I Carabinieri del ROS hanno dato esecuzione a un decreto di confisca, emesso, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione nei confronti di Ignazio Pullarà, esponente di assoluto spessore della famiglia mafiosa di Palermo – Santa Maria di Gesù (di cui è stato anche reggente) ed oggi detenuto poiché condannato alla pena dell’ergastolo per omicidio.
Il provvedimento ha riguardato beni per un valore complessivo pari a circa 1,6 milioni di euro, comprendenti 3 immobili dove erano dislocate importanti attività commerciali. Gli esiti giudiziari hanno infatti documentato la riconducibilità dei beni confiscati, formalmente di proprietà dei fratelli Antonino e Salvatore Macaluso, al detenuto uomo d’onore. Le attività investigative hanno dunque monitorato e confermato i vincoli associativi ed i connessi flussi di danaro fra i fratelli Macaluso e affiliati alla famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù, quali l’uomo d’onore Gaetano Di marco e Santi Pullarà, figlio di Ignazio e anch’egli condannato per la partecipazione all’associazione mafiosa.
Il provvedimento, anche supportato da approfondite indagini bancarie, ha consentito di acclarare che Macaluso Antonino, ricevuti i canoni a lui corrisposti dai locatari degli immobili, procedeva sistematicamente, per il tramite di Gaetano Di Marco, a farne avere cospicua parte a Santi Pullarà.
Del pari, è stata rilevata la ferrea intenzione di Pullarà’ nel pretendere che – a seguito di un incendio dovuto a cause accidentali – uno dei locatari dei magazzini confiscati con l’odierno provvedimento acquistasse l’immobile da lui utilizzato a una cifra altissima e assolutamente fuori mercato, stimata in due milioni di euro.
Le conversazioni intercettate hanno chiaramente dimostrato che Santi Pullarà – oltre ad amministrare il patrimonio immobiliare intestato ai Macaluso nell’interesse e per conto del padre – in linea con le tradizionali regole di cosa nostra, si rivolgeva in maniera naturale al contesto mafioso di riferimento per dare corso alle sue iniziative imprenditoriali.
In particolare, è stato documentato che proprio Gaetano Di Marco ricordava a Pullarà Santi la necessità di chiedere a GRECO Giuseppe, esponente di vertice del sodalizio mafioso di Santa Maria di Gesù, l’autorizzazione per dare corso alle sue iniziative economiche, così come previsto dalle ferree regole di Cosa Nostra per il controllo del tessuto territoriale e imprenditoriale, valide anche per gli affiliati.
Infine, grazie alle ampie risultanze investigative, è stato valutato come, a fronte delle ingenti risorse economiche gestite dai Pullarà e dell’alto tenore di vita documentato, nessuno degli appartenenti al nucleo familiare abbia mai dichiarato redditi o altre entrate significative.
In tale contesto è dunque risultato evidente che la famiglia Pullarà ha potuto contare, ab origine, su risorse di provenienza illecita destinate agli investimenti connessi con l’acquisto dei terreni e con le successive edificazioni degli immobili oggi confiscati.