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Al via colloqui con Mosca, ma Usa pronti al pugno duro

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E’ forse l’ultima chance per disinnescare la crisi al confine tra Russia e Ucraina ed evitare che il rumore delle armi torni a farsi sentire nel cuore dell’Europa. Washington e Mosca hanno una settimana di tempo per confrontarsi e tentare un accordo che getti le basi sia per le future relazioni tra i due Paesi sia per il futuro assetto nel Vecchio Continente, che vede tramontare l’architettura nata dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda. Ma all’orizzonte si intravedono piu’ nubi che un cielo sereno, e gli Stati Uniti si preparano al peggio. Del resto alla viglia dell’avvio dei colloqui a Ginevra la Casa Bianca ha voluto mandare un chiarissimo messaggio al Cremlino, lasciando trapelare un piano messo a punto con gli alleati e che prevede sanzioni senza precedenti contro la Russia. L’ordine di Joe Biden e’ di non ripetere gli errori commessi nel 2014 dall’amministrazione Obama in occasione dell’invasione della Crimea, quando la reazione degli Usa e dell’Europa fu tutt’altro che efficace. Ora Vladimir Putin, dovesse decidere di invadere l’Ucraina, sa quello a cui va incontro e conosce il prezzo che il suo Paese sarebbe chiamato a pagare. Misure punitive in campo finanziario, tecnologico e militare che entrerebbero immediatamente in vigore e che in alcuni casi sono paragonabili al pugno duro adottato negli anni contro l’Iran. Questo dunque il clima che si respira al tavolo dei negoziati, guidati dal vicesegretario di stato americano Wendy Sherman (gia’ protagonista dell’accordo del 2005 sul nucleare di Teheran) e dal viceministro della difesa russo Sergei Ryabkov. I colloqui di Ginevra saranno poi seguiti nella giornata di mercoledi’ da un meeting a Bruxelles tra Nato e Russia e nella giornata di giovedi’ da una riunione a Vienna dei Paesi dell’Osce, unica occasione in cui sara’ rappresentata l’Ucraina. Da Mosca si dicono delusi dai segnali arrivati negli ultimi giorni da Washington e da Bruxelles e ribadiscono le proprie richieste: divieto di installare missili in Europa in grado di colpire la Russia, divieto di dispiegare truppe negli ex stati sovietici oggi alleati della Nato, stop all’estensione dell’Alleanza Atlantica a cui Paesi come l’Ucraina non dovranno mai aderire. E se Washington ribadisce di essere disposta a confrontarsi sulle “garanzie di sicurezza” chieste da Mosca, il segretario di stato Antony Blinken non nasconde che il disegno di Putin potrebbe essere quello di far deragliare il negoziato per giustificare un intervento armato. Ecco allora che le sanzioni allo studio sono mirate a fare piu’ male possibile, escludendo solo la risposta militare. Si pensa di tagliare fuori da tutte le transazioni globali le principali istituzioni finanziarie russe e a imporre un embargo su tutta la tecnologia Usa (vedi i chip che hanno fermato la corsa di Huawei) rivolta ai settori della difesa, dell’aerospazio, dell’intelligenza artificiale, dell’informatica quantistica. E anche all’industria dei consumi, con misure che priverebbero i cittadini russi di telefoni, computer, elettrodomestici ‘made in Usa’. C’e’ poi anche l’ipotesi che si possa arrivare ad armare i gruppi di insorti ucraini che vorranno avviare un’azione di guerriglia contro l’eventuale occupazione militare di Mosca, con la prospettiva di fare dell’Ucraina un nuovo Afghanistan per la Russia. Tra le azioni sul fronte finanziario, in particolare, ci potrebbe essere l’esclusione di Mosca dal sistema Swift che regola le transazioni tra oltre 1.100 banche di 200 Paesi, cosi’ come avvenuto con l’Iran. Anche se la Russia – sottolineano alcuni esperti – ha accumulato centinaia di migliaia di miliardi in oro e in dollari, e ha gia’ incassato da tempo l’adesione della Cina alla sua versione del sistema Swift. All’orizzonte – la preoccupazione Usa – e’ che alla fine l’asse tra Mosca e Pechino potrebbe ulteriormente rafforzarsi, come Vladimir Putin e Xi Jinping hanno di recente auspicato.

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Breton: von der Leyen non mi voleva, gestione dubbia

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Il francese Thierry Breton accusa Ursula von der Leyen di aver chiesto a Parigi di sostituire il suo nome nel quadro dei negoziati per la formazione della nuova Commissione Ue. Sviluppi che “testimoniano ulteriormente una governance dubbia” e che lo hanno portato alle dimissioni. “Lei ha chiesto alla Francia di ritirare il mio nome – per ragioni personali che in nessun caso lei ha discusso con me direttamente – e ha offerto alla Francia, come scambio politico, un portafoglio che sarebbe più influente. Le sarà ora proposto un altro candidato”, si legge nella lettera di dimissioni di Breton indirizzata a von der Leyen.

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Kiev invita Onu e Croce Rossa nella zona occupata del Kursk

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Il nuovo ministro degli Esteri dell’Ucraina, Andriy Sybiha, ha invitato le Nazioni Unite e il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) a visitare la porzione della regione russa di Kursk che le truppe di Kiev occupano. “L’Ucraina è pronta a facilitarne il lavoro ed a provare che rispetta il diritto umanitario internazionale” in quel territorio russo, ha scritto Sybiha su X.

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Comore, il presidente Assoumani accoltellato: è fuori pericolo

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Il presidente delle Comore, Azali Assoumani, è “fuori pericolo” dopo essere stato ferito venerdì in un attacco con coltello da parte di un poliziotto di 24 anni che è stato trovato morto nella sua cella il giorno dopo. Lo rendono noto le autorità dello Stato africano insulare, citate dai media internazionali. L’attentato è avvenuto intorno alle 14 ora locale a Salimani Itsandra, subito a nord della capitale Moroni. “Il presidente sta bene. Non ha problemi di salute, è fuori pericolo. Gli sono stati dati alcuni punti di sutura”, ha detto ieri sera il ministro dell’Energia comoriano Aboubacar Said Anli in una conferenza stampa. Azali è stato aggredito mentre partecipava a un funerale. Il movente dell’attacco non è stato ancora determinato.

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