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Politica

Allarme opposizioni: la norma antirave, un bavaglio putiniano su manifestazioni

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La pubblicazione in Gazzetta del decreto fa cadere anche l’ultimo dubbio che ieri aveva suggerito cautela nelle reazioni politiche, quasi tutte improntate ad un parallelismo dei due pesi e due misure tra Rave di Modena e corteo Predappio. Ma oggi, la bollinatura della G.U. – con la conferma della reclusione fino a sei anni per chi organizza e partecipa ai rave – fa insorgere il fronte delle opposizioni che lanciano un “allarme democrazia” per l’ambito di applicazione della stretta estesa a tutti gli assembramenti. Cortei sindacali e manifestazioni politiche comprese. “Il Governo ritiri” la norma. “È un gravissimo errore. I rave non c’entrano nulla: è la libertà dei cittadini che così viene messa in discussione”, scrive su Twitter il segretario del Pd Enrico Letta. Subito murato da Matteo Salvini (“indietro non si torna, la leggi finalmente si rispettano”) e rintuzzato da fonti del ministero dell’Interno con cui si accende uno scontro. “La norma – precisano infatti dal Viminale – interessa una fattispecie tassativa che riguarda la condotta di invasione arbitraria di gruppi numerosi tali da configurare un pericolo per la salute e l’incolumità pubbliche” e quindi “non lede in alcun modo il diritto di espressione e la libertà”. “Le precisazioni del Viminale – controreplica il segretario dem – non cambiano la questione giuridica che abbiamo posto. Anzi, la precipitosa e inusuale precisazione conferma che hanno fatto un pasticcio. Che si risolve solo col ritiro della norma”. Anche il leader pentastellato, Giuseppe Conte, non usa mezzi termini osservando che “il modo con cui si è intervenuti è raccapricciante”. Tanto per il numero (50 persone) che verrebbe considerato come sufficiente a far “derivare un pericolo per l’incolumità pubblica o la salute pubblica”, quanto per l’arbitrarietà e la discrezionalità – è il suo ragionamento – che sarebbe nelle disponibilità delle autorità preposte a decidere sulla sicurezza e sull’ordine pubblico. Ad accendere ulteriormente gli animi delle opposizioni giunge anche la puntualizzazione del presidente della Camere Penali – Gian Domenico Caiazza – che spiega che essendo previste pene superiori ai cinque anni, con il nuovo reato, le intercettazioni sono assolutamente possibili. Si tratta “di una norma talmente generica e a maglie così larghe che potrà trovare applicazione nei casi più disparati e con grande discrezionalità. Una legge dal sapore putiniano”, osserva però il presidente di Più Europa Riccardo Magi. “Ha fatto benissimo il governo a intervenire sui rave party”, controribatte il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, ricordando che erano anni che “si parlava della necessità di stroncare questi fenomeni”. Appunto. Un’estensione della lettera di legge che accende ancor di più le preoccupazioni delle opposizioni. “Il decreto del governo ha tutta l’aria di essere una cosa ben più grave e seria di quanto sembrasse ieri”, sottolinea il coordinatore della segreteria di Più Europa Giordano Masini che paventa “nella definizione di ‘terreni o edifici altrui, pubblici o privati’ ove diverrebbe vietato manifestare, che a rischiare la reclusione da tre a sei anni saranno le persone che organizzano e partecipano a qualsiasi manifestazione per la quale venga ipotizzato (dal Governo) un pericolo per l’ordine pubblico”. In attesa di un coordinamento delle opposizioni, che ancora resta nell’alveo delle buone intenzioni, i partiti di minoranza sembrano però oggi marciare compatti: “E’ una disposizione che colpisce manifestazioni di protesta paragonandole a quelle sotto cui ricadono misure di prevenzione antimafia”, osserva Angelo Bonelli (Avs). Un giro di vite che porta con sè una certezza, gli fa eco il collega Nicola Fratoianni che vede nell’intervento “un pretesto per inserire norme con pene pesantissime che potranno essere utilizzate in ben altri contesti: dai cortei sindacali, alle mobilitazioni studentesche o alle proteste dei comitati e dei movimenti come quelle che in questi mesi si sono sviluppate a Piombino”. Attendista l’approccio del presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini che, comunque non risparmia critiche sulle intenzioni: “mi sembra che ci sia qualche forma di esagerazione”. Il resto del Pd non fa invece sconti: Chiara Gribaudo parla di bavaglio al dissenso, Marco Meloni di “norma liberticida”, Valente invece vi legge una chiara impronta identitaria di una destra illiberale.

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Università e ospedali plurisecolari su francobolli Italia

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Tre universita’ e cinque ospedali ”storici” italiani compariranno sui francobolli italiani. L’emissione dedicata alle università e’ stata emessa oggi e riguarda le universita’ di Napoli, Trieste e Firenze. La serie dedicata agli ospedali comparira’ invece il 24 novembre prossimo e riguardera’ ospedali di Roma, Milano, Napoli, Venezia e Firenze. Le vignette dei francobolli (tutti validi per la posta ordinaria) mostrano per le universita’:

  • -una prospettiva della facciata principale dell’Università degli Studi di Napoli” Federico II” istituita il 5 giugno 1224 dall’Imperatore del Sacro romano Impero;
  • -su uno sfondo che riprende i colori istituzionali del centenario dell’Università degli Studi di Trieste, una rivisitazione del logo dell’anniversario che raffigura, un’illustrazione al tratto, l’edificio centrale dell’Ateneo;
  • -l’ingresso del Rettorato dell’Università degli Studi di Firenze che, nel 2024, celebra i 100 anni dalla sua fondazione; Per gli ospedali le vignette mostrano;
  • -ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze: il Loggiato di ingresso, progettato da Bernardo Buontalenti nel 1574, in cui è visibile l’affresco “Annunciazione” del XVII secolo attribuito al Pomarancio; -ospedale civile Santi Giovanni e Paolo di Venezia;
  • – il Portego delle Colonne della Scuola Grande di San Marco a Venezia (1485-1495);
  • -Ca’ granda ospedale maggiore policlinico di Milano: la Sala del Capitolo d’estate, edificata nel 1637 su progetto di Francesco Richini, che ospita l’archivio storico;
  • -ospedale di Santo Spirito in Sassia di Roma: le Corsie Sistine risalenti al XV secolo; -ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili di Napoli: la Farmacia storica degli Incurabili con i vasi in maiolica del 1747-1751.

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Giustizia, stretta sulle toghe politicizzate e sui reati informatici: il decreto del governo in arrivo

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La riforma della giustizia torna al centro del dibattito con il nuovo decreto che il governo si appresta a varare lunedì prossimo in Consiglio dei Ministri. Tra le novità principali, spiccano due misure destinate a far discutere: l’introduzione di sanzioni per i magistrati che non rispettano il dovere di astensione in casi di conflitto di interesse e una stretta sui reati informatici e sul dossieraggio illegale.

Sanzioni per le toghe politicizzate

Il decreto introduce una nuova norma che obbliga i magistrati a astenersi dal giudicare su questioni rispetto alle quali si sono già espressi pubblicamente attraverso editoriali, convegni o social network. In caso di violazione, il Consiglio Superiore della Magistratura potrà adottare sanzioni che vanno dall’ammonimento alla censura, fino alla sospensione.

Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, questa norma intende tutelare il principio di imparzialità della magistratura, un obiettivo che la maggioranza considera fondamentale per garantire l’equilibrio tra i poteri dello Stato.

La misura ha già suscitato polemiche tra le toghe e riacceso il dibattito sulla presunta politicizzazione della magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso preoccupazione per quella che definisce un’“invasione di campo” da parte del governo.

La questione delle migrazioni e il caso Silvia Albano

La norma sulle toghe politicizzate sembra trarre origine da recenti tensioni tra il governo e alcune sezioni della magistratura, in particolare sui temi legati all’immigrazione. Emblematico il caso della giudice Silvia Albano, che aveva criticato l’accordo tra Italia e Albania sui migranti, trovandosi poi a giudicare direttamente su questa materia.

Albano, presidente di Magistratura Democratica, è stata bersaglio di critiche da parte della maggioranza per la sua posizione pubblica contro il “decreto Paesi sicuri”. La sua decisione di non convalidare il trattenimento di 12 migranti nel centro italiano in Albania ha sollevato ulteriori tensioni.

Stretta sui reati informatici e dossieraggi

Il decreto affronta anche il problema dei reati informatici, introducendo nuove misure per contrastare l’accesso abusivo ai database pubblici. Tra le novità principali:

  • Arresto in flagranza per chi viola sistemi informatici di interesse pubblico, militare o legati alla sicurezza nazionale.
  • Trasferimento delle indagini sui reati di estorsione tramite mezzi informatici alla procura Antimafia, guidata da Giovanni Melillo.

Queste misure arrivano in risposta a recenti scandali legati al dossieraggio illegale, come l’indagine della DDA di Milano sulla “centrale degli spioni” che trafugava dati sensibili da banche dati governative, coinvolgendo figure politiche di primo piano come la premier Giorgia Meloni.

Un antipasto per la riforma delle carriere

Questo decreto rappresenta solo l’inizio di un più ampio progetto di riforma delle carriere di giudici e pm che il governo sta portando avanti in Parlamento. La maggioranza intende ridefinire i rapporti tra i poteri dello Stato, nonostante le inevitabili polemiche con la magistratura.

Secondo il ministro Nordio, l’obiettivo è garantire un sistema giudiziario più equo e trasparente, ma l’ANM e altre voci critiche temono che queste misure possano indebolire l’autonomia delle toghe.

Un Natale caldissimo per la giustizia italiana

Le nuove norme, che toccano temi delicati come la gestione dell’immigrazione, i reati informatici e l’imparzialità dei magistrati, promettono di accendere il dibattito politico e giudiziario. Il governo va avanti, ma il confronto con le toghe e le associazioni di categoria si preannuncia acceso.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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