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Conte attacca su Russia e Salvini lo accusa: cerca voti

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Gianluca Savoini il 16 luglio 2019 “era nella delegazione italiana a Mosca su indicazione del ministero dell’Interno”. A parlare e’ Giuseppe Conte, nell’Aula del Senato. Riferisce sul caso dei presunti fondi russi alla Lega. Matteo Salvini non c’e’, perche’ pensa di non avere nulla da spiegare. A rappresentarlo tra i banchi del governo c’e’ solo l’avvocato e ministro Giulia Bongiorno. Dagli scranni della Lega si pesano le parole del premier, si misura il termometro di una crisi strisciante che non appare davvero archiviata. Il M5s, in subbuglio dopo il si’ alla Tav, non c’e’. Conte le parole le pesa ma non le risparmia. “Ad ora”, dice, resta “fiducia” in Salvini, anche se il ministro gli ha rifiutato le informazioni chieste su Savoini. Il Pd annuncia una mozione di sfiducia al ministro dell’Interno. Ma Salvini non sembra curarsene e accusa piuttosto Conte di “giochetti di palazzo”: “Cerca voti per una nuova maggioranza come si cercano funghetti in Trentino”.

Gianluca Savoini

La giornata dei gialloverdi si apre con segnali tutto sommato distensivi e si chiude con minacce incrociate. La Lega incassa, oltre al Si’ alla Tav, lo sblocco di “50 miliardi” di opere da parte del Cipe e l’impegno di Conte ad “anticipare la manovra” a partire da cinque tavoli tecnici convocati a Palazzo Chigi. Salvini gongola e sfida il M5s con un rilancio: “Ora Ilva, termovalorizzatori e trivelle”. Non c’e’ stato “nessuno scambio” con Conte per evitare la crisi, assicura. Ma aggiunge: “Il No del M5s alla Tav e’ contro il buonsenso. Vedo segnali di sblocco ma mi auguro che nessuno dica Si’ per rimandare il voto”. Conte in Aula alla Camera spiega che il governo avviera’ l’iter per il completamento dell’opera per non perdere i fondi europei: non si sarebbe potuto bloccarla perche’ “la Francia ha fatto muro”. Poi si sposta al Senato per affrontare il dossier piu’ scontante, il caso Savoini. E qui rivendica la propria scelta di trasparenza rispetto al Parlamento e la linea di politica estera italiana di dialogo con la Russia tenendo ferme le stelle polari dell’Ue e della Nato. Quando arriva a Savoini, ribadisce che a invitarlo alla cena con Putin e’ stato Claudio D’Amico, tuttora in carica come collaboratore di Salvini a Palazzo Chigi. Non solo. Aggiunge che Savoini, a Mosca con Salvini lo scorso ottobre e anche a luglio 2018, almeno nella occasione di luglio era accreditato nella delegazione del Viminale.

Ma fonti della Lega ribadiscono: “Savoini non e’ mai stato nelle delegazioni del Viminale partite da Roma”. Alla fine il Pd sostiene che il premier non ha spiegato nulla e annuncia una mozione di sfiducia a Salvini “a garanzia di tutti gli italiani”. “E’ una medaglia!”, commenta beffardo il vicepremier. Ma punta il dito contro un passaggio della informativa di Conte che non e’ passato inosservato: “Qui tornero’ ove mai dovessero maturare le condizioni per una cessazione anticipata del mio incarico”, afferma il premier. “Non ho capito perche’ – dichiara Salvini – che bisogno c’e’ di lasciar pensare che ci possano essere altre maggioranze raccolte un po’ qui e un po’ li’ come funghetti in Parlamento, magari recuperando uno Scilipoti?”, incalza. La tesi e’ che il premier abbia mandato un messaggio al partito trasversale del non voto, in vista di un Conte-bis. Per il resto, affermano i leghisti, sulle vicende russe non ha detto “niente” perche’ sono “fantasie da B-movie”. Conte sceglie di non replicare ma lo fa indirettamente Luigi Di Maio in serata, mentre prova a governare la rivolta M5s sulla Tav. “Qualcuno mi dice ‘aprite la crisi di governo’ ma vorrebbe dire dargliela vinta, non tagliare i parlamentari, ritrovarci un nuovo governo tecnico o politico”, dice il leader M5s a chi, come Nicola Morra o Roberta Lombardi evoca la crisi. La sua proposta e’ far votare il Parlamento, anche se dalla Val di Susa indicano un precedente della scorsa legislatura per sostenere che bloccare la Tav con una legge non si puo’. Nel caos, pesano le parole di Beppe Grillo che difende sia Conte sia il ministro Danilo Toninelli: “Sono molto scontento ma decida il Parlamento, e’ la democrazia”. Ma intanto i senatori M5s disertano l’Aula “in imbarazzo” per l’assenza di Salvini. E a sera e’ la parola “crisi”, solo evocata, a tenere di nuovo banco.

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Sinner, la morte della zia Margith. A lei aveva dedicato la vittoria agli Us Open

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Jannik Sinner continua a sorprendere il mondo del tennis, non solo per i suoi incredibili risultati, ma anche per la sensibilità e l’umanità che lo contraddistinguono. Dopo aver trionfato agli US Open, conquistando il suo secondo slam della carriera e del suo straordinario 2024, il giovane altoatesino ha dedicato il suo successo a una persona speciale: la zia materna, Margith Rauchegger, sorella di mamma Siglinde, scomparsa pochi giorni fa a soli 56 anni.

La dedica in mondovisione, subito dopo aver battuto in finale l’americano Taylor Fritz, aveva commosso tutti. Margith non era solo una parente per Jannik: aveva avuto un ruolo centrale nella sua infanzia, accudendo lui e il fratello Mark mentre i genitori lavoravano. Sabato, la donna è venuta a mancare, lasciando un vuoto profondo nella vita del numero uno al mondo.

Rientrato a Malpensa dopo il trionfo a New York, Sinner ha fatto ritorno a casa con un volo privato fino a Bolzano, seguito da un elicottero per Dobbiaco e infine un’auto. L’obiettivo non era solo riabbracciare i suoi genitori e il fratello Mark, ma soprattutto dare l’ultimo saluto all’amata zia Margith, colei che ha avuto un posto speciale nella sua crescita.

Nonostante il momento difficile, Sinner non smette di sorprendere. Arrivato a Pechino per il prossimo torneo, ha salutato in cinese, dimostrando ancora una volta la sua attenzione ai dettagli e il suo rispetto per le culture che incontra nel suo percorso sportivo.

Jannik Sinner non è solo un campione sul campo, ma anche un giovane uomo legato alle sue radici e ai suoi affetti, capace di emozionare il mondo intero con la sua semplicità e il suo cuore.

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Esteri

Il Partito di Dio schiera sul campo i razzi Fadi

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Nella “risposta iniziale” agli attacchi dei walkie-talkie e cercapersone dei suoi miliziani nei giorni scorsi, Hezbollah ha deciso di schierare per la prima volta sul campo i razzi Fadi-1 e Fadi-2, due nuove armi dalla gittata maggiore rispetto ai Katyusha finora utilizzati nei suoi raid, con l’obiettivo di colpire più in profondità i territori dello Stato ebraico. Secondo quanto riferito dai media libanesi affiliati al Partito di Dio, il Fadi-1 deriva dal missile iraniano Kheibar M220, viene fabbricato in Siria e ha un calibro di 220 mm con gittata di 80 chilometri. Il Fadi-2 si basa invece sul Kheibar M302, con un calibro di 302 mm e una gittata di 105 chilometri.

Quest’ultimo razzo è apparso per la prima volta in un video di propaganda del gruppo pubblicato circa un mese fa, che mostrava la struttura di tunnel ‘Imad’ dal quale si ritiene siano stati lanciati gli ultimi raid contro Israele. Il filmato aveva scatenato speculazioni sul fatto che una struttura sotterranea così sofisticata e ben fatta potesse trovarsi davvero sotto le montagne libanesi o altrove nella regione.

Secondo fonti citate da Al Mayadeen, “è la prima volta che i razzi Fadi-1 e Fadi-2 vengono utilizzati dall’8 ottobre”, quando sono iniziati i combattimenti sul fronte settentrionale israeliano. E vanno ad aggiungersi a un arsenale stimato in oltre 200mila elementi tra razzi e missili e tre volte maggiore di quello di Hamas a Gaza.

In particolare, gli Hezbollah dispongono di migliaia di proiettili di artiglieria e razzi di corta gittata (Falaq 1 e 2, Shahin, Katyusha, Fajr 3) in grado di raggiungere l’Alta Galilea e di colpire fino a 40 km in territorio israeliano dal sud del Libano. Il Partito di Dio è anche in possesso di missili di media gittata Fajr 5, Kheibar 1, M303, Zilzal 1 che possono raggiungere il Lago di Tiberiade, la Cisgiordania, Tel Aviv, Ashdod e anche Gaza. A questi si aggiungono i missili di lunga gittata Fateh 110 e Scud C – tra i 260 e 500 km – in grado di raggiungere il confine col Sinai, oltre a duemila droni e centinaia tra missili anti-nave (C802, Yakhont) di lunga gittata (200-300 km).

L’arsenale di Hezbollah si completa con migliaia di missili antiaerei Sam e i razzi anti-carro teleguidati. L’Idf ha riferito che tra venerdì e sabato mattina, circa 150 razzi, missili da crociera e droni sono stati lanciati contro Israele: mentre infatti Hezbollah si affidava ai nuovi razzi Fadi per la sua rappresaglia, ha trovato man forte nei gruppi armati filo-iraniani in Iraq, che contemporaneamente hanno lanciato Uav e missili contro gli insediamenti dello Stato ebraico. In particolare, la Resistenza Islamica in Iraq (Iri) ha riferito di aver usato per i suoi attacchi i missili da crociera Al-Arqab, che secondo la Difesa Usa derivano dagli iraniani Paveh 351. Per quanto riguarda i droni, i gruppi iracheni utilizzano gli Shahed di fabbricazione iraniana.

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Cronache

Dossier, al tribunale del Riesame il ricorso di Cantone

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Sarà davanti al tribunale del Riesame di Perugia il primo approdo in aula dell’inchiesta sugli accessi abusivi al sistema delle segnalazioni di operazioni sospette, le cosiddette sos, e alla banca dati della Direzione nazionale antimafia, condotta dalla Procura di Perugia. E’ prevista, infatti, martedì l’udienza fissata dopo che la Procura guidata da Raffaele Cantone ha impugnato la decisione del gip del capoluogo umbro di respingere la richiesta di arresti domiciliari per il tenente della guardia di finanza Pasquale Striano e per l’ex sostituto procuratore della Dna Antonio Laudati.

Per il giudice gli indizi di colpevolezza sono gravi, ma al momento non c’è esigenza cautelare e per questo possono restare liberi i due uomini chiave al centro dell’inchiesta sui presunti dossieraggi ai danni di decine tra politici, personalità delle istituzioni, personaggi del mondo economico e di altri settori. Una decisione contro la quale la Procura ha però fatto ricorso.

Sarà quindi cruciale l’udienza del 24 settembre per una vicenda finita sotto i riflettori della politica, con numerose audizioni parlamentari e approdata alla Commissione parlamentare antimafia e al Copasir. Laudati e Striano sono accusati di acceso abusivo a sistema informatico, falso in atto pubblico, rivelazione di segreto e – fino a qualche mese fa quando il reato non era ancora abolito – di abuso d’ufficio. Secondo gli investigatori Striano, in particolare, in quasi quattro anni ha consultato 4.124 sos, digitando il nominativo di 1.531 persone.

Tra quelle che sarebbero finite al centro delle sue attenzioni ci sarebbero diversi ministri, da Guido Crosetto ad Adolfo Urso e Francesco Lollobrigida, sottosegretari, parenti dei politici e vip come Cristiano Ronaldo. Per il procuratore Cantone le indagini “non sono affatto concluse” e non è prevedibile il loro termine “in tempi brevi” anche perché dopo una serie di investigazioni nei confronti di Striano e Laudati “sono emersi ulteriori episodi di possibili accessi abusivi” alle banche dati e “gravi fatti di inquinamento probatorio”, “in grado di danneggiare” le prove.

Quindi la richiesta di arresto avanzata in oltre duecento pagine nelle quali la procura ha riferito che “sono state evidenziate specifiche circostanze, ascrivibili ad entrambi gli indagati”. Inoltre secondo gli inquirenti Striano “è ancora in servizio, sia pure in un reparto non operativo e sia pure privato da tempo dalla propria amministrazione delle password per accadere alle banche dati”. E il pericolo di recidiva si era ipotizzato, “anche e soprattutto alla luce delle articolate relazioni che lo stesso ha dimostrato di avere e che gli potevano consentire, anche tramite soggetti terzi, la commissione di ulteriori reati della stessa indole”.

Gli atti d’indagine posti alla base della richiesta di custodia cautelare sono stati depositati anche alla Commissione parlamentare Antimafia che nei mesi scorsi ha sentito Cantone. Della vicenda si sta occupando anche il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, il Copasir, che sentirà ora anche il ministro Crosetto.

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