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Cronache

A 14 anni ucciso da auto pirata, poteva essere salvato

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Sognava di fare il calciatore da grande Chris Obeng Abom. La sua giovane vita, neppure 14 anni, è finita invece ieri notte a Negrar su una strada di provincia, falciato da un’auto pirata il cui conducente ha solo pensato a fuggire, senza voltarsi. Mentre questi si allontanava, Chris, di origini ghanesi è rimasto lì, sul bordo della Provinciale 12, senza marciapiede e male illuminata. Finchè un passante non si è accorto di lui, e ha dato l’allarme. Troppo tardi. Il baby calciatore è spirato verso le 8 di stamane nella terapia intensiva dell’ospedale di Verona. La morte, hanno riferito i medici, è sopraggiunta per “arresto cardiaco da ipossia”. L’uomo che l’ha ucciso, un operaio 39enne, è stato individuato più tardi dai Carabinieri. Era rincasato, come nulla fosse successo, e stamane era salito sulla stessa vettura, ammaccata, per andare al lavoro, in un cantiere edile della Valpolicella. Davanti ai militari ha confermato che alla guida c’era proprio lui. Ma sull’investimento del 14enne non ha ammesso nulla. Una storia terribile, perchè i medici hanno confermato che chi l’ha abbandonato sul ciglio della strada “l’ha lasciato morire”.

Fosse stato soccorso immediatamente, spiega il direttore della terapia intensiva dell’ospedale Borgo Trento, Enrico Polati “sarebbe stato sicuramente salvato. Nessuna delle lesioni riscontrate era compatibile da sola con il decesso”. Chris aveva subito un trauma cranico, “non così grave”, con un ematoma sottodurale, ed un trauma toracico, anch’esso non devastante. Prima di essere soccorso e portato d’urgenza all’ospedale del capoluogo, l’adolescente è rimasto a terra per un periodo di tempo che poi è risultato fatale. Enrico Polati è sconcertato: “E’ una fatto vergognoso – afferma – Negli ospedali ogni giorno lottiamo con tutte le nostre forze per salvare la vita ai pazienti. Poi fuori di qui c’è chi alla vita non da’ alcun significato”. L’uomo, al momento, è stato denunciato in stato di libertà per omicidio stradale, fuga in caso di incidente ed omissione di soccorso. Spetterà all’autorità giudiziaria valutare eventuali misure cautelari. Ha piccoli precedenti per spaccio di stupefacenti e guida in stato di ebrezza. I Carabinieri sono arrivati a lui grazie al sistema di videosorveglianza comunale ed ai rottami dell’autovettura rinvenuti sull’asfalto Decisivi sono stati un frammento del fanale, ed una parte dello specchietto retrovisore. Con questi elementi, è stato trovato il modello del veicolo, che è stato poi ricercato nelle immagini delle telecamere munite del sistema di lettura targhe. Esaminati per tutta la notte i vari frame, i militari hanno individuato il mezzo, risultato intestato ad una donna di 64 anni, ma in uso al figlio, il 39enne.

La macchina presentava danni nella parte anteriore destra, compatibili con i frammenti rinvenuti sul terreno; sul parabrezza i segni di schiacciamento tipici di quando c’è l’investimento di una persona. Quanto alla dinamica dell’incidente, da una prima ricostruzione che il ragazzino e l’autovettura procedessero entrambi in direzione di Verona, lungo la provinciale 12, che in quel tratto prende il nome di via San Vito di Negrar di Valpolicella. Proprio in corrispondenza di dove c’è stato lo schianto è presente a bordo strada un autovelox, sistemato come dissuasore, ma non funzionante. I genitori ghanesi della vittima, che hanno altri due figli, un maschio e una femmina, sono in Italia da una ventina d’anni. Il padre lavora come pavimentista in un’azienda di ceramica del modenese. I figli sono tutti nati in Italia. Nel tesserino della Figc Chris Obeng Abom appare con sorriso ‘serio’, addosso la maglietta da calcio rossa. Giocava nelle giovanili del Negrar, il club del suo paese, che con la formazione maggiore partecipa al campionato di terza categoria. Chi l’ha conosciuto racconta che nel futuro si vedeva sui campi della serie A.

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Cronache

Femminicidio a Cagliari, il marito ha confessato

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Ha confessato: dopo oltre sei mesi in cui si è sempre dichiarato innocente ha ammesso le proprie responsabilità Igor Sollai, il 43enne attualmente in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere per aver ucciso e nascosto il corpo della moglie, Francesca Deidda, di 42 anni, sparita da San Sperate, un paese a una ventina di chilometri da Cagliari, il 10 maggio scorso e i cui resti sono stati trovati il 18 luglio in un borsone nelle campagne tra Sinnai e San Vito, vicino alla vecchia statale 125.

Sollai, difeso dagli avvocati Carlo Demurtas e Laura Pirarba, è stato sentito in carcere a Uta dal pm Marco Cocco. Un interrogatorio durato quattro ore durante il quale il 43enne ha confessato il delitto descrivendo come ha ucciso la moglie e come poi si è liberato del cadavere. Non avrebbe invece parlato del movente. Nessun commento da parte dei legali della difesa. Non è escluso che l’interrogatorio riprenda la prossima settimana.

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‘Ndrangheta: patto politico-mafioso, assolti i boss

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Mafia e politica, assolti i boss. La Corte di Appello di Catanzaro ha ribaltato totalmente la sentenza di primo grado riformando la sentenza di primo grado del processo “Sistema Rende”. I giudici di secondo grado hanno assolto i boss e gli appartenenti alle cosche di Cosenza e Rende finiti nell’inchiesta su mafia e politica che coinvolse amministratori ed esponenti dei principali clan cosentini. Assoluzione perche’ il fatto non sussiste per Adolfo D’Ambrosio e Michele Di Puppo (che in primo grado erano stati condannati rispettivamente a quattro anni e 8 mesi di reclusione), l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli e per Marco Paolo Lento (condannati in primo grado entrambi a 2 anni di carcere). Confermate poi le assoluzioni di Francesco Patitucci e Umberto Di Puppo, condannato in passato per aver favorito la latitanza del boss defunto Ettore Lanzino. Secondo l’inchiesta “Sistema Rende”, alcuni politici e amministratori rendesi (tra i quali gli ex sindaci Sandro Principe e Umberto Bernaudo) avrebbero stipulato un patto politico-mafioso grazie al quale avrebbero ottenuto sostegno elettorale in cambio di favori come le assunzioni in alcune cooperative del Comune. Ora la parola spetta alla Cassazione.

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Attacco hacker ad archivi InpsServizi, alcuni server bloccati

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“InpsServizi S.P.A. (Società in House di INPS) ha recentemente subito un attacco informatico di tipo ransomware che ha portato al blocco di alcuni server, rendendo temporaneamente indisponibili alcuni applicativi gestionali e i dati forniti a propri clienti”. E’ quanto si legge in una nota dell’Inps nella quale si precisa che “l’accaduto è stato denunciato prontamente a tutte le autorità competenti”. “Attualmente, sono in corso indagini approfondite. È importante rassicurare i cittadini che il Contact Center, principale servizio di assistenza, non è stato colpito dall’attacco e rimane operativo”. “Le azioni in corso sono concentrate sul ripristino delle infrastrutture compromesse in modo tempestivo e sicuro”.

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