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Economia

Ai comuni solo 15,3 milioni dal 5 per mille

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I comuni non sono al primo posto nel cuore degli italiani quando c’è da decidere a chi destinare il 5 per mille. Ma incassano comunque un piccolo tesoretto: 15,3 milioni Sono 534.760 i contribuenti italiani che hanno deciso, nel 2023, di destinare il 5 per mille al proprio comune di residenza. Stando a quanto emerge da una elaborazione di Centro Studi Enti Locali basata su dati dell’Agenzia delle Entrate, queste scelte hanno generato un tesoretto da quasi 15,3 milioni di euro che gli enti beneficiari dovranno destinare al finanziamento delle attività sociali.

Una cifra che si confronta con gli oltre 16 milioni dell’anno precedente (-5%) e che è inferiore, ad esempio, a quanto destinato dagli italiani alle associazioni sportive dilettantistiche che hanno, complessivamente, ottenuto quasi 18 milioni di euro. Le donazioni che sono effettivamente “andate a segno” e che si sono tradotte in veri e propri trasferimenti dallo Stato ai Comuni sono 531.164, per un totale di 15.285.345 euro. A beneficiarne sono stati 6.586 enti, contro i 6.669 dell’anno precedente. Negli altri 3.596 casi i contribuenti avevano scelto come beneficiario uno dei 1.124 enti che non ha raggiunto la soglia di sbarramento dei 100 euro, che costituisce l’importo minimo erogabile.

In conformità con le norme vigenti, i 52.595 euro destinati a questi comuni dai propri cittadini sono stati, quindi, dirottati verso gli altri beneficiari della stessa categoria, in misura proporzionale rispetto alle altre scelte espresse dai contribuenti. Ma quali sono i comuni cui sono state devolute più risorse? Sebbene resti regina delle preferenze (9.049), Roma è stata scavalcata quest’anno da Milano che, grazie alle scelte di 7.362 cittadini, si è vista assegnare 421.220 euro contro i 396.550 euro atterrati nella Capitale. Seguono Torino (158.753 euro), Bologna (107.400 euro), Verona (86.442 euro), Napoli (85.678 euro) e Firenze, con 75.387 euro. A sorpresa, nella top ten dei comuni “maggiori azionisti” del 5 per mille, spunta Valdagno: un piccolo comune del vicentino che è stato scelto da ben 2.896 contribuenti, il doppio di Bari e quasi il triplo rispetto a Treviso. A fronte dei suoi circa 25mila abitanti, Valdagno si è così assicurato un bottino da 75.387 euro, superando città come Genova, Venezia, Padova, Palermo, Bolzano, Parma, Trento e Bergamo e superando l’importo devoluto a tutti i comuni della Basilicata (o del Molise), messi insieme.

Guardando ai dati aggregati, gli enti locali del nord Italia – complice il fatto che i loro abitanti hanno redditi mediamente più alti rispetto a quelli del resto della Penisola – si confermano i beneficiari del grosso delle risorse del 5 per mille. A loro è andato il 73% delle risorse (11.152.413 euro) contro il 14% delle regioni del sud e il 13% di quelle del centro. Nessuna sorpresa sul fronte regioni. In linea con gli anni passati, la Lombardia continua a fare la parte del leone: con i suoi quasi 4 milioni di euro ha intercettato oltre un quarto degli incassi da 5 per mille destinati ai comuni su tutto il territorio nazionale. Seguono il Veneto (2.793.548), il Piemonte (1.476.784), l’Emilia-Romagna (1.444.037) e il Lazio (868.787). E ancora: Friuli-Venezia Giulia (680.700), Toscana (651.980), Campania (514.005), Sicilia (460.987), Trentino-Alto Adige (429.203), Puglia (378.274), Sardegna (361.174), Marche (350.563), Liguria (280.106), Abruzzo (186.883), Umbria (137.120) e Calabria (135.232). Fanalini di coda, anche per ovvie ragioni demografiche, la Valle d’Aosta (56.639), la Basilicata (50.274) e il Molise con 37.652 euro.

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Economia

Inflazione: Istat conferma stime agosto +0,2%, +1,1% su anno

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“Nel mese di agosto, l’inflazione scende a +1,1% da +1,3% del mese precedente, soprattutto a causa dell’ampliarsi della flessione dei prezzi dei Beni energetici su base tendenziale (-6,1% da -4,0% di luglio), nonostante le spinte al rialzo registrate nel settore regolamentato”, osserva l’Istat nel commento. Nel dettaglio, il lieve rallentamento del tasso d’inflazione riflette in primo luogo l’ampliarsi della flessione su base tendenziale dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da -6,0% a -8,6%) e dei Beni durevoli (da -1,2% a -1,8%), ma anche la decelerazione dei prezzi dei Servizi relativi all’abitazione (da +2,7% a +2,5%). Un sostegno alla dinamica dell’indice generale si deve, invece, all’accelerazione dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (da +11,7% a +14,3%) e, in misura minore, dei Servizi relativi ai trasporti (da +2,2% a +2,9%) e dei Beni semidurevoli (da +1,1% a +1,3%). Ad agosto, l'”inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, resta stabile a +1,9%, come anche quella al netto dei soli beni energetici, che registra ancora un +1,8%.

Nel loro complesso, i prezzi dei beni accentuano il calo su base tendenziale (da -0,1% a -0,5%), mentre la dinamica dei servizi risulta in lieve accelerazione (da +3,0% a +3,2%). Il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni si accresce, portandosi a +3,7 punti percentuali (dai +3,1 di luglio). L’aumento congiunturale dell’indice generale riflette, per lo piu’, la crescita dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (+3,5%), dei Servizi relativi ai trasporti (+1,9%, dovuto soprattutto a fattori stagionali) e dei Beni alimentari lavorati (+0,6%). Tali effetti sono stati solamente in parte compensati dalla diminuzione dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (-1,0%) e dei Beni alimentari non lavorati (-0,6%). L’inflazione acquisita per il 2024 e’ pari a +1,1% per l’indice generale e a +2,1% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) diminuisce dello 0,2% su base mensile, a causa dei saldi estivi di cui il Nic non tiene conto, e aumenta dell’1,2% su base annua (in decelerazione da +1,6% di luglio); la stima preliminare era +1,3%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi), al netto dei tabacchi, registra una variazione positiva dello 0,1% su base mensile e dello 0,8% su base annua.

Codacons, Istat conferma stangata su vacanze italiani

I dati Istat, pur registrando una inflazione in discesa all’1,1%, confermano la stangata che si e’ abbattuta sulle vacanze degli italiani, denunciata in tempi non sospetti dal Codacons. Lo afferma l’associazione dei consumatori commentando i numeri forniti oggi dall’istituto di statistica. Un tasso di crescita dei prezzi al dettaglio dell’1,1% equivale a un aggravio di spesa pari a +346,5 euro annui per la famiglia “tipo”, +451 euro per un nucleo con due figli, secondo l’analisi del Codacons. Ma i dati Istat certificano come il comparto che registra la piu’ forte crescita di prezzi e tariffe sia stato proprio quello legato alle vacanze estive, con una raffica di fortissimi rincari che si sono abbattuti sul comparto turistico nel mese di agosto.

Dall’analisi del Codacons dei dati Istat, emerge che i pacchetti vacanza hanno registrato un rincaro record del +37,4% su base annua, i listini di villaggi vacanza e campeggi sono cresciuti del 12,9%, gli alberghi del 4%, gli alloggi in altre strutture (b&b, case vacanza, ecc.) del 7,2%, i treni del 6,1%, pullman e bus del 2,2%. Spesa in aumento del +3,4% su anno per mangiare al ristorante. Fortissime tensioni anche per trasporto aereo e marittimo: i prezzi dei biglietti aerei salgono in un solo mese del +14% per i voli nazionali, +19,4% i voli europei, +16,8% i voli internazionali, mentre i traghetti rispetto al mese di luglio subiscono un rincaro record del 33,8%. “I numeri dell’Istat confermano purtroppo tutti i nostri allarmi circa la stangata che ha colpito le vacanze estive degli italiani”, afferma il presidente Carlo Rienzi. “Rincari del tutto ingiustificati dovuti unicamente alla ripresa del turismo nel nostro Paese e alla crescita delle presenze di visitatori stranieri, che hanno portato gli operatori del settore a ritoccare al rialzo i listini”.

Assoutenti, calo dell’inflazione non frena i rincari nel turismo

Anche per il mese di agosto i dati Istat, pur registrando una lieve discesa del tasso generale di inflazione, “certificano i maxi-rincari che si sono abbattuti sul comparto turistico, confermando il recente allarme di Bankitalia secondo cui gli aumenti nel comparto del turismo in Italia sono nettamente superiori all’inflazione media dei servizi e contribuiscono a frenare il calo dei prezzi in atto nel nostro Paese”. Lo afferma Assoutenti, che torna a chiedere provvedimenti urgenti sul fronte dei listini turistici. “Mentre il tasso medio di inflazione si attesta ad agosto all’ 1,1%, prezzi e tariffe dei servizi turistici, ricettivi e di ristorazione, salgono senza sosta registrando aumenti anche a due cifre”, spiega il presidente Gabriele Melluso.

Che poi aggiunge: “Rincari del tutto ingiustificati, considerato che le tariffe energetiche sono tornate alla normalità e che la crescita dell’inflazione media è da mesi sotto controllo. L’andamento dei prezzi nel comparto turistico potrebbe nascondere fenomeni speculativi legati alla ripresa del turismo in Italia, e per questo chiediamo al governo ad attivarsi in fretta convocando il Garante dei prezzi e la Commissione di allerta rapida al fine di fare il punto della situazione sull’andamento delle tariffe nel comparto turistico e studiare urgenti misure di contrasto”, conclude Melluso.

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Bankitalia, il debito cala a luglio a 2.946,6 miliardi

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“Lo scorso luglio il debito delle amministrazioni pubbliche è diminuito di 1,1 miliardi rispetto al mese precedente, risultando pari a 2.946,6 miliardi”. Lo indica la Banca d’Italia spiegando che “l’avanzo di cassa delle amministrazioni pubbliche (1,9 miliardi) ha più che compensato l’effetto degli scarti e dei premi all’emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione dei tassi di cambio (che ha complessivamente aumentato il debito per 0,8 miliardi). Le disponibilità liquide del Tesoro sono rimaste sostanzialmente invariate rispetto al mese precedente (a 45,4 miliardi)”.

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Economia

Tassa sugli extraprofitti, scintille fra gli alleati

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Nuove scintille nella maggioranza sulla tassazione degli extraprofitti. È nulla più di una ipotesi al momento, ma comunque tocca un nervo scoperto per Forza Italia, come dimostra Antonio Tajani chiarendo che il suo partito “non voterà mai un provvedimento come quello presentato e poi modificato nell’estate del 2023”. Una presa di posizione perentoria davanti alla quale arriva la risposta quasi sarcastica di FdI, e non con un esponente qualunque ma con il presidente del Senato.

“C’è dibattito, gli extraprofitti delle banche non sono in programma, ma è pur vero che le banche di profitti, non voglio dire immotivati ma grandi, ne hanno avuti – nota Ignazio La Russa -. Non c’è bisogno di inalberarsi prima ancora che il tema sia posto. Forse deve far piacere a qualche banca? Non credo, ma stiamo attenti anche noi a quello che diciamo”. Il tema non è stato formalmente posto, “non ci sono ipotesi normative su nessuna tassa sugli extraprofitti”, assicura una fonte di governo. Ma l’argomento è tornato di attualità dopo l’ultimo vertice di centrodestra sulla manovra, giovedì scorso a Palazzo Chigi, con Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Tajani, Maurizio Lupi e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Nell’ambito delle soluzioni da valutare per individuare i 10 miliardi di euro mancanti per arrivare a una legge di bilancio da 23-25 miliardi, ogni ragionamento pare si sia limitato, eventualmente, all’ipotesi di un contributo solidale esteso a tutte le grandi imprese, anche quelle del settore energetico.

E l’indomani il tema degli extraprofitti bancari è stato sollevato all’Eurogruppo a Budapest. Dove Giorgetti ha spiegato di essere “favorevole ad aprire discussioni”, secondo fonti del Mef. “Perché irrigidirsi solo perché il ministro Giorgetti, di fronte alla proposta dell’omologo croato ha detto ‘ne parleremo’? Cosa dove fare, schiaffeggiarlo?”, l’osservazione di La Russa che, dal palco della festa di FdI a Lido degli Estensi, ha confermato come nel partito della premier il tema non sia tabù. E d’altronde un anno fa fu proprio Meloni a volere il blitz in Consiglio dei ministri, senza preavvertire Tajani, con cui fu introdotta la tassazione per le banche, che poi è stata modificata su pressione degli azzurri diventando poco incisiva. Gli azzurri per ora non replicano al presidente del Senato.

Fanno notare che la contrarietà di FI a questo tipo di imposizioni fiscali è risaputa. Ma le fibrillazioni con i meloniani restano sullo sfondo, provocate anche dai retropensieri legati all’incontro dei giorni scorsi fra Marina Berlusconi e Mario Draghi (atteso a metà settimana a Palazzo Chigi per un confronto con Meloni sul suo report sulla competitività in Ue). Lo stesso La Russa assicura che “c’è un grande rapporto tra il governo e gli eredi di Silvio Berlusconi”. Dall’opposizione, il Pd solleva però una questione sulle sue dichiarazioni sugli extraprofitti: “Non possono passare sotto silenzio – avverte Ubaldo Pagano -. A cosa allude la seconda carica dello Stato quando dice che il vicepremier Tajani deve forse fare piacere a qualche banca?”.

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