Fermare il declino dell’auto, difendendo tutti i posti di lavoro e rilanciando la produzione. A partire da Stellantis. I sindacati dei metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm scendono in piazza a Roma insieme, con uno sciopero unitario del settore che non si vedeva da 30 anni. Con loro i leader di Cgil Cisl e Uil e anche dell’opposizione: Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli, Carlo Calenda. Pressoché univoca la richiesta al governo di aprire un tavolo a palazzo Chigi con l’azienda. E in concomitanza con la manifestazione, la prima risposta arriva dal ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, che si dice pronto a convocare Stellantis. Il pressing però resta alto, insieme alla rabbia. “Noi siamo per il rispetto delle istituzioni. Ma la piazza dice una cosa precisa: è ora che si negozi a palazzo Chigi”, è la replica dal palco del leader della Fiom, Michele De Palma.
Dal corteo e da piazza del Popolo gli operai arrivati a Roma da tutta Italia – dai siti del gruppo ex Fiat e non solo, da Torino, Pomigliano, Termoli, Melfi, dalla Bosh di Bari, dalla Marelli di Bologna – dicono basta alla cassa integrazione, chiedono un futuro certo e un piano industriale adeguato. Sono 20mila in piazza nella capitale, secondo gli stessi sindacati. E proprio i comuni che ospitano gli stabilimenti Stellantis scendono in prima linea: l’auto è un settore “strategico e noi siamo pronti a fare la nostra parte”, assicurano con la richiesta di convocazione ai tavoli di crisi del settore. In diverse piazze anche Fismic Confsal, Uglm e Associazione Quadri con lo slogan “L’automotive merita di più”. Al fianco dei lavoratori l’opposizione. Tra saluti e strette di mano, restano i timori. “C’è molta preoccupazione sul futuro” dell’automotive, rimarca la segretaria del Pd, Elly Schlein, sostenendo che Stellantis “ha delle responsabilità storiche” verso il Paese.
Il presidente del M5s, Giuseppe Conte, ribadisce l’impegno del Movimento a sostenere “la battaglia operaia” su Stellantis. Rilancia la necessità di un incontro a palazzo Chigi e di “farlo subito, perché il prossimo anno avremmo un disastro industriale annunciato” il leader di Azione, Carlo Calenda. Da Avs, per Nicola Fratoianni è l’ora “di finirla con Stellantis che batte cassa” e basta alla strategia “del mordi e fuggi”, aggiunge Angelo Bonelli. Dalle opposizioni, dopo l’audizione dell’ad Carlos Tavares, c’è la richiesta di ascoltare in Parlamento anche il presidente John Elkann. Fim Fiom Uilm parlano di “grandissima adesione” allo sciopero, sotto lo slogan “Cambiamo marcia”. Secondo l’azienda, la percentuale media di adesione è complessivamente dell’8,8%, senza interruzione delle attività. Per i sindacati, l’automotive è “al collasso”. Secondo le loro stime, i posti a rischio sono 70mila in tutto il settore dell’automotive, che conta circa 320mila lavoratori. “La situazione sta precipitando”, avverte il segretario generale della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano, “i volumi stanno crollando, non faremo neanche 500mila veicoli nel Paese, cosa che non avveniva dal 1956”. Altro che un milione di auto. L’obiettivo sostenuto da Urso che “chiede a Stellantis di scommettere sul nostro Paese. Noi saremo al loro fianco – assicura – per farlo al meglio”.
Tutti gli stabilimenti del gruppo sono interessati dalla cassa integrazione. “Ma noi vogliamo produrre auto e non cig”, dice il numero uno della Uilm, Rocco Palombella, assicurando che “non ci rassegniamo. E senza risposte non ci fermeremo”. Si rivolgono direttamente all’ad Carlos Tavares. “Noi non siamo rancorosi, siamo incazzati”, dice De Palma, “l’unico taglio di cui Stellantis ha bisogno è quello del suo stipendio”. Chiede “coerenza e rispetto” degli impegni il leader della Cisl, Luigi Sbarra. Le prospettive “non sono chiare. E noi non vogliamo stare a guardare”, ripete il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. Bisogna “fare presto”, insiste il numero uno della Uil, Pierpaolo Bombardieri. Una questione, quella dell’automotive, su cui la linea tra i tre è univoca. Non sulla manovra, su cui i fronti – Cgil e Uil da una parte e Cisl dall’altra – sembrano vicini ad una nuova divisione.