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Alla Tv inglese parla Sileri: “Fu Johnson a dire a Conte che il Regno Unito puntava all’immunità di gregge”

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Sarebbe in una telefonata a Giuseppe Conte la prova dell’illusione coltivata sino a meta’ marzo anche da Boris Johnson, oltre che da alcuni suoi consulenti scientifici, di poter diluire la diffusione del coronavirus nel Regno Unito sperando che il contagio progressivo della maggioranza della popolazione producesse una qualche forma spontanea d’immunita’ collettiva: o “immunita’ di gregge”. A sostenerlo e’ il viceministro italiano della Sanita’, Pierpaolo Sileri, in una intervista concessa alla tv britannica Channel 4 – e anticipata in parte dal Mail – per un documentario in onda stasera che rilancia le accuse sui ritardi imputati al governo Tory nella gestione iniziale dell’emergenza Covid-19. Emergenza poi dilagata anche Oltremanica fino a un totale ormai stimato fra 40 e 50.000 morti, record europeo attuale e secondo peggior bilancio al mondo in cifra assoluta dopo gli Usa. “Era il 13 marzo – le parole attribuite a Sileri – lo ricordo perfettamente essendo la stessa settimana in cui ho scoperto di avere il Covid. Parlai con il presidente del Consiglio per dirgli che ero risultato positivo al test e Conte mi disse che aveva parlato al telefono con Johnson… Ricordo che Conte disse: ‘Mi ha detto che vuole l’immunita’ di gregge’. Allora io replicai: ‘Guarda, sono a letto, con la febbre e questa non e’ un’influenza normale, e’ qualcosa di piu’ grave’. E dopo pensai: speriamo che Johnson proceda col lockdown”. Se esatto, questo racconto metterebbe in discussione la tesi ufficiale del governo britannico di non avere mai sposato in realta’ la strategia dell’immunita’ di gregge, pur evocata lo stesso 13 marzo in un’intervista dal professor Patrick Vallance, consigliere scientifico capo del premier. Tesi peraltro ribadita in queste ore da un portavoce di Downing Street, con una secca smentita del “frettoloso documentario” di Channel 4. Sia come sia, resta vero il fatto che Johnson solo dal 16 marzo decise la svolta verso il lockdown, poi decretato il 23, spinto dalla pressione di uno studio da incubo dell’Imperial College, firmato dall’equipe dell’epidemiologo Neil Ferguson, stando ai cui modelli di previsione il Regno avrebbe rischiato in assenza di restrizioni sociali fra 250.000 e mezzo milione di morti. Modelli che peraltro secondo un’altra fonte citata dalla tv – il professor Graham Medley, della London School of Hygiene and Tropical Medice, membro del comitato di esperti chiamato a consigliare l’esecutivo (Sage) – il premier e i suoi ministri avrebbero avuto sul loro tavolo gia’ da meta’ febbraio.

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Attacco di Hezbollah in Libano, feriti quattro militari italiani della missione UNIFIL

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Quattro militari italiani impegnati nella missione di pace UNIFIL in Libano sono rimasti feriti a seguito di un attacco alla base situata nel sud del Paese. Fonti governative assicurano che i soldati, che si trovavano all’interno di uno dei bunker della base italiana a Shama, non sono in pericolo di vita. Le autorità italiane e internazionali hanno espresso forte indignazione per l’accaduto, mentre proseguono le indagini per ricostruire la dinamica dell’attacco.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LIBANO. SOLDATI DELLE NAZIONI UNITE  (FOTO IMAGOECONOMICA)

La dinamica dell’attacco

Secondo le prime ricostruzioni, due razzi sarebbero stati lanciati dal gruppo Hezbollah durante un’escalation di tensioni con Israele. Al momento dell’attacco, la base italiana aveva attivato il livello di allerta 3, che impone ai militari l’utilizzo di elmetti e giubbotti antiproiettile. La decisione si era resa necessaria a causa della pericolosità crescente nell’area, teatro di scontri tra Israele e Hezbollah.

Un team di UNIFIL è stato inviato a Shama per verificare i dettagli dell’accaduto, mentre il governo italiano monitora attentamente la situazione.

UNIFIL UNITED NATIONS INTERIM FORCE IN LEBANON. FOTO IMAGOECONOMICA ANCHE IN EVIDENZA

Le dichiarazioni del ministro Crosetto

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha commentato con durezza l’attacco, definendolo “intollerabile”:

“Cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano per chiedergli di evitare l’utilizzo delle basi UNIFIL come scudo. Ancor più intollerabile è la presenza di terroristi nel Sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.

Crosetto ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere i militari italiani, impegnati in una missione delicata per garantire la stabilità nella regione.


La solidarietà del Presidente Meloni

Anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso solidarietà ai militari feriti e alle loro famiglie, dichiarando:

“Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di UNIFIL. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l’attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano. Ribadisco che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di UNIFIL”.


Unifil: una missione per la pace

La missione UNIFIL, operativa dal 1978, ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e il Libano, supportare le forze armate libanesi e garantire la sicurezza nella regione. L’attacco alla base italiana evidenzia la crescente instabilità nell’area e i rischi a cui sono esposti i caschi blu impegnati nella missione di pace.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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