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Agente stupratore seriale, bufera su Scotland Yard

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Uno scandalo “senza precedenti”, per numero e gravità di crimini commessi da un uomo in divisa smascherato con colpevole ritardo nei panni del violentatore seriale; ma anche per la negligenza – se non peggio – di chi avrebbe dovuto (e potuto) denunciarne i misfatti da dentro i ranghi e ha invece ignorato segnali e sospetti emersi vanamente per una ventina d’anni. Si allunga la lista delle vergogne attribuite a Scotland Yard, la Metropolitan Police di Londra, principale centrale investigativa del Regno Unito e quartier generale nazionale dell’antiterrorismo, alle prese ormai da tempo con bufere a ripetizione e con un’imbarazzante crisi di credibilità. L’ultima vicenda nera riguarda l’investigatore David Carrick, 48 anni, arrestato nel 2021 per gravi sospetti di abusi sessuali perpetrati con la copertura dell’uniforme durante quasi 20 anni di servizio.

E riconosciutosi alla fine colpevole di fronte a un tribunale di ben 49 capi d’imputazione: 24 episodi di stupro nei confronti di almeno 12 donne, nonché aggressioni sessuali e molestie varie. I fatti contestati fanno riferimento ad un arco di tempo compreso fra il 2000 e il 2021. Secondo Barbara Gray, una dei vicecomandanti di Scotland Yard, si tratta appunto di un caso “senza precedenti” nell’intera storia moderna della polizia britannica, per dimensioni e peso criminale del fascicolo d’accusa. Un caso per il quale i vertici del dipartimento – a iniziare dal nuovo capo Mark Rowley, subentrato nei mesi scorsi alla prima comandante donna, Cressida Dick, non confermata nell’incarico dopo esser stata accusata di non avere saputo affrontare con sufficiente fermezza scandali e omertà interna – si sono affrettati a cospargersi il capo di cenere: promettendo di voler imprimere un cambio di passo per fare pulizia, non senza ammettere il fallimento dei sistemi di controllo su Carrick e scusarsi pubblicamente per i segnali di allarme pluridecennali “non raccolti” sui suoi comportamenti. Segnali che avrebbero “potuto permetterci di fermarlo” prima, ha rimarcato Gray. Mentre Rowley in serata ha fatto sapere alla Bbc che in questo momento sono aperte inchieste interne disciplinari su 1000 denunce di sospetti abusi sessuali o domestici sollevati su ben 800 effettivi: e che stavolta non ci saranno sconti per nessuno, nei casi di colpe accertate.

“Quest’uomo – ha fatto eco il procuratore della corona, Jaswant Narwal riferendosi a Carrick – ha rivestito un ruolo in cui era responsabile di proteggere il pubblico, ma nella sua vita privata ha fatto esattamente il contrario: degradando, sminuendo, assaltando e violentando varie donne, in un crescendo di crimini sempre peggiori a mano a mano che l’impunità lo rendeva più baldanzoso”.

Impunità comune del resto troppo a lungo ad altri colleghi coinvolti in scandali più o meno recenti. Incluso Wayne Couzens, ex agente in servizio nell’unità speciale chiamata a tutelare a Londra palazzi del potere politico e sedi diplomatiche, condannato l’anno scorso all’ergastolo dopo essersi reso protagonista di uno dei femminicidi che più hanno scioccato la capitale britannica e fatto indignare le donne: l’uccisione nel marzo 2021 di Sarah Everard, fermata con la messa in scena di un falso arresto per fantomatiche violazioni alle restrizioni Covid allora in vigore, poi legata, sequestrata, stuprata e ferocemente massacrata.

David Corrick, dal canto suo, ha confessato oggi dinanzi a un giudice londinese della Southwark Crown Court le responsabilità relative a 4 violenze e altri abusi ai danni di una 40enne: prima tra le sue vittime a trovare il coraggio di denunciarlo proprio in seguito al caso Couzens. Mentre in un’udienza precedente svoltasi a dicembre, il cui contenuto è stato reso noto ai media soltanto ora, si era già riconosciuto reo di un’altra ventina fra stupri e reati di stampo sessuale diversi: e solo da quel momento, incredibilmente, era stato sospeso dallo stipendio dalla Met Police.

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La trumpiana Greene lavorerà con Musk e Ramaswamy a taglio costi

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La trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene collaborerà con Elon Musk e Vivek Ramaswamy come presidente di una commissione della Camera incaricata di lavorare con il Dipartimento dell’efficienza. “Sono contenta di presiedere questa nuova commissione che lavorerà mano nella mano con il presidente Trump, Musk, Ramaswamy e l’intera squadra del Doge”, acronimo del Department of Government Efficiency, ha detto Greene, spiegando che la commissione si occuperà dei licenziamenti dei “burocrati” del governo e sarà trasparente con le sue audizioni. “Nessun tema sarà fuori dalla discussione”, ha messo in evidenza Greene.

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Pam Bondi, fedelissima di Trump a ministero Giustizia

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Donald Trump nomina la fedelissima Pam Bondi a ministra della Giustizia. L’ex procuratrice della Florida ha collaborato con il presidente eletto durante il suo primo impeachment. “Come prima procuratrice della Florida si è battuta per fermare il traffico di droga e ridurre il numero delle vittime causate dalle overdosi di fentanyl. Ha fatto un lavoro incredibile”, afferma Trump sul suo social Truth annunciando la nomina, avvenuta dopo il ritito di Matt Gaetz travolto da scandali a sfondo sessuale. “Per troppo tempo il Dipartimento di Giustizia è stato usato contro di me e altri repubblicani. Ma non più. Pam lo riporterà al suo principio di combattere il crimine e rendere l’America sicura.

E’ intelligente e tosta, è una combattente per l’America First e farà un lavoro fantastico”, ha aggiunto il presidente-eletto. Bondi è stata procuratrice della Florida fra il 2011 e il 2019, quando era governatore Rick Scott. Al momento presiede il Center for Litigation all’America First Policy Institute, un think tank di destra che sta lavorando con il transition team di Trump sull’agenda amministrativa. Come procuratrice della Florida si è attirata l’attenzione nazionale per i suoi tentativi di capovolgere l’Obamacare, ma anche per la decisione di condurre un programma su Fox mentre era ancora in carica e quella di chiedere al governatore Scott di posticipare un’esecuzione per un conflitto con un evento di raccolta fondi.

La nomina di Bondi arriva a sei ore di distanza dal ritiro di Gaetz dalla corsa a ministro della Giustizia dopo le nuove rivelazioni sullo scandalo sessuale che lo ha travolto. Prima dell’annuncio, l’ex deputato della Florida era stato contattato da Trump che gli aveva riferito che la sua candidatura non aveva i voti necessari per essere confermata in Seanto. Almeno quattro senatori repubblicani, infatti, si era espressi contro e si erano mostrati irremovibili a cambiare posizione. Il nome di Bondi, riporta Cnn, era già nell’iniziale lista dei papabili ministro alla giustizia stilata prima di scegliere Gaetz. Quando l’ex deputato ha annunciato il suo passo indietro, il nome di Bondi è iniziato a circolare con insistenza fino all’annuncio.

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Da Putin a Gheddafi, i leader nel mirino dell’Aja

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Con il mandato d’arresto spiccato contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu, insieme all’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, si allunga la lista dei capi di Stato e di governo perseguiti dalla Corte penale internazionale con le accuse di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Da Muammar Gheddafi a Omar al Bashir, e più recentemente Vladimir Putin. Ultimo in ordine di tempo era stato appunto il presidente russo, accusato nel marzo del 2023 di “deportazione illegale” di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia, insieme a Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino.

Sempre a causa dell’invasione dell’Ucraina nel mirino della Corte sono finiti in otto alti gradi russi, tra cui l’ex ministro della Difesa Sergei Shoigu e l’attuale capo di stato maggiore Valery Gerasimov: considerati entrambi possibili responsabili dei ripetuti attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine. Prima di Putin, nel 2011 l’Aja accusò di crimini contro l’umanità Muammar Gheddafi, ma il caso decadde con la morte del rais libico nel novembre dello stesso anno.

Un simile provvedimento fu emesso per il figlio Seif al Islam e per il capo dei servizi segreti Abdellah Senussi. Tra gli altri leader di spicco perseguiti, l’ex presidente sudanese Omar al Bashir: nel 2008 il procuratore capo della Corte Luis Moreno Ocampo lo accusò di essere responsabile di genocidio e crimini contro l’umanità e della guerra in Darfur cominciata nel 2003. Anche Laurent Gbagbo, ex presidente della Costa d’Avorio, è finito all’Aja, ma dopo un processo per crimini contro l’umanità è stato assolto nel 2021 in appello.

Nel 2016 la Corte penale internazionale ha condannato l’ex vicepresidente del Congo, Jean-Pierre Bemba, per assassinio, stupro e saccheggio in quanto comandante delle truppe che commisero atrocità continue e generalizzate nella Repubblica Centrafricana nel 2002 e 2003. Il signore della guerra ugandese Joseph Kony, che dovrebbe rispondere di ben 36 capi d’imputazione tra cui omicidio, stupro, utilizzo di bambini soldato, schiavitù sessuale e matrimoni forzati, è la figura ricercata dalla Cpi da più tempo: il suo mandato d’arresto venne spiccato nel 2005. Tra gli altri dossier aperti e su cui indaga l’Aja c’è l’inchiesta sui crimini contro la minoranza musulmana dei Rohingya in Birmania. Un’altra indagine è quella su presunti crimini contro l’umanità commessi dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. E non è solo l’Aja ad aver processato capi di Stato e di governo: nel 2001, l’ex presidente Slobodan Milosevic fu accusato di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Arrestato, morì d’infarto in cella all’Aja nel 2006, prima che il processo potesse concludersi.

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