Secondo quanto emerge dagli atti dell’inchiesta il Pm Luca Palamara, già presidente dell’Anm, aveva piani per le nomine nelle procure, una strategia per garantirsi il posto da procuratore aggiunto a Roma e pensava anche di uscire a testa alta dalla bufera dell’inchiesta di Perugia che lo aveva appena travolto. Luca Palamara aveva anche dei piani per vendicarsi con chi lo aveva messo nei guai: l’ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Paolo Ielo e il procuratore capo di Perugia, da poco in pensione, Luigi De Ficchy. Queste ed altre pratiche sul filo del codice penale sarebbero state commesse da Luca Palamara e sarebbero emerse dalle centinai di intercettazioni e captazioni che tratteggiano i contorni dello scandalo del mercato delle toghe che ha travolto il Csm e che ha svelato gli accordi sottobanco tra magistratura e politica per gestire gli incarichi ai vertici degli uffici giudiziari più importanti d’ Italia, primi tra tutti quelli di Roma e Perugia. Era ed è esattamente quello che succede da sempre, solo che questa volta c’è un magistrato inquirente che queste pratiche vergognose le ha messe nero su bianco e sono finite in una inchiesta per rischia di far deflagrare i rapporti tra politica e giustizia.
Palamara parla anche di quando era nel Consiglio e delle strategie usate per controllare le assegnazioni delle poltrone in alcune procure strategiche, come quella di Napoli: “A Napoli abbiamo dato una marea di inc….”. Racconta di un magistrato rimasto escluso da un giro di accordi: “Dovevamo inculà Cananzi, ha iniziato a dare le botte contro il muro, a urlà come un pazzo”. Il linguaggio non è decoroso, quello che si dice non è degno del ruolo. Poi, però, queste cose andrebbero indagate meglio per capirne il senso e dunque verificarne la liceità.
Ma passiamo in rassegna alcuni degli atti dell’inchiesta che sta screditando l’intero ordine giudiziario. È il 16 maggio quando il consigliere del Csm Luigi Spina – indagato e dimissionario – confida a Palamara dettagli dell’inchiesta a suo carico, contenuti nell’informativa trasmessa alla I commissione, della quale fa parte. Insieme, studiano una strategia per gestire le conseguenze dell’indagine. “Il problema è capire, come rimango in magistratura? Come un vincente o come un perdente? Se perdo la battaglia dell’Aggiunto sono un perdente”, dice Palamara, che ha pronto un piano B: fare la domanda per entrare nel collegio del Garante della privacy, “la domanda la faccio, almeno posso dire: C’ho ripensato”.
L’amico, invece, sostiene che debba pazientare, perché “avrai la tua rivincita, si vedrà che chi ti sta fottendo, forse sarà lui a doversi difendere a Perugia. Noi a Fava lo chiamiamo”. Il riferimento è al pm di Roma Stefano Fava, autore di un esposto su Ielo e Pignatone presentato al Csm. Palamara è agguerrito: “Io vado a finire nel calderone della prima – commissione, ndr – io, Pignatone e Ielo mi sta bene”. Poi, parte la strategia per tentare di garantire al pm l’incarico da aggiunto per il quale ha fatto domanda: il piano è ritardare le nomine. “Gli aggiunti prima di luglio non li fai fare”, dice Palmara. E Spina: “Non li faccio fare manco per idea”. Il pm ha un obiettivo: “Voglio vedere se ho l’archiviazione o se c’ è la proroga. Nella prima settimana di giugno lo saprò”. Chiede poi all’amico di intercedere con Ermini: “Gli devi dire: Puoi stare tranquillo sulla vicenda di Luca”.
Palamara è convinto di essere stato raggirato: sostiene che gli abbiano fatto “un’iscrizione a tempo”, che “De Ficchy era amico di Centofanti”. Si riferisce a Fabrizio Centofanti, l’imprenditore che, per l’accusa, avrebbe corrotto Palamara con soldi, viaggi e regali. Il pm ne parla anche con il collega Fava. È pronto a denunciare l’ex procuratore di Perugia: “Abuso d’ufficio». E va oltre: “Se mi fa saltare la cosa di Aggiunto, ipoteticamente parlando, gli faccio causa civile”. E sbotta: “La liquidazione me la prendo io, la sua”.
Palamara sostiene che quando Centofanti era stato arrestato, nel 2018, De Ficchy cercava di mettere una buona parola per l’imprenditore: “Veniva per parlarmi di Centofanti e del perché lo avevano arrestato, e perché è una brava persona, voleva carte da Tivoli che lo riguardavano”. Aggiunge che quando aveva scoperto dell’informativa mandata a Perugia aveva chiesto a sua volta notizie all’ ex procuratore umbro: «Lui mi fa: Di che parli? Da quel momento inizia a negarsi”.
Di De Ficchy il pm parla anche con il deputato del Pd Luca Lotti.
Racconta di avere organizzato un incontro tra Pignatone e l’ex capo della procura umbra, quando non erano in buoni rapporti. E che ora quella pacificazione potrebbe esserglisi ritorta contro, con il primo che ha inviato le carte a Perugia e il secondo che ha aperto l’inchiesta: “Secondo te il primo incontro riservato Pignatone-De Ficchy dove l’ ho fatto? Me l’ha chiesto Pignatone quando ho fatto De Ficchy. Mo mi so rotto”. Ma dalle intercettazioni emerge anche altro. Nella riunione dell’8 maggio, Palamara, i due deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti e i consiglieri parlano anche di un collega che ha un procedimento pendente in I commissione, quella di cui fa parte Spina. Dicono che di lui ha parlato anche Mattarella. Spina dice che sta tenendo ferma la pratica: “Io la sto a fermà, ma non è che la posso fermà sempre”.
Ma i legami di Palmara vanno oltre la politica e la magistratura.
Agli atti c’ è un’intercettazione con il patron della Lazio, Claudio Lotito, in cui il pm si assicura che il consigliere Spina e i suoi figli abbiano posti vip – e gratis – per la finalissima di Coppa Italia, tra Lazio e Atalanta. Il giorno prima del match Palamara chiede a Lotito il favore.
“Questi sono tribuna autorità centrale – spiega Lotito alla segretaria – i migliori posti”. Mezz’ora dopo, Palamara ritelefona allarmato: «Claudio! Ma a Luigi (Spina, ndr) non l’ha chiamato nessuno”. Il presidente della Lazio si rivolge alla sua collaboratrice e la rimprovera: «Te l’ho detto Spina è il primo, ti ho detto Spina è il primo in assoluto”.