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Addio a Pino D’Angiò, icona musicale degli anni ’80: i funerali martedì a Pompei

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Con quell’aria stropicciata e indifferente, l’eterna sigaretta accesa, era diventato un’icona della musica disco italiana degli anni ’80. Pino D’Angiò, al secolo Giuseppe Chierchia, napoletano, nato a Pompei, è morto oggi all’età di 71 anni dopo aver collezionato successi internazionali e con la grande soddisfazione di aver visto il suo brano più noto, ‘Ma quale idea’, ridiventare un tormentone, negli ultimi mesi, dopo il remix dei Bnkr44 con i quali aveva anche duettato, a febbraio, sul palco di Sanremo.

La moglie Teresa e il figlio Francesco hanno comunicato la notizia della morte dell’artista, originario di Pompei: “Purtroppo oggi papà ci ha lasciati, colpito da un grave malore che lo ha portato via nel giro di qualche settimana. Ha resistito tanto, come ha sempre fatto”. In varie interviste, dopo il successo della performance sanremese, lo stesso D’Angiò aveva parlato delle numerose, gravi malattie che lo hanno colpito negli anni, tra cui un tumore alla gola che lo ha costretto a sei interventi chirurgici, poi un infarto con arresto cardiaco e infine un altro tumore ai polmoni.

Problemi di salute ai quali ha sempre reagito con coraggio, riprendendo l’attività artistica – è stato anche doppiatore, attore e produttore musicale – dopo le pause forzate. La sua caratteristica voce roca diede vita a quello che viene considerato appunto il primo rap italiano, ‘Ma quale idea’, grande hit del 1980 rimasto al vertice della hit parade spagnola per 14 settimane l’anno dopo. Nel 1981 fu la volta di ‘Un concerto da strapazzo’, sempre all’insegna dell’ironia e del non sense, in cui immaginava di duettare con i più grandi big della canzone.

Una lunga carriera, tantissime tournée internazionali, riconoscimenti prestigiosi. Nel 2001 è l’unico italiano a ricevere negli USA il Rhythm & Soul Music Awards. Scrive tra l’altro una canzone per Mina, “Ma chi è quello lì”. Nel 2022 il suo ‘Okay Okay’ viene scelto da Amazon per gli spot pubblicitari del Black Friday in USA e nel mondo. Nel 2023 torna a girare tra Italia, Svizzera, Londra e Parigi esibendosi in pub e locali. I giovani, quelli neppure nati ai tempi di ‘Ma quale idea’ lo acclamano, specie dopo che il remix sanremese diventa tormentone in radio.

Il suo nome compare, con i Bnkr44, nel cast della puntata dei Tim Summer Hits che andrà in onda domani in prima serata su RaiUno: trasmissione musicale registrata nelle scorse settimane in piazza del Popolo a Roma, che diventa l’occasione per l’ultimo saluto al suo grande pubblico. I funerali sono in programma martedì, a Pompei, dove Pino riposerà in pace, nel lungo che gli diede i natali e al quale è sempre rimasto legato.

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Il pesce cappone: una creatura unica che cammina e assapora il cibo con le gambe

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Il pesce cappone ha da sempre catturato l’attenzione degli scienziati per le sue caratteristiche peculiari. Con il corpo di un pesce, le ali simili a quelle di un uccello e le gambe di un granchio, rappresenta una vera e propria anomalia nel mondo animale. “Gambe su un pesce… questa è una delle cose più strane che abbia mai visto”, ha dichiarato David Kingsley, biologo dello sviluppo presso la Stanford University, paragonando i pesci cappone ai “centauri acquatici”.

Recenti studi, pubblicati sulla rivista Current Biology da Kingsley e altri ricercatori, hanno svelato che queste gambe non servono solo a camminare, ma hanno anche la funzione di assaporare il cibo.

Le gambe del pesce cappone: un mistero genetico

Il team di ricerca di Kingsley si è concentrato su come e perché queste appendici, simili a gambe, si siano sviluppate. Amy Louise Herbert, ricercatrice del laboratorio, ha osservato gli embrioni del pesce cappone per studiare la formazione delle gambe. Le pinne si sono trasformate in arti che permettono al pesce di camminare sul fondale marino.

Analizzando il genoma del pesce cappone, gli scienziati hanno scoperto che un gene chiamato tbx3a gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo di queste gambe. Utilizzando la tecnologia CRISPR per modificare tbx3a, il team ha notato che alcuni pesci nascevano con protuberanze più piccole, simili a pinne, mentre altri sviluppavano più paia di gambe.

Gambe sensoriali: il pesce cappone “assaggia” il cibo

Oltre alla funzione locomotoria, i ricercatori hanno scoperto che le gambe del pesce cappone sono anche strumenti sensoriali. Nascondendo molluschi sotto la sabbia, gli scienziati hanno testato l’abilità del pesce nel rilevare il cibo. Sorprendentemente, le sue gambe a forma di pala sono coperte da piccole protuberanze simili alle papille gustative della lingua umana, permettendo al pesce di “assaporare” la preda prima ancora di scavare per trovarla.

Nicholas Bellono, biologo molecolare di Harvard e autore dello studio, ha paragonato questa capacità a quella dei polpi, che usano i loro tentacoli per gustare il cibo. Tuttavia, Bellono ha sottolineato che i recettori sensoriali e il modo in cui sono collegati al sistema nervoso nel pesce cappone sono completamente diversi.

Un’evoluzione affascinante

Queste nuove scoperte non solo arricchiscono la comprensione dell’evoluzione del pesce cappone, ma aprono anche nuove prospettive sull’adattamento delle specie marine. Le gambe di questo pesce non sono solo un’anomalia fisica, ma rappresentano un affascinante esempio di come la natura possa sviluppare soluzioni ingegnose per sopravvivere e prosperare in ambienti diversi.

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Per Khamenei la carneficina del 7 ottobre “è legittima, elimineremo Israele”

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La Guida suprema della Repubblica islamica decide di non nascondersi. Nel momento più difficile per l’Iran, sotto scacco per i duri colpi inferti da Israele ad Hamas e Hezbollah, e con lo spettro di subire a breve un attacco diretto di vasta portata, Ali Khamenei è riapparso in pubblico guidando la preghiera del venerdì per la prima volta dopo quattro anni. Il 7 ottobre marcato con il sangue dalle milizie palestinesi ed i missili iraniani lanciati contro lo Stato ebraico sono state azioni “legittime”, e l’asse della resistenza “continuerà a lottare per la vittoria” nonostante la morte dei suoi leader: sono questi i messaggi che l’ayatollah ha inviato a nemici ed alleati, davanti alle migliaia di fedeli riuniti a Teheran, anche per commemorare l’uccisione di Hassan Nasrallah.

Un sermone in cui tutto contava, dalle parole all’iconografia. Come dimostra il fucile piazzato sul palco, a beneficio delle telecamere di tutto il mondo. Ad una settimana dalla morte del capo di Hezbollah – che pare sia stato provvisoriamente sepolto in un luogo segreto – Khamenei ha rinunciato per qualche ora alle rigide misure di sicurezza. Non guidava la preghiera dall’uccisione del generale Soleimani per mano americana nel 2020. Alla grande moschea di Teheran ha elogiato Nasrallah, simbolo dei “martiri” caduti nella guerra contro Israele, accanto a Ismail Haniyeh e ai tanti comandanti militari di Hamas e Hezbollah. Una guerra che, è il mantra dell’Iran, è condotta a scopi difensivi per rispondere ai “crimini sorprendenti” di Israele.

Così anche l’imponente operazione di martedì scorso, con duecento missili lanciati in territorio nemico, è stata “del tutto legale”, anzi è stata “una punizione minima”. Nel sermone, in persiano e in arabo, è stato poi lanciato un appello a tutte le nazioni musulmane, “dall’Afghanistan allo Yemen, da Gaza al Libano”, a “cingere una cintura di difesa” contro il “nemico comune”. Quella di Khamenei è apparsa come un’ostentazione di forza del regime, quasi a voler esorcizzare la grave minaccia alle porte. L’ipotesi che prende sempre più corpo è quella di un attacco israeliano alle infrastrutture energetiche e petrolifere iraniane, che affosserebbe un’economia già in crisi.

Un blitz su cui Israele si sta confrontando con gli Stati Uniti, e che potrebbe scattare da un momento all’altro. E’ uno scenario vissuto con comprensibile preoccupazione a Teheran, tanto che i pasdaran hanno provato a scoraggiare il nemico minacciando di reagire prendendo a loro volta di mira le raffinerie e i giacimenti di gas israeliani. Allo stesso tempo l’Iran continua a tessere la sua tela diplomatica per raffreddare la temperatura nella regione. Così il ministro degli Esteri Abbas Aragchi è volato a Beirut sotto le bombe per incontrare il collega libanese, sostenendo la necessità di un cessate il fuoco simultaneo con Israele a Gaza e in Libano. L’Idf invece ha continuato a martellare nel nord.

La periferia meridionale di Beirut, roccaforte del Partito di Dio, nella notte è stata bersagliata dai raid. Il principale obiettivo, secondo quanto è filtrato da Gerusalemme, era Hashem Safieddine, probabile successore di Nasrallah. Israele ritiene che sia morto. Quanto alla guerra al confine, è stato esteso l’ordine di evacuazione ai civili libanesi a 35 villaggi. Ma anche tra le truppe di Tsahal si continuano a contare perdite: nel Golan due soldati sono rimasti uccisi da un drone lanciato dall’Iraq, dove sono attive milizie sciite filo-iraniane. E si continua a combattere e a morire anche nei Territori palestinesi. Un raid israeliano a Tulkarem, in Cisgiordania, ha provocato almeno 18 morti.

Almeno 9 vittime, secondo l’Idf, erano miliziani di Hamas, incluso il capo locale, Abd al-Razeq Oufi. Era accusato di pianificare un attentato a breve, in vista delle commemorazioni per il 7 ottobre. C’è poi il fronte degli Houthi che, armati da Teheran, attaccano i mercantili occidentali nel Mar Rosso in rappresaglia per Gaza. Le milizie yemenite sono state colpite nuovamente da raid britannici e americani, che stavolta hanno cambiato strategia: finora avevano preso di mira le infrastrutture costiere, ora invece hanno attaccato più in profondità. Tra i nuovi bersagli, anche la capitale Sanaa.

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Economia

Istat raffredda le stime sul Pil, sale peso del fisco

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Non è una doccia fredda come quella arrivata dalle parole di Giancarlo Giorgetti a Bloomberg, ma il dato sul Pil fornito nelle ultime 24 ore dall’Istat qualche perplessità in più sull’andamento dell’economia italiana potrebbe farla nascere. L’istituto di statistica ha rivisto al ribasso la stima tendenziale sul Pil del secondo trimestre, ma soprattutto ha tagliato – peraltro con una correzione arrivata in un secondo momento – la crescita acquisita per il 2024, portandola dallo 0,6% allo 0,4%. Se il +1% scritto dal governo nel Piano strutturale di bilancio della scorsa settimana, ribadito anche dallo stesso Giorgetti, sembrava fino a poche ore fa un risultato praticamente già messo in tasca, le certezze potrebbero ora cominciare a vacillare. E se la crescita non centrasse l’obiettivo, anche il lavoro del governo si farebbe più complicato.

Meno crescita vuol dire meno entrate e più deficit, oltre che maggiore pressione fiscale. Nel secondo trimestre in cui l’Istat ha rivisto la crescita al ribasso, il peso del fisco rispetto al Pil è stato pari al 41,3%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il dato risente degli aggiustamenti statistici ma, considerate le tensioni nate sulla questione tasse all’interno della maggioranza, rischia di non passare inosservato visto che proprio sulle tasse l’opposizione ha gioco facile ad attaccare e rischiano di giocarsi anche gli equilibri tra gli alleati. Sul tavolo c’è innanzitutto il nodo accise. Il governo ha chiarito che non si tratterà di un aumento tout court di quelle sul diesel ma di un allineamento tra benzina e gasolio.

L’Unem ha quindi rifatto i calcoli sottolineando che “nell’ipotesi estrema” in cui la misura si traducesse nell’equiparazione dell’accisa sul gasolio a quella della benzina, l’effetto sarebbe un aumento immediato dei prezzi al consumo del gasolio di 13,5 centesimi di euro al litro, ovvero in un maggiore esborso per le famiglie di quasi 2 miliardi di euro, pari a circa 70 euro all’anno. C’è poi il tema sigarette, per le quali gli oncologi hanno proposto un maxi-aumento di 5 euro a pacchetto come sostegno al Sistema sanitario nazionale. Ma c’è soprattutto il tema del ‘contributo’ delle imprese e del mondo bancario e assicurativo. Le ipotesi restano tutte aperte e non sembra essere esclusa quella di un addizionale Ires (tra 0,5% e 1%) che però le banche sembrano intenzionate a respingere per evitare un impatto sui conti. Una risposta piuttosto esplicita arriva da Augusto Dell’Erba, presidente di Federcasse-Bcc, secondo cui “i prelievi forzosi e improvvisi, peraltro su redditi già generati, quindi con una forma di retroattività, non sono il modo migliore per gettare le basi per un reale rilancio del Paese”.

La prende più alla larga Antonio Patuelli che però spiega come “più le tasse sono alte, più la ricchezza e i valori vanno via”. Il presidente dell’Abi manda il suo messaggio: vede una legge di bilancio “meno drammatica di quello che può apparire”, anche perché “i germogli di ripresa e di legalità portano maggiori introiti allo Stato”. L’idea di un contributo delle grandi imprese è invece condivisa da Luigi Sbarra della Cisl e da PierPaolo Bombardieri della Uil che definisce quella di Giorgetti “una dichiarazione di buon senso”. E un’aliquota “pesante” sulla ricchezza prodotta viene invocata anche dalla segretaria confederale della Cgil, Francesca Re David. Di Ires, ma non come addizionale, hanno peraltro discusso il ministro e il presidente di Confindustria Emanuele Orsini in un incontro con al centro il piano casa proposto dagli industriali, ma anche “la premialità Ires, come scritto nella legge delega fiscale, per chi fa investimenti”.

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