Raffaele Fitto (foto Imagoeconomica in evidenza) ha evitato le trappole disseminate durante la sua audizione all’Eurocamera ma il suo incarico da vice presidente esecutivo della Commissione resta tutt’altro che blindato. E da qui in poi, buona parte del destino del candidato italiano non dipenderà da lui. Le tre forze della maggioranza Ursula, Ppe, Socialisti e Liberali, di fronte ad uno stallo spigoloso e carico di tensioni, si sono viste costrette a rinviare il voto, optando per una decisione contestuale per i sei vice presidenti in pectore. Il gioco dei veti reciproci, con Fitto e Teresa Ribera nella veste degli elementi maggiormente sotto attacco, hanno reso le audizioni quasi superflue.
La vera trattativa è altrove. E’ sul tavolo di Ursula von der Leyen, chiamata ad una corsa contro il tempo per riuscire ad avere una Commissione operativa il primo dicembre. Il Super Tuesday delle audizioni dei commissari – oltre a Fitto e Ribera, sono stati esaminati la popolare Henna Virkkunen, i liberali Kaja Kallas e Stephane Sejourné e la socialista Roxana Minzatu – è finito così in un nulla di fatto. Già di prima mattina era chiaro che Ppe, Socialisti e Renew non avrebbero votato né con il quorum dei 2/3 della commissione parlamentare competente né con la maggioranza semplice dei membri, prevista al terzo scrutinio. Non sarebbe convenuto a nessuno. Con la maggioranza semplice Fitto sarebbe passato grazie al sì di Ecr, dei Patrioti e perfino dell’ultradestra di Afd, ipotesi scomodissima per von der Leyen e ora anche per il leader del Ppe Manfred Weber, alle prese con le prossime elezioni in Germania. Dall’altra parte la socialista Ribera non aveva la certezza di passare neppure a maggioranza semplice.
E la sua audizione lo ha mostrato. “Spettava a lei evitare la tragedia di Valencia. Dovrebbe essere in tribunale”, hanno attaccato sia Vox che il Partido Popular. Nel Ppe gli spagnoli vorrebbero rinviare il sì a Ribera a dopo la sua audizione nel Parlamento iberico, il 20 novembre. Weber ha poi un altro nodo da sciogliere: con la vittoria di Donald Trump e la prossima caduta del governo tedesco, il gioco a maggioranze variabili inizialmente pensato con la sponda di Ecr ma anche dei Patrioti non è più praticabile, perché sarebbe cavalcato immediatamente dai Socialisti. Giovedì i capigruppo dovrebbero riaggiornarsi ed è possibile che von der Leyen veda i leader della sua maggioranza. Ma già nel corso delle audizioni la presidente della Commissione ha fatto tappa all’Eurocamera, incontrando la capogruppo socialista Iratxe Garcia Perez e quella liberale Valerie Hayer. E’ andata via poco dopo, senza ancora un punto di caduta concordato. Fiutando lo stallo si è mossa subito Fdi, assicurando che, con Fitto nella squadra, in Plenaria voterà la nuova Commissione von der Leyen, entrando di fatto in maggioranza. In serata poi, è stata Giorgia Meloni ad intervenire. Con un obiettivo: scalfire il no dei socialisti alla vice presidenza a Fitto guidato da tedeschi e francesi, in primis.
“Trovo inconcepibile che alcuni esponenti del Pd chiedano adesso di togliere a Fitto la vicepresidenza esecutiva. Vorrei sapere da Elly Schlein se questa è la sua posizione ufficiale: sottrarre all’Italia una posizione apicale per mettere l’interesse del suo partito davanti all’interesse collettivo”, ha attaccato la premier. Nel Pd, in realtà, hanno chiarito che il problema non è la competenza di Fitto ma il ruolo apicale affidato a un membro di Ecr. Buona parte degli eurodeputati dem ha giudicato positivamente l’audizione di Fitto. Il ministro, per oltre tre ore, ha preso le distanze da qualsiasi posizione sovranista. Ha ammesso che, a dispetto di quanto fatto quando era al Pe, oggi avrebbe votato sì al Next Generation Ue.
“Qui non rappresento un partito o l’Italia, ma l’Europa”, ha scandito Fitto rivendicando di aver sempre lavorato per un’Unione più forte. “La sua competenza gli è valsa l’apprezzamento di moltissimi presenti”, ha chiosato Meloni. Ma la partita non è chiusa. Al Pe hanno ipotizzato che il D-Day possa essere addirittura lunedì. Spetterà a von der Leyen trovare una soluzione. Secondo alcuni, con una dichiarazione scritta che blindi la maggioranza europeista. Secondo altri, rimescolando lievemente le deleghe. Nessuno, però, sa se potrà bastare.