Collegati con noi

Economia

Addio a iTunes, la musica sarà spacchettata da Apple che…

Pubblicato

del

Prenderà il via in un clima particolare la Worldwide Developer Conference (Wwdc), la conferenza annuale degli sviluppatori di Apple in programma il 3 giugno. A San Jose, in California, sono attesi cinquemila creatori di app, pronti a scoprire le novità dei sistemi operativi che daranno forma agli iPhone e Mac che verranno, modificandone aspetto e funzioni. E’ l’occasione per la Mela per puntare sul settore dei servizi sempre più vitale in un momento in cui le vendite di iPhone calano e le prospettive con la Cina non sono rosee. Mentre sull’App Store sono piovute critiche da Spotify e Netflix per un presunto abuso di posizione dominante, con la Corte Suprema Usa nelle scorse settimane ha dato il via libera ad una causa contro il negozio.

 

Secondo le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi, Apple dovrebbe dare l’addio ad iTunes, il negozio online che ha cambiato la musica e inaugurato nel 2001. La piattaforma monolitica che conosciamo sara’ sembrata in tre differenti app (Musica, Podcast e Tv) grazie ad un aggiornamento del sistema operativo per computer macOS. Invece iOS13, l’aggiornamento del sistema operativo per iPhone e iPad che arrivera’ in autunno, dovrebbe portare la novita’ del ‘dark mode’, lo sfondo scuro che affatica meno la vista e consuma meno batteria, gia’ adottato da Twitter e Messenger. Sull’iPad sono attese nuove funzioni e anche la compatibilita’ con mouse e trackpad, per favorire l’utilizzo del tablet in ambito lavorativo. Passando ai computer, alcuni rumors ipotizzano la presentazione di un aggiornamento dei pc professionali Mac Pro. Ad essere aggiornato sara’ anche il sistema operativo dell’Apple Watch, che finalmente dovrebbe monitorare il sonno. L’orologio dovrebbe anche farsi piu’ indipendente dall’iPhone, ad esempio consentendo di scaricare app senza passare dallo schermo del telefono.

Nel campo dei servizi, Apple potrebbe fornire piu’ dettagli su Arcade, la piattaforma di videogiochi in abbonamento e su Apple News + per leggere in Nord America 300 giornali e riviste a 10 dollari al mese. E in estate arrivera’ una carta di credito. Agli sviluppatori dovrebbe poi piacere il “Progetto Marzapane” svelato un anno fa, che in futuro rendera’ possibile sviluppare un’unica app compatibile con iPhone, iPad e computer Mac. L’appuntamento cade anche in un periodo di critiche all’App Store, il negozio di app di Cupertino. Spotify ha accusato la compagnia davanti all’Antitrust Ue di abusare del controllo sulle applicazioni. Alla sbarra c’e’ la quota del 30% che Apple incassa sulle vendite in-app di beni e servizi digitali, quota contestata anche da Netflix ed esaminata dalla Corte Suprema, che ha dato il semaforo verde a una causa dei consumatori: la societa’ abuserebbe della posizione dominante per gonfiare i prezzi delle app. Alle accuse Apple e’ tornata a replicare anche in questi giorni, sottolineando tra l’altro che gli sviluppatori, ad oggi, hanno guadagnato oltre 120 miliardi dalla vendita di beni o servizi digitali.

Advertisement

Economia

Orsini: nucleare scelta obbligata se Italia vuol competere

Pubblicato

del

“Con i nuovi reattori e le nuove tecnologie, rispetto alla scelta fatta con il referendum di 40 anni fa, noi, senza se e senza ma diciamo che l’Italia paga l’energia il 40% in più dei propri competitor, e questo è un elemento che incide negativamente sulla competitività. Il nucleare mi pare una scelta obbligata se vogliamo tornare competitivi nel medio lungo periodo”. Lo ha detto il presidente di Confindustria Emanuele Orsini, intervistato da Myrta Merlino nel corso dell’assemblea generale di Confindustria Veneto Est, a Padova. Secondo Orsini, per tornare a produrre energia dal nucelre in Italia “nella migliore delle ipotesi servirà un decennio. Occorre però cambiare la narrazione sul nucleare e guardare con favore alla Newco fatta da Ansaldo, Leonardo ed Enel: vuol dire che l’Italia c’è”.

“Le industrie italiane ed europee sono quelle che emettono meno a livello mondiale – ha detto Orsini – in rapporto al Pil che produciamo che è il 15% secondo i dati Onu contribuiamo alle emissioni per un valore che secondo le stime è molto più basso, tra il 3 e il 5% delle emissioni mondiali. Ed allora mi pare difficile sostenere che dobbiamo sacrificare un intero comparto, importantissimo per l’economia europea, com’è quello dell’automotive per ridurre di un ulteriore 0,5%”.

Continua a leggere

Economia

Economia della Ue con il fiato corto, euro ai minimi

Pubblicato

del

L’economia europea ha il fiato corto e a risentirne è l’euro che scivola ai minimi da due anni rispetto al dollaro di fronte alla doccia fredda degli indici Pmi, una misura del grado di fiducia dei responsabili agli acquisti delle imprese. Il biglietto verde, da parte sua, continua ad avanzare, e non solo rispetto alla moneta unica, sull’onda della vittoria di Donald Trump alle ultime elezioni presidenziali. E lo stesso fa il Bitcoin, che prosegue il rally e supera i 99.300 dollari, ormai diretto verso la soglia dei 100.000 grazie alla sostegno del nuovo presidente americano alle criptovalute e all’idea di un regolamentazione più benevola. Il pmi composito dell’eurozona, finito a novembre a 48,1 (contro le attese che lo davano a 50), complice il calo inaspettato nei servizi più ancora che nell’industria manifatturiera, ha frenato le Borse del Vecchio Continente nella prima parte della giornata.

Non ha aiutato la revisione al ribasso del Pil della Germania, cresciuto nel terzo trimestre solo dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti. A far scattare le vendite sull’azionario hanno contribuito le scommesse del mercato su un taglio deciso dei tassi, di 50 punti base, alla prossima riunione Bce per dare ossigeno alle economie della zona euro in una scenario ormai di stagnazione: bassa crescita e inflazione non ancora sotto controllo. La prospettiva di tassi di interesse più bassi ha avuto l’effetto di far calare i rendimenti dei titoli di Stato a partire dal Bund tedesco, sceso al 2,23%. Quello dell’Oat francese è diminuito al 3% e del Btp italiano al 3,5%. Lo spread si è allargato intanto sopra i 126 punti base.

Le Borse europee hanno invece rialzato la testa nell’ultima parte della seduta sulla scia di Wall Street, spinto dal Pmi composito negli Stati Uniti, arrivato a 55,3 meglio delle stime a conferma di un’economia in crescita. A fine giornata il maggior rialzo lo ha messo a segno Londra (+1,38%) indifferente agli indici Pmi del Regno Unito, anch’essi in flessione. Ha fatto tutto sommato bene anche la Borsa di Francoforte (+0,92%) malgrado i brutti dati Pmi e il Pil deludente. Parigi ha registrato un guadagno finale dello 0,52% malgrado anche nella seconda maggiore economia dell’eurozona gli indici Pmi siano stati sotto le attese. Meglio intonata Piazza Affari (+0,6%) malgrado abbiamo perso terreno le banche, in sintonia con i big del credito spagnoli Santander e Bbva penalizzati dalla decisione del governo di Madrid di aumentare la tassa sugli extraprofitti. Con l’effetto di far segnare alla Borsa del Paese solo un timido +0,39%.

L’euro in serata si è confermato debole col cambio sul dollaro a 1,042, ai minimi da novembre 2022. Che la Bce si prepari a nuovi tagli dei tassi d’interesse nei prossimi mesi, di fronte a un target d’inflazione al 2% che dovrebbe essere raggiunto a metà 2025, lo ha detto anche il presidente della Bundesbank Joachim Nagel, spiegando che i dati Pmi di oggi confermano lo scenario di stagnazione dell’economia tedesca. Nel complesso, visti i Pmi, difficilmente la situazione avrebbe potuto rivelarsi peggiore, è l’opinione condivisa dagli analisti secondo cui il settore manifatturiero dell’eurozona sta affondando sempre più nella recessione. Dopo due mesi in lieve crescita anche il settore dei servizi inizia poi a essere in difficoltà. E non c’è troppo da stupirsi considerato la confusione politica delle maggiori economie dell’area: il governo francese si muove su un terreno instabile e la Germania è alle prese con le elezioni anticipate. A tutto questo si aggiunge Donald Trump e la minaccia concreta di nuovi dazi sulle importazioni. Alle aziende europee non resta che navigare a vista.

Continua a leggere

Economia

Moody’s, Pil Italia sotto 1%, impegnativa spesa Pnrr

Pubblicato

del

La crescita dell’Italia si mantiene moderata e quest’anno sarà sotto l’1%, con un deficit in calo al 4,6% e un debito che invece sale. L’analisi di Moody’s (nella foto Imagoeconomica in evidenza) mostra come i fondi del Pnrr continuano a sostenere le prospettive dell’Italia. Ma per il Belpaese sarà “impegnativo” spendere tutte le risorse disponibili dal programma entro il 2026 anche perché la spesa è stata finora inferiore al previsto. “Tassi di interessi elevati e un potenziale di crescita di circa lo 0,8% richiederanno un ampio aggiustamento fiscale per raggiungere e mantenere avanzi primari in grado di stabilizzare il debito”, afferma Moody’s annunciando il completamente della revisione del rating dell’Italia che, precisa, “non è un’azione sul rating e non è un’indicazione” sulle future decisioni sul rating. L’Italia ha al momento un rating Baa3 con outlook stabile.

“In un contesto di tassi di interesse più elevati, l’aumento del potenziale di crescita e gli avanzi primari saranno fondamentali per evitare un significativo aumento del debito”, aggiunge Moody’s spiegando come la riduzione del deficit – al 3,5% nel 2025 e al 3% nel 2026 – “non sarà sufficiente” per un calo del rapporto debito-pil in seguito agli effetti del Superbonus. L’agenzia prevede che il debito italiano salirà al 139,7% del pil nel 2024 dal 134,8% del 2023 e continuerà a salire fino al 2027 a oltre il 143%. I risultati ottenuti dall’Italia nell’attuazione del Pnrr sono “contrastanti”: l’Italia è stato il primo paese dell’Ue a chiedere le ultime tranche di finaziamento e “prevediamo che la settima tranche sarà richiesta entro la fine del 2024. Tuttavia la spesa di queste risorse è stata inferiore al previsto e la spesa totale dei fondi disponibili entro la fine del 2026 sarà impegnativa”, mette in evidenza ancora Moody’s. L’agenzia potrebbe alzare il rating nel caso di fossero prove di una crescita sostanzialmente più forte: “un miglioramento del potenziale di crescita contribuirebbe a mettere il debito su una chiara traiettoria discendente”. Il rating invece potrebbe essere rivisto al ribasso se “anticipassimo un significativo indebolimento della forza economica e di bilancio dell’Italia”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto