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Cronache

Agente Cindy, mamma, donna e sbirra denuncia: settore dei rifiuti condizionato dalle mafie

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Poco più che 40enne. Donna di spessore. Anzi sbirra di spessore. Per ragioni di sicurezza useremo un nome di fantasia: Agente Cindy.

Donna, mamma e sbirra. Come convivono queste qualità?

Benissimo! Sono una mamma felice, orgogliosa di mio figlio oggi adolescente, al quale non perdo occasione di  trasmettere la passione e le motivazioni che sono alla base del mio approccio a questo lavoro.  Cerco sempre di spiegargli che con il mio lavoro mi impegno a difendere la serenità, i diritti e la salute anche, e soprattutto, dei ragazzi come lui. Dedicare tanto tempo ad un impegno lavorativo che ti tiene lontano da casa ti costringe ad imparare a mettere ordine nelle priorità, gestire i tempi, rendere fruttuoso e speciale ogni minuto insieme ed essere consapevoli di dover condividere con il proprio figlio quei valori che ci hanno lasciato in eredità i nostri maestri e predecessori, che spesso hanno perso la vita, senza mai indietreggiare di un passo di fronte alle responsabilità. Essere madre, donna e sbirro, significa, in una parola, vivere con amore e passione il senso dello Stato, con la volontà di dare un senso pregnante a tutte le ore che si sottraggono ai propri figli per cercare di garantire un mondo migliore a tutti i bambini! 

Combatti contro la mafia per passione e per lavoro. Quale opinione ti sei fatta sugli incendi ai centri di stoccaggio dei rifiuti in giro per l’Italia?

Riuscire ad avere una idea esatta di quanto sta avvenendo, è piuttosto complesso, perché si tratta di un fenomeno dai molteplici aspetti. Già da tempo sono convinta che sia in atto una “guerra dei rifiuti” e non nascondo che sono molto preoccupata per la mancanza di una risposta efficace da parte dello Stato, che tarda ad arrivare. 
Di certo ritengo che il fenomeno degli incendi sia tutt’altro che dovuto ad una errata o poco corretta gestione degli impianti o a disattenzioni. Non può sfuggire ad un occhio attento il fatto che il numero maggiore di incendi sia avvenuto prevalentemente negli impianti di recupero, talvolta ripetendosi più volte nel giro di pochi mesi.

C’è dietro una regia criminale?

Questo dato ci deve far riflettere sugli interessi della criminalità che ha da sempre interessi nella gestione dei rifiuti. Difficile infatti non ipotizzare che dietro questi roghi ci sia una qualche forma di strategia criminale, che, a latere di possibili azioni delle aziende stesse per “sistemare” situazioni scomode createsi a seguito di una gestione scorretta delle autorizzazioni, debba invece far concentrare l’attenzione su possibili interessi criminali, e conseguenti “scelte obbligate” da parte dei gestori degli impianti che accettano rifiuti con codici CER non corrispondenti alla tipologia dichiarata che, a lungo andare, rendono ingestibili quantità e tipologie stipate. E’ dato noto che il settore rifiuti sia altamente infiltrato dagli interessi della criminalità organizzata ed sarebbe ipocrita non dare atto che il know-how del comparto sia da decenni nelle mani di soggetti legati ad un passato poco trasparente che sono ormai specializzati nell’impiantistica, nei trasporti e nella gestione di ogni tipologia di rifiuto. Inoltre spesso, per via di una normativa non sufficientemente incisiva, le aziende del settore non sono obbligate all’iscrizione nelle white list, evidenza che trovo particolarmente grave.

Come si combatte questo fenomeno mafioso?

Credo che per attuare una controffensiva concreta al fenomeno ci siano due vie: la prima è quella di far ripartire il più velocemente possibile un sistema univoco che preveda la tracciabilità dei rifiuti industriali, ed effettuare controlli a tappeto nelle aziende da parte delle forze di polizia specializzate, per verificare la veridicità dei dati comunicati ed assicurando un presidio concreto del territorio. L’altra strategia da attuare, seconda non per importanza, è che, accanto alla mappatura completa degli impianti e discariche incendiate, si dovrebbe procedere con un focus sugli interessi dei clan presenti in quei territori, per inserire in un possibile contesto criminale gli eventi incendiari. Mancano infatti una analisi e spiegazione complessiva del fenomeno nella sua globalità, e credo che l’unica vera via di uscita e di contrasto al fenomeno sarebbe quella della creazione di una task force che se ne occupi su scala nazionale, al fine di poter effettivamente comprendere il fenomeno. Soltanto con la certezza di una approfondita analisi e relativa sicurezza della movimentazione dei rifiuti in entrata ed uscita dalle aziende e dagli impianti, lo Stato può tornare ad essere un credibile garante per i cittadini e tutelare i territori e poter contrastare, soprattutto mettendo in atto strategie di prevenzione tramite controlli mirati e monitoraggio contro un fenomeno che si deve combattere non tanto, o soltanto, con i militari a presidiare le strade, ma con la medesima capacità di “infiltrazione” delle mafie, per scardinarne gli interessi. “La monnezza è oro”, come disse il pentito Nunzio Perrella durante un interrogatorio, e bisogna fare in modo di non permettere più che i guadagni che ne derivano, finiscano nelle tasche sbagliate.

Che rapporto hai con la paura?

Alla paura bisogna saper ridere in faccia, come di fronte a tutte le difficoltà della vita.  E’ un sentimento che non deve mai prendere il sopravvento, e si impara a tenerla a bada, anche se a volte ti fa stare sveglio, specialmente se è paura per la serenità e sicurezza di chi ami. Ogni giorno affronto il mio lavoro pensando a persone come Ilaria Alpi, Nicola De Grazia, Roberto Mancini, tutte persone che non hanno esitato a spendersi senza sosta per capire quanti interessi di coletti bianchi fossero nascosti dietro alla gestione illecita dei rifiuti. Hanno perso la vita, ma hanno lasciato tracce indelebili, che siamo tenuti a far proseguire. Non c’è tempo per la paura. Da cristiana cattolica, ho la convinzione che tutto ciò che accade sia parte di un grande disegno pensato e voluto per noi, del quale siamo tenuti ad accettare il bene e male. Quindi sempre avanti con il sorriso! Anche e soprattutto per non dare soddisfazione a chi vorrebbe vederti all’angolo.

Definiscimi il termine mascariamento… Non sei sicula ma sai di sicuro cosa significa.

Conosco bene il significato di questa pratica meschina, attuata da personaggi talvolta mossi soltanto da invidie, ma più spesso messa in atto per costruire intorno alle persone coraggiose e combattenti un teatrino di falsità, che ingenerino dubbi sulla loro integrità morale e sulle reali motivazioni delle loro azioni. Quando penso al pericolo di mascariamento, sempre pronto a sbucare dietro l’angolo, mi consola pensare che è una pratica antica, già temuta e combattuta fin dall’antichità, come narrava Virgilio nel IV libro dell’Eneide, dove la mostruosa Fama, la diceria, è descritta come “Un mal di cui null’altro è più veloce…”, un mostro con innumerevoli occhi e lingue “in grado di seminare nel mondo il vero, ed in egual modo il falso e la maldicenza”. 
Sono fermamente convinta che l’unico modo per vincerne gli effetti nefasti sia rimanere saldi al proprio posto di combattimento, tirare dritti per la propria strada e soprattutto fare squadra con le persone sane e rette che incontriamo sul nostro percorso. Mai farsi trovare soli ed isolati, perché altrimenti si presta il fianco facilmente.  

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Ucciso nel Milanese, fermato un 19enne di Rozzano

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Manuel Mastrapasqua, il 31enne ucciso a Rozzano, nel Milanese, nella notte tra il 10 e l’11 ottobre, è stato accoltellato per delle cuffie wireless da 20 euro o poco più. E con l’accusa di omicidio a scopo di rapina è stato sottoposto a fermo un 19enne che ha precedenti per furto e rapina ed abita a Rozzano con i genitori. A casa sua sono stati trovati, lavati ad asciugare, i pantaloni usati la sera del delitto. E le cuffie sono state recuperate in un cassonetto. Il provvedimento di fermo è giunto alla fine dell’interrogatorio del pm, Letizia Mocciaro, davanti agli investigatori dell’Arma.

Il 19enne, che compirà 20 anni il mese prossimo, abita in un quartiere non distante dal viale dove è stato accoltellato il 31enne. I Carabinieri ancora non avevano un nome, ma avevano individuato la sua figura grazie all’analisi delle telecamere, dalle quali, peraltro, si vedeva già per strada camminare con un coltello. Quando ha incontrato Manuel, da solo, al buio, gli avrebbe detto “dammi qualcosa” e forse ad un accenno di reazione di lui, o a un suo rifiuto, gli ha sferrato la coltellata, unica, al petto, a causa della quale Mastrapasqua morirà poco dopo i soccorsi, in ospedale. Poi il 19enne ha girovagato e ha preso un treno per Alessandria, con l’intenzione di andare a Torino e in seguito all’estero ma senza un vero piano. In stazione è stato notato da agenti della Polfer che lo hanno controllato. Superato il controllo dei documenti, forse per il rimorso, è tornato dai poliziotti dicendo “ho combinato un casino a Rozzano”.

La questura ha così avvertito i Carabinieri. Dopo l’attenta analisi dei tabulati e delle telecamere è emerso che, per ironia della sorte, Manuel è stato accoltellato uno due minuti prima che passasse la pattuglia dei Carabinieri nel viale dove è stato trovato agonizzante dai militari. E che il presunto assassino lavora anch’egli, come lavorava la vittima, in un supermercato a Milano (non della stessa catena).

I due comunque pare non si conoscessero. Già nelle ultime ore le indagini si stavano orientando verso una rapina finita in tragedia ad opera di uno sbandato. Le attività dei carabinieri sono proseguite per tutto il giorno nella raccolta di testimonianze di persone a lui vicine per capire se qualcuno avesse motivi di astio nei confronti del magazziniere che, però, non sono emersi; anzi, con il tempo sono stati esclusi perché la sua vita era davvero senza ombre. Parallelamente, gli investigatori, coordinati dal pm Mocciaro, hanno analizzato le immagini delle telecamere di sorveglianza della zona ad ampio raggio.

La vittima, stando alle immagini, era uscito poco dopo la mezzanotte dal supermercato Carrefour in cui lavorava in via Farini a Milano. Rispetto ai video che lo ritraevano all’uscita del supermercato, gli mancavano una busta per la spesa e un “accessorio”, proprio quelle cuffie che hanno contribuito a determinare la svolta nelle indagini. Il comandante provinciale dei carabinieri di Milano, Pierluigi Solazzo, d’intesa con il prefetto Claudio Sgaraglia, per dare un’immediata risposta dopo l’omicidio di Mastrapasqua aveva intanto potenziato oggi i servizi di controllo del territorio.

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Nassiriya, carabiniere abruzzese risarcito dopo 21 anni

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Ventuno anni dopo la strage di Nassiriya, il Consiglio di Stato ha riconosciuto il diritto di Lucio Cosenza, carabiniere di Chieti oggi 49enne, ad essere considerato vittima del terrorismo, nonostante non avesse riportato ferite fisiche nell’attentato, a causa di un disturbo post traumatico da stress. Lo riporta il quotidiano ‘il Centro’ nell’edizione odierna. Era il 12 novembre 2003 quando un camion carico di tritolo esplose all’interno della base Maestrale, in Iraq, uccidendo 12 carabinieri, cinque soldati e due civili italiani. Cosenza, all’epoca in missione con il 7/o Reggimento carabinieri Trentino Alto Adige, si salvò dall’esplosione perché stava riposando dopo una notte di lavoro.

Negli anni seguenti il carabiniere abruzzese iniziò a manifestare i sintomi di un disturbo post traumatico da stress, conseguenza dell’attentato. Nonostante questo, il ministero dell’Interno aveva inserito Cosenza solo tra l’elenco delle “vittime del dovere” e non in quello delle “vittime del terrorismo”. Dopo un lungo iter giudiziario, i giudici amministrativi di secondo grado hanno scritto la parola fine sulla vicenda, respingendo il ricorso presentato dal ministero dell’Interno e accogliendo la tesi di Cosenza (assistito dall’avvocato Alessandro Di Sciascio), al quale ora dovranno essere riconosciute agevolazioni in materia di contributi previdenziali, assistenza psicologica, prestazioni sanitarie e farmaceutiche e borse di studio per i figli esenti da imposizioni fiscali. Si tratta di benefici che vanno ad aggiungersi a quelli già riservati alle “vittime del dovere”.

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Campi Flegrei, per la città di Napoli 301 persone a esercitazione

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“Siamo molto soddisfatti. Abbiamo registrato la partecipazione di centinaia di cittadini che si sono recati presso le aree di attesa di Fuorigrotta, Bagnoli, Soccavo e Chiaiano. I cittadini hanno partecipato e si sono informati sul sistema di Protezione Civile; poi sono stati accompagnati ai tre punti d’incontro per la registrazione vera e propria. Dalla stazione di Napoli centrale è anche partito un treno per Afragola per simulare il trasferimento verso le regioni gemellate che accoglieranno i cittadini dell’area interessata”.

Questo il bilancio della presenza all’esercitazione per la città di Napoli fatto da Pasquale Di Pace, dirigente della Protezione civile del Comune. “Le esercitazioni interessano i cittadini, ma anche la macchina della Protezione Civile. Certamente si può fare meglio, comunicare sempre di più per coinvolgere i residenti che sono gli attori fondamentali, anche attraverso le associazioni e le parrocchie che ci stanno già affiancando. Continueremo ad effettuare esercitazioni, eventualmente testando anche l’esodo autonomo, che è l’altra modalità possibile di allontanamento insieme a quella assistita che è stata oggetto dell’esercitazione odierna”, assicura Di Pace. Per il Comune di Napoli hanno partecipato all’esercitazione per il rischio vulcanico 301 persone, più cinque animali da compagnia, 54 persone in più delle 247 che si erano registrate nei giorni scorsi.

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