Non si placa la tensione tra il governo e il mondo dell’audiovisivo per gli annunciati tagli al settore e la riforma del tax credit. Ad accendere nuove scintille oggi è l’affondo del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano: “Sono stato crocifisso sui giornali da una casta molto, molto ricca, solo perché mi sono permesso di dire che ci sono cose sospette che ti fanno riflettere, film che ricevono milioni e milioni di contributi pubblici e vengono visti da pochissime persone, solo perché mi sono permesso di toccare questo santuario di potere”, lamenta dal palco dell’Italia vincente, la festa di Fdi per il primo anno di governo. Ma le associazioni di autori e interpreti non ci stanno: dietro la punta dell’iceberg, sottolineano, c’è un 90% di addetti ai lavori spesso senza contratto né diritti.
“Faremo un piccolo taglio, ma vogliamo incidere sul meccanismo di spesa e renderlo più efficiente”, spiega Sangiuliano, ricordando che il tax credit “è passato dai 400 milioni del 2019 ad oltre 800 milioni, una cifra enorme che cui si potrebbero fare tante cose”. “Aver parlato di una riforma – rivendica – non significa non ritenere l’audiovisivo fondamentale, un’industria importante per l’Italia, che riconosco e davanti alla quale mi inchino. Ma solo per aver pensato di rendere il sistema più efficiente, uno viene crocifisso”.
Non c’è solo la punta dell’iceberg: il 90% del settore dell’audiovisivo è fatto di “lavoratori autonomi che fanno lavori discontinui e incassano a singhiozzo, che non hanno un contratto nazionale e nemmeno un accordo di categoria, che non godono di ammortizzatori sociali, ferie, malattia; che da anni combattono per vedersi riconosciuti un diritto alla pensione, alla maternità e alla paternità; che per anni, quando entrano nel mondo del lavoro, vengono sfruttati e sottopagati perché non esistono dei minimi salariali di riferimento, non esistono regole”, replicano le associazioni 100autori, Anac, Wgi, Air3, Doc/it. E anche Unita, l’Unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo, parla di “narrazione profondamente ingiusta e scorretta del nostro settore e non corrispondano affatto ai reali dati Inps sulla nostra categoria. Abbiamo inviato al ministro, insieme alle associazioni di produttori e autori, un documento in cui si indicano con precisione e chiarezza i motivi per cui un taglio del tax credit avrebbe un effetto negativo sulla stessa economia nazionale e contestualmente abbiamo chiesto di considerare soluzioni diverse da tagli drastici per rendere più efficiente il sistema, senza mettere a rischio il livello occupazionale che il settore produce”.
A dare manforte a Sangiuliano dalla maggioranza è Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura della Camera e responsabile nazionale Cultura e innovazione di Fratelli d’Italia: “Va riconosciuto che alcuni film – mai approdati al botteghino o con pessima riuscita di bigliettazione – sono stati ultrafinanziati dallo Stato, spesso con ingaggi e retribuzioni, non da “salario minimo” di molti registi. Siamo convinti che i nostri registi e attori siano fra i più bravi del mondo, ma devono essere messi nelle condizioni di avere una norma sul tax credit chiara, lineare e trasparente”. Mollicone conferma che “il taglio sarà quello fisiologico del 5% per tutti i ministeri e di 14 milioni che nulla andranno ad alterare fino al 2025 mentre, nel frattempo, saranno introdotte modifiche profonde ai criteri d’accesso al tax credit produzione”. Obiettivo, “evitare la ‘polverizzazione’ produttiva che ha portato alla richiesta di beneficio da parte di centinaia di titoli”. A breve, annuncia, saranno varate “misure molto serie, da questo punto di vista, che impattano e rivedono anche i contributi selettivi e gli automatici ora al vaglio degli organi di controllo”.