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Allarme a Taiwan, la Cina ha simulato attacchi all’isola

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Sale la pressione della Cina su Taiwan. Il ministero della Difesa di Taipei ha accusato l’Esercito popolare di liberazione (Pla) di aver simulato un attacco all’isola nel terzo giorno di rappresaglia per la visita della speaker della Camera americana Nancy Pelosi, accusata dall’ex presidente Donald Trump di aver con la sua mossa realizzato “il sogno della Cina” e di aver “dato alla Cina una scusa”. Taipei ha riferito di aver osservato “piu’ squadre” di aerei e navi cinesi in attivita’ nello Stretto di Taiwan, con casi di attraversamento della linea mediana che Pechino non riconosce. “Sono state giudicate operazioni condotte per simulare un attacco all’isola principale di Taiwan”, ha precisato il ministero della Difesa, che, in risposta, ha mobilitato pattuglie di ricognizione aerea e terrestre, schierato i sistemi missilistici. In serata il bollettino delle incursioni ha annotato “20 aerei e 14 navi della Pla rilevati nelle acque intorno a Taiwan” mentre conducevano esercitazioni congiunte aria-mare. Le forze armate dell’isola, negli ultimi giorni, hanno anche mobilitato unita’ navali per seguire a distanza ravvicinata le navi intruse. Il segretario di Stato americano Antony Blinken, dalle Filippine, ha affermato che Washington e’ “determinata ad agire in modo responsabile” per evitare una grave crisi globale, anche climatica, dopo che la Cina ha troncato i contatti con i militari Usa e sospeso anche la cooperazione sul global warming. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha dal canto suo esortato le due superpotenze “a continuare a lavorare insieme per il bene del mondo”. Sul blocco dei contatti militari, tuttavia, la parte Usa ha osservato che la Cina non ha menzionato la cancellazione dei colloqui militari ai livelli piu’ alti, come quelli con il segretario alla Difesa Lloyd Austin e il capo del Comando di Stato maggiore congiunto, Mark Milley. Anche se questi colloqui sono stati rari, i funzionari americani hanno affermato che sono canali importanti in caso di emergenza. Nel tentativo di mostrare quanto le forze cinesi si siano avvicinate alle coste di Taiwan, il Pla ha postato nella notte un video di un pilota dell’aeronautica che riprende la costa e le montagne dell’isola dalla cabina di pilotaggio. Mentre il Comando orientale ha condiviso una foto scattata a una nave da guerra vicino a Taiwan, la cui costa e’ ben visibile sullo sfondo. Pechino, nel pomeriggio, ha poi annunciato manovre di tiro “a fuoco vivo” (con munizioni vere) in una parte meridionale del mar Giallo, tra la Cina e la penisola coreana, fino al 15 agosto. La portata e l’intensita’ delle manovre hanno spinto Blinken e gli omologhi di Giappone e Australia (rispettivamente, Yoshimasa Hayashi e Penny Wong), a rilasciare una nota congiunta per chiedere la fine delle operazioni, nell’incontro avuto in Cambogia a margine del vertice Asean. “La consueta tattica degli Stati Uniti e’ che prima creano i problemi e poi li usano per raggiungere il loro obiettivo. Ma questo approccio non funzionera’ con la Cina”, ha tuonato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi che, sempre in Cambogia, ha elogiato “l’immediata reiterazione da parte della Russia del suo fermo sostegno al principio della Unica Cina” nei colloqui avuti con l’omologo Serghei Lavrov. La Cina “vorrebbe collaborare con la Russia per mantenere ulteriormente il sistema internazionale incentrato sull’Onu”, ha aggiunto Wang, secondo i media ufficiali. Lavrov ha accusato Washington di “essere sempre stato un bullo, la cui politica egemonica e’ stata a lungo contraria al consenso della comunita’ internazionale”. Intanto, l’ipotesi piu’ accreditata e’ che le manovre possano essere normalizzate creando le condizioni per “una riunificazione nazionale anticipata in futuro” e “daranno forma a una situazione strategica favorevole”, ha riferito il network statale cinese Cctv. Domani, infine, e’ attesa a Taipei la viceministra dei Trasporti lituana Agne Vaiciukeviciute: sara’ accompagnata da 11 persone e la sua sara’ la prima delegazione straniera in visita dopo quella di Pelosi, nel mezzo di un minaccioso semi-blocco aereo e navale.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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