusso. Amante delle feste e del lusso, è molto attiva sui social media, dove ha postato foto che la ritraevano con quella che sembrava essere un’amica fino al momento del bacio e della dichiarazione d’amore.

Il gesto di Brenda rappresenta una chiara rottura con la linea politica del padre, Paul Biya, presidente del Camerun dal 1982 e sostenitore della revisione costituzionale del 2016 che ha inasprito le pene contro l’omosessualità. L’articolo 347-1 del codice penale camerunense prevede la reclusione da sei mesi a cinque anni per le relazioni omosessuali, con sanzioni anche per gli approcci online. Questo clima di intolleranza ha portato, solo nel 2022, a 325 casi di violenza fisica contro persone LGBTQIA+ e a una cinquantina di arresti.

Le reazioni non si sono fatte attendere. Kiki Bandy, blogger e attivista LGBTQIA+ camerunense, ha commentato: «In un paese in cui le persone vengono arrestate in base alla loro identità sessuale percepita o giudicate colpevoli di “tentata omosessualità” e condannate a cinque anni di carcere, sarà interessante vedere quale impatto avrà la visibilità di Brenda Biya sui diritti LGBT+». Bandy, che ha subito minacce di morte e stupro dopo il suo coming out, rappresenta una voce potente contro il pregiudizio e la violenza nel paese.

Brenda Biya potrebbe diventare un catalizzatore per il cambiamento in Camerun. Le sue azioni, benché personali, hanno il potenziale di scalfire il muro di pregiudizio costruito anche grazie alle misure draconiane imposte dal padre. Molti attivisti e cittadini comuni vedono in “Bree” un potente detonatore che potrebbe avviare un movimento di maggiore tolleranza e accettazione in un paese fortemente omofobo e maschilista.

La sfida di Brenda Biya non è solo contro le leggi oppressive, ma anche contro un sistema culturale e sociale che discrimina e punisce le persone per la loro identità sessuale. Il suo coraggio potrebbe segnare l’inizio di un cambiamento significativo, portando speranza a una comunità che ha sofferto troppo a lungo.

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Scontri e cariche a Parigi, incidenti in altre città

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La festa per la vittoria della sinistra alle elezioni legislative in Francia si è trasformata in una serata di scontri e cariche tra manifestanti, black block e poliziotti a Place de la République a Parigi, mentre incidenti si sono registrati anche in altre città del Paese con almeno un agente ferito dal lancio di una molotov. Dopo che i primi exit poll hanno dato in testa il Nuovo Fronte Popolare, una folla si è radunata nella piazza della capitale francese: partendo da Place des Fêtes, dove si svolgeva una kermesse antifascista, un gioioso corteo è sceso lungo rue de Belleville, accompagnato da una banda e da sempre più persone, tra gli applausi della gente alle finestre.

Il popolo della gauche, migliaia di persone, ha festeggiato una vittoria insperata con le famiglie, spesso con bambini piccoli, tantissimi giovani e giovanissimi in un ambiente festoso, con bandiere e cori per la sinistra e contro Marine Le Pen ed Emmanuel Macron. Fra gli slogan, “Tutti odiano Bardella” e “abbiamo vinto”. E al centro della piazza, è stato dispiegato lo striscione “La Francia è un tessuto di migrazioni”. In serata, la festa è degenerata in violenza: stando a giornalisti di Le Figaro sul posto, le prime cariche della polizia sono avvenute a est di Place de la République, nei confronti di gruppi di individui incappucciati che cercavano di provocare gli agenti.

Arredi urbani sono stati dati alle fiamme e sono state lanciati fuochi d’artificio e altri oggetti contro gli agenti che hanno risposto con gas lacrimogeni. Gruppi di manifestanti sono stati respinti dopo aver tentato di forzare l’ingresso di un grande magazzino di elettrodomestici e prodotti informatici, “Darty”. Secondo una fonte della polizia citata da Le Figaro, i black block hanno attaccato i negozi Bouygues Télécom a Saint Martin e la Banque Populaire in Boulevard Magenta.

Tensioni tra polizia e manifestanti sono scoppiate anche a Rennes e Nantes, dove diverse migliaia di persone si sono radunate dopo aver esultato per i risultati delle elezioni legislative. A Rennes, i manifestanti partiti in corteo verso il centro storico sono stati bloccati dalla polizia che ha sparato gas lacrimogeni in risposta al lancio di oggetti da parte dei manifestanti. La vetrina di un supermercato è stata danneggiata e venticinque persone sono state arrestate “dopo i danni commessi” in città, ha precisato la prefettura. Poco prima di mezzanotte è tornata la calma.

A Nantes, 2.500 persone, secondo la prefettura, si sono radunate per seguire i risultati nel centro della città, in un iniziale clima di festa. Successivamente il corteo ha marciato per le strade ed è stato respinto più volte dalla polizia, che ha utilizzato gas lacrimogeni. Fuochi d’artificio sono stati sparati in direzione della polizia, che è stata anche bersaglio di lanci di bottiglie. Un agente di polizia è rimasto ustionato dopo che una bottiglia Molotov gli è esplosa vicino.

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Orban annuncia suo arrivo in Cina, ‘missione di pace 3.0’

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Il premier ungherese Viktor Orban ha annunciato di essere arrivato oggi in Cina. “Missione di pace 3.0”, ha scritto sul suo profilo X pubblicando una foto del suo arrivo in aereo a Pechino.

Nell’immagine, Orban viene accolto all’aeroporto dalla portavoce del Ministero degli Esteri cinese Hua Chunying. Il dicastero di Pechino ha dichiarato da parte sua che il premier ungherese, il cui Paese detiene la presidenza di turno dell’Ue, incontrerà oggi il presidente cinese Xi Jinping per discutere “questioni di reciproco interesse”.

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Macron non crolla e punta a fare l’ago della bilancia

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Macron perde la sua scommessa ma non crolla. La sua ormai ex maggioranza esce dalle urne con le ossa rotte, ma meno del previsto; e soprattutto, viste le premesse, alla sua più diretta rivale per l’Eliseo va sicuramente peggio. In due settimane sull’ottovolante, è andato in scena il flop del presidente che si credeva Jupiter e ormai può soltanto sperare di fare l’ago della bilancia in una coalizione tutta spostata a sinistra, con il tribuno Mélenchon che lo attacca e rivendica il governo e in cui i suoi deputati sono stati falcidiati prima dalle legislative del 2022, poi da quelle anticipate di oggi. Per qualcuno la decisione di sciogliere l’Assemblea nazionale dopo la batosta alle europee è stata un hara-kiri, un azzardo da giocatore di poker, per altri un peccato di presunzione.

Sono tanti in Francia a raccontare di aver vissuto come un incubo quei pochi minuti dopo l’annuncio dell’umiliazione elettorale del 9 luglio, quando il capo dello Stato, in una diretta tv senza precedenti subito dopo gli exit-poll, annunciò di aver già firmato lo scioglimento delle Camere e comunicò agli attoniti francesi le date delle elezioni legislative anticipate. Dopo 5 anni di mandato, nel 2022 Macron era stato rieletto dopo aver battuto Marine Le Pen con un margine ridotto rispetto al 2017: era sceso dal 66,10% al 58,55%. E, subito dopo, aveva perso la maggioranza assoluta in Assemblée Nationale, 250 seggi contro i 361 che gli avevano consentito di governare fino ad allora.

Quei 250 seggi, per una decisione dello stesso leader di Ensemble (Renaissance partito presidenziale più i centristi e Horizons, il movimento dell’ex premier Edouard Philippe) non si sono adesso dimezzati ma quasi. Anche se i macroniani, pur non essendo più maggioranza relativa, sono riusciti contro tutte le previsioni a piazzarsi al secondo posto dietro la sorpresa del Nuovo Fronte Popolare, davanti all’ultradestra del Rassemblement. Il presidente aveva chiesto “un chiarimento” ai francesi, e l’ha avuto, anche se non come pensava lui e come i sondaggi pronosticavano fino a qualche ora fa. Lo sbando fra i suoi delle ultime settimane, fra racconti di consigli dei ministri fatti di grida e lacrime e una desistenza fatta a metà (con il presidente che ha spinto i suoi a desistere contro Marine Le Pen ma non contro La France Insoumise, seguito in questo da personaggi di primo piano come il ministro Bruno Le Maire ed Edouard Philippe) hanno contributo ad esasperare il caos.

Con il premier Gabriel Attal – che in queste settimane ha affermato una sua personalità indipendente da Macron ricordando a più riprese che “il rischio è la maggioranza assoluta del Rassemblement National” e non quella della sinistra – è calato poi il gelo. I due, Macron e il suo ormai ex pupillo, non si parlano più. Insomma, il re è nudo, e per capire quali siano adesso i suoi progetti ci si deve porre in modalità “macroniana”: una coalizione, se sarà possibile formarla con i riformisti del Fronte Popolare, i reduci macroniani, i centristi e i Républicains che si convinceranno, avrà in Macron e nei resti di Ensemble l’ago della bilancia. Lui, il presidente della scommessa perduta e della popolarità sbriciolata, non avrà spazio di manovra ma potrà proporre, convincere e indirizzare, facendo da cardine con il suo potere. Non un grande progetto per il partito dei macroniani, già ridotto a un terzo rispetto agli inizi nel 2017. Ma il destino del movimento, vista la parabola del leader, era già segnato e per il presidente ora l’obiettivo è la promessa fatta ai francesi: arrivare in piedi all’Eliseo a fine mandato, nel maggio 2027.

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