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Ambiente

“Così auto, treni e tram saranno silenziosi”, l’idea che diventa impresa di tre giovani ingegneri

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Ci sono o prototipi. E c’è anche la possibilità concreta che possano essere industrializzati ovvero prodotti in fabbrica per essere commercializzati. Sono moduli capaci di assorbire suoni e vibrazioni incanalandole in cunicoli formati da strutture finora inedite. “Teoricamente potremmo utilizzare qualsiasi tipo di materiale. Il che dal punto di vista commerciale è un enorme vantaggio, considerato il fatto che chi costruisce infrastrutture ha la necessità di contenere i costi”, spiega Giovanni Capellari, esperienze di ricerca a Zurigo e ora in azienda come direttore operativo. “Sostanzialmente — aggiunge — realizziamo pannelli insonorizzanti per le autostrade e linee interrate capaci di assorbire le vibrazioni al passaggio di tram e treni. Fra le applicazioni allo studio anche la possibilità di utilizzare onde sonore e vibrazioni per produrre elettricità e illuminare le strade”.

I tre inventori di Phononic Vibes. Luca D’Alessandro, Stefano Caverno e Giovanni Cappellari

Due brevetti che andranno sul mercato grazie a un’iniezione di denaro che arriverà dal nuovo fondo di venture capital creato dalla collaborazione del Politecnico di Milano e di 360 Capital Partners. Il vero esame di maturità, per Phononic Vibes, una delle 120 start up incubate dal Polihub e una delle prime a essere messe sotto la lente di Poli360, arriva adesso: “Passare dallo status di ricercatori a quello di imprenditori. E provare a vedere l’effetto che fa” sorride Luca D’Alessandro ripetendo una vecchia canzone di Enzo Jannacci.

Ventott’anni, abruzzese di Chieti, una laurea in ingegneria civile, dottorato al Politecnico con un’esperienza di sei mesi al Mit di Boston, D’Alessandro è Ceo e anima di Phononic Vibes, la start up che ha creato dodici mesi fa e che ora, insieme al coetaneo Giovanni Capellari da Udine e del venticinquenne di Fano Stefano Caverni, prova a portare nel mare magnum dei contractor infrastrutturali. «Sì, perché il nostro mercato potenziale, almeno per ora, non è l’edilizia privata — prosegue il neo imprenditore —. Forse quella verrà in un secondo momento, e non immagina quanta gente ci sta già scrivendo chiedendoci soluzioni per isolare i loro appartamenti dalle molestie sonore dei vicini. Per ora, tuttavia, ci stiamo concentrando nel settore dei trasporti».

“Questa start up — ragiona Stefano Mainetti, a capo del Polihub, l’incubatore d’imprese di piazza Piola — possiede tutte le carte in regola per crescere: ha infatti la proprietà intellettuale dei sistemi innovativi che sta industrializzando, ha superato con successo le prime prove sperimentali nei nostri laboratori e in quelli di Ferrovie Nord, ha saputo far fruttare le dritte del nostro ufficio di trasferimento tecnologico e, infine, ha creato un ottimo rapporto con il “mentor” che gli abbiamo appaiato, parlo di Andrea Boeri, un ex McKinsey con la cultura della consulenza che ci ha creduto talmente tanto da investire personalmente nel progetto”. Ora il sì di 360 Capital Partners, che potrebbe staccare un assegno a cinque zeri. “Non vogliamo più essere trattati come i ricercatori tutta teoria fuori dal mondo — conclude D’Alessandro —. Siamo diventati grandi, ed è il momento di navigare da soli, anche se gran parte del merito va al gruppo di docenti che ci ha seguito e che non è stato geloso dei propri talenti, lasciandoci camminare da soli”.

 

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Ambiente

L’Italia pensa al nucleare, 50 miliardi l’impatto sul Pil

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Il tema del nucleare di ultima generazione irrompe al forum Teha di Cernobbio con con gli imprenditori e operatori del settore che chiedono di “fare presto” per evitare di perdere l’opportunità per gli investimenti. Una tecnologia che porterebbe benefici alla crescita economica del Paese un impatto sul Pil di 50,3 miliardi al 2050. La posizione del governo non si fa attendere con il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin che annuncia l’arrivo “entro fine anno” di un “disegno di legge, che conterrà la normativa primaria e dove saranno previsti i soggetti regolatori”.

L’Italia, di fatto, rientrerebbe nel nucleare. Da Villa d’Este, sul lago di Como, sono Edison e Ansaldo Nucleare ad illustrare l’impatto dell’atomo sulla decarbonizzazione energetica e sull’economia italiana. Il nucleare di ultima generazione, secondo una analisi illustrata a Cernobbio, può abilitare al 2050 un mercato potenziale fino a 46 miliardi di euro, con un valore aggiunto attivabile pari a 14,8 miliardi di euro. Ma c’è di più perché considerando anche i benefici indiretti e dell’indotto, sarà possibile creare oltre 117.000 nuovi posti di lavoro. Il nuovo nucleare non è soltanto una “risorsa preziosa per raggiungere gli obbiettivi di transizione energetica ma costituisce una vera e propria occasione di rilancio industriale per il Paese”, spiega Nicola Monti, amministratore delegato di Edison.

“L’Italia ha l’occasione – aggiunge – di essere protagonista, se da subito viene definito un piano industriale di medio-lungo periodo”. Sui tempi è il ministro Pichetto a fissare dei punti fermi. Per fine anno arriverà “l’analisi complessiva sul nucleare e su ciò che bisognerà introdurre come norma primaria che deve trasformarsi in disegno di legge”. I tempi li detterà il “parlamento, ma auspico che nel corso del 2025 che si possa chiudere quello che è il processo di valutazione normativa”. E sull’ipotesi di un nuovo referendum, “non faccio il mago di conseguenza la libertà di raccogliere firme e fare i referendum c’è”. In passato gli italiani si sono espressi su una “tecnologia di 60 anni fa, quella di prima e seconda generazione”, prosegue il ministro, ribandendo che “guardiamo al nuovo nucleare, che non prevede la costruzione di grandi centrali.

Pensiamo invece ai agli Small modular reactor e agli Advanced modular reactor”. In Italia c’è grande fermento tra i principali protagonisti del settore dell’energia per essere pronti ad affrontare la sfida del nuovo nucleare. Da mesi, infatti, sono stati siglati numerosi accordi di programma finalizzati allo ricerca ed allo sviluppo della tecnologia nucleare. Tra le ultime intese, ma solo in ordine di tempo, c’è quella tra Edison, Federacciai e Ansaldo Energia per decarbonizzare le acciaierie italiane. Per l’Italia si riapre una nuova “riflessione sul ruolo benefico che le nuove tecnologie nucleari disponibili o in via di sviluppo possono giocare nel mix energetico italiano”, spiega Daniela Gentile, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare. Il nucleare di nuova generazione conta attualmente, a livello globale, oltre 80 progetti in via di sviluppo.

Nello sviluppo del nuovo nucleare, secondo l’analisi di Edison, Ansaldo Nucleare e Teha, l’Italia può contare su competenze lungo quasi tutta la catena di fornitura e su un sistema della ricerca all’avanguardia. Lo studio, inoltre, ha identificato 70 aziende italiane specializzate nel settore dell’energia nucleare che confermano una “forte resilienza di questo comparto a tre decenni dall’abbandono della produzione in Italia”. Il valore strettamente legato all’ambito nucleare generato dalle aziende di questa filiera si attesta nel 2022 a 457 milioni di euro, con circa 2.800 occupati sostenuti, e l’Italia che si posiziona quindicesima a livello globale e settimana in Ue-27 per export di reattori nucleari e componenti tra il 2018 e il 2022.

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Ambiente

Copernicus, quella del 2024 l’estate più calda di sempre

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Gli scorsi mesi di giugno e agosto sono stati i più caldi mai registrati e nel complesso, l’estate boreale 2024 (ovvero giugno-luglio-agosto) è stata la più calda di sempre. E’ quanto spiega Samantha Burgess, vicedirettrice del Copernicus Climate Change Service, il servizio europeo sul clima. “Questa serie di temperature record sta aumentando la probabilità che il 2024 sia l’anno più caldo mai registrato. Gli eventi estremi legati alla temperatura osservati quest’estate diventeranno solo più intensi, con conseguenze più devastanti per le persone e il pianeta, a meno che non adottiamo misure urgenti per ridurre le emissioni”.

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Greenpeace, aziende petrolifere paghino per crisi climatica

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Le aziende petrolifere paghino per la crisi climatica. E’ la richiesta ribadita da Greenpeace in una nota a commento dello studio del World Weather Attribution, sulla siccità in Sicilia e in Sardegna. «A pagare il prezzo della siccità estrema in Sardegna e in Sicilia – amplificata da un uso inefficiente delle risorse idriche e da infrastrutture inadeguate – sono le persone che subiscono razionamenti di acqua, gli ecosistemi naturali e persino interi settori produttivi come l’agricoltura e il turismo. Danni gravissimi di cui si dovrebbe invece chiedere conto alle aziende del petrolio e del gas, come Eni, che con le loro emissioni di gas serra sono i principali responsabili della crisi climatica”, sostiene Federico Spadini, campaigner Clima di Greenpeace Italia.

“Gli sconvolgimenti climatici causati dalla nostra dipendenza da petrolio, gas e carbone sono destinati a peggiorare se non metteremo al più presto fine allo sfruttamento delle fonti fossili”, si legge ancora nella nota che ricorda la produzione di gas nell’impianto Cassiopea a largo della Sicilia. “Al di là dei proclami, il governo non intende far nulla per le Regioni italiane più colpite dalla siccità e dagli altri eventi climatici estremi”, sostiene ancora Greenpeace che ricorda la causa intentata contro il gruppo energetico.

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