Accelera la corsa contro il tempo per riportare Alessia Piperno in Italia, via dal carcere dei prigionieri politici di Teheran. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha sentito al telefono il suo omologo iraniano, Hossein Amirabdollahian: una mossa che fa salire di livello i contatti con la Repubblica islamica e che si spera possa adesso imprimere una svolta per il rilascio in tempi rapidi della travel blogger romana. Si aprono quindi due binari principali nella trattativa diplomatica. Da una parte la chiamata del ministro, che -informano fonti qualificate- ha sollevato il tema della nostra connazionale, dall’altro il lavoro sottotraccia e senza clamore mediatico, attivato da giorni dalla Farnesina per arrivare presto al rilascio. Cosi’ come si sono chiusi nel riserbo la famiglia e gli amici di Alessia: e’ un modo – spiegano – per proteggerla e facilitare chi e’ impegnato per il suo ritorno a casa. E’ passata ormai piu’ di una settimana dall’arresto della blogger nella capitale iraniana, che secondo alcuni media locali sarebbe finita in manette nell’ambito delle manifestazioni che si stanno svolgendo nel paese, scaturite dall’uccisione di Mahsa Amini. A ricordare i capi d’accusa che il governo iraniano imputa ai prigionieri politici che finiscono nelle carceri del regime degli ayatollah e’ Amnesty International, sulla base dei vari episodi negli ultimi anni. “L’Iran ha detto di aver fermato nove stranieri che avrebbero preso parte alle manifestazioni. Se questa fosse l’accusa anche per Alessia sarebbe del tutto ingiustificata”, spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty. Ma i possibili capi d’accusa rischiano di passare dalla ‘minaccia contro la sicurezza nazionale’ alla ‘propaganda’ fino allo ‘spionaggio’. In genere – secondo l’organizzazione umanitaria – dopo un arresto i processi sono preceduti da lunghi periodi di interrogatori, poi viene formalizzata l’accusa per un processo rapido fino alle fasi successive dell’appello e l’eventuale condanna. “Non c’e’ pero’ una certezza sulla permanenza in un carcere – aggiunge Noury – soprattutto per i prigionieri stranieri, che spesso diventano uno strumento di pressione negoziale nei confronti dell’altro paese, contro il quale avanzare determinate richieste. Ma non ci sono ragioni perche’ cio’ avvenga anche con l’Italia. Ad esempio alcuni detenuti inglesi sono stati scarcerati questa primavera dopo essere stati trattenuti per anni, solo perche’ l’Iran rivendicava un vecchio credito nei confronti di Londra. Tutto poi dipende dalla capacita’ negoziale, ci sono mille varabili. In generale – conclude – l’Iran ha tutto l’interesse nel non ledere i prigionieri stranieri”. In Italia e’ intanto cominciata la mobilitazione in piazza per la liberazione di Alessia. Ad esprimere “piena solidarieta’ alla famiglia e netta condanna per l’arresto” della giovane e’ la comunita’ iraniana in Italia, durante un corteo a Bologna contro il governo iraniano sulle note di “Bella Ciao” cantata in persiano.