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Economia

Vola lo spread a 293. E sulla lettera all’Ue è giallo sul testo da spedire

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Economia stagnante, spread che vola fino a quota 293, con i titoli a breve termine che quasi fanno peggio della Grecia, borse in tensione soprattutto per l’annuncio di Donald Trump di una nuova ‘guerra dei dazi’, stavolta con il Messico. E’ in questa cornice gia’ di per se’ preoccupante che in Italia si consuma un vero e proprio ‘giallo’ sulla risposta da dare ai rilievi di Bruxelles sul debito pubblico. Il testo, arrivato alla stampa per via parlamentare, fa irritare i pentastellati che con il premier Luigi Di Maio chiedono di verificare il testo mentre in contemporanea arriva la secca smentita del ministero dell’Economia e successivamente l’intervento del presidente del Consiglio che annuncia di aver ricevuto una lettera diversa, non ancora approvata, e che si ricorrera’ anche alla via giudiziaria contro la diffusione di testi ‘fake’. C’e’ poi un altro spunto che fa crescere la tensione tra le due anime del governo: e’ la flat tax sulla quale c’e’ il pressing del leader della Lega Matteo Salvini. L’economia e la politica si intrecciano per quella che appare una giornata di ‘passione’ per il governo: dalla flat tax al Pil, con lo spread che sale fino a 293 punti e poi chiude a 287, e la borsa costantemente in negativo. La mattina si apre con la revisione dell’andamento del Pil da parte dell’Istat: il primo trimestre e’ andato un po’ peggio di quanto si stimava, segnando un +0,1% anziche’ +0,2% indicato in precedenza. E soprattutto, sull’anno la proiezione al momento non e’ piu’ di un +0,1% ma ha il segno meno. Anche se di un solo decimale si tratta di un calo su base annua che non si registrava da fine 2013, quando l’Italia era ancora nella morsa della recessione. “Andamento stagnante” lo definisce senza mezzi termini l’istituto di statistica, mentre il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, mette in guardia sui rischi di rialzi dello spread che potrebbero ‘fagocitare’ rapidamente anche l’utilizzo del deficit. C’e’ poi la flat tax. Il leader della Lega Matteo Salvini prende spunto dalle considerazioni finali del Governatore per chiedere di accelerare sulla flat tax. La risposta di M5s arriva poco dopo: i pentastellati si dicono disposti all’intervento anche in deficit. Ma poi quando arriva il primo testo della lettera all’Ue, leggono tra le righe che i risparmi arrivano dal welfare, leggi dal Reddito di Cittadinanza. “Magari e’ utile fare un vertice di maggioranza con la Lega insieme al presidente Conte e allo stesso Tria, cosi’ sistemiamo insieme questa lettera, prima che qualcuno la mandi a Bruxelles!”, scrive su Facebook, Luigi Di Maio. Gia’ perche’ l’orologio scorre e Bruxelles si attende l’arrivo della lettera di Giovanni Tria con i ‘fattori rilevanti’ che dovrebbero servire a sventare l’apertura di una procedura di infrazione e la richiesta di manovre correttive, giustificando lo scostamento dei conti rispetto agli obiettivi concordati con la Ue. Nel testo circolato nel pomeriggio si riconoscono diverse delle argomentazioni che il governo italiano ha gia’ illustrato nel Def ad aprile, e che il ministro dell’Economia ha ripetuto da ultimo anche ieri al Festival di Trento. L’Italia, i concetti espressi in quella missiva smentita poi dal Tesoro, ha assorbito peggio di altri l’imprevista battuta d’arresto che ha colpito tutta Europa, ha fatto comunque sforzi “significativi” di riduzione del deficit. E anche sul fronte del disavanzo strutturale non ci sono “deviazioni significative” che la Ue vede sulla base di un metodo di calcolo che e’ ancora penalizzante per Roma, nonostante la revisione dell’output gap. Non solo, c’e’ la fiducia sulla possibilita’ nel 2019 di fare anche meglio di quanto previsto e l’impegno a rispettare i target per il 2020. Ma, ed e’ qui la nota ‘stonata’ e che ha mandato su tutte le furie l’M5S Luigi Di Maio, nella lettera Tria ipotizza risparmi sul welfare, cioe’ a reddito di cittadinanza e quota 100. Non erano questi evidentemente gli accordi, che volevano si’ una spending review ma senza toccare le misure di bandiera gialloverdi. La bozza smentita conteneva anche uno stop all’ipotesi, circolata in mattinata e sostenuta da entrambi i partiti di maggioranza, di andare avanti “in deficit” con il progetto della flat tax. Una strada preclusa nelle parole del ministro contenute della bozza, che dicevano chiaramente che il taglio delle tasse si puo’ fare ma “fatti salvi gli obiettivi di riduzione del disavanzo”. Difficile immaginare che Tria non condivida almeno questa ultima affermazione. Ma per verificarlo bisognera’ attendere la lettera ufficiale, il cui invio e’ stato annunciato “stasera entro i tempi previsti”.

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Economia

Al Nord stipendi talvolta quasi il doppio rispetto al Sud

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Dalla Lombardia alla Calabria l’Italia resta divisa in due anche negli stipendi, che al Nord sono mediamente più alti del 35% rispetto a quelli del Sud. I conti in busta paga li ha fatti la Cgia di Mestre, elaborando dati Inps e Istat: se gli occupati nelle regioni settentrionali hanno una retribuzione media giornaliera lorda di 101 euro, i colleghi meridionali ne guadagnano solo 75. Una differenza, afferma l’ufficio studi mestrino, dovuta alla maggiore produttività del lavoro al Nord, che supera del 34% il dato delle regioni meridionali. Il confronto in termini assoluti rende chiarissima questa disparità: la retribuzione media annua lorda di un lavoratore dipendente in Lombardia è pari a 28.354 euro; in Calabria ammonta a poco più della metà, 14.960 euro. Ma se nel primo caso la produttività del lavoro è pari a 45,7 euro per ora lavorata, nel secondo è di 29,7.

Squilibri retributivi che del resto, osserva la Cgia di Mestre, si riscontrano anche tra le diverse aree del Paese, quelle urbane e quelle rurali. Tema che le parti sociali hanno tentato di risolvere, dopo l’abolizione delle cosiddette gabbie salariali avvenuta nei primi anni ’70 del secolo scorso, attraverso l’impiego del contratto collettivo nazionale del lavoro. L’applicazione, però, ha prodotto solo in parte, per la Cgia, gli effetti sperati. Le disuguaglianze salariali tra le ripartizioni geografiche sono rimaste. Anche perchè nel settore privato le multinazionali, le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie/assicurative/bancarie (che tendenzialmente riconoscono ai dipendenti stipendi più elevati) sono ubicate prevalentemente nelle aree metropolitane del Nord.

A pesare inoltre è il lavoro irregolare, molto diffuso nel Mezzogiorno, che da sempre provoca un abbassamento dei salari contrattualizzati dei settori che tradizionalmente sono investiti da questa piaga sociale (agricoltura, servizi alla persona, commercio) Quanto alle città con gli stipendi più alti, spicca su tutte Milano, con 32.472 euro annui, seguita da Parma (26.861 euro), Modena (26.764 euro), Bologna (26.610), Reggio Emilia (26.100). I lavoratori dipendenti più poveri, invece, si trovano a Trapani dove percepiscono una retribuzione media lorda annua di 14.365 euro, a Cosenza (14.313 euro), Nuoro (14.206 euro). Negli ultimi posti della classifica vi sono i lavoratori dipendenti di Vibo Valentia, con una busta paga media di 12.923 euro l’anno contro una media italiana di 22.839 euro.

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Economia

Assicurazioni,utili su nei 6 mesi,12 miliardi per 4 big

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Dopo un 2023 da record, continua il periodo di crescita per il settore assicurativo. Nel primo semestre del 2024 bilanci ancora nel segno più con 4 grandi protagonisti internazionali del settore, ovvero Generali e Unipol dalle radici italiane, insieme ad Allianz e Axa, che da soli hanno chiuso il periodo con oltre 12 miliardi di utili, in crescita del 4,4% rispetto ai primi 6 mesi dello scorso anno. A rilevarlo è un report dell’Ufficio Studi e Ricerche della Fisac Cgil condotto sui bilanci delle quattro grandi compagnie assicurative europee. Complessivamente, i quattro grandi gruppi hanno superato i 204 miliardi di euro di premi (Danni e Vita) con un incremento di oltre il 9% rispetto all’anno precedente.

La crescita nei Rami Danni, che hanno presentato un utile operativo tecnico di 9,1 miliardi è stata del 3%, mentre i Rami Vita hanno rilevato un utile operativo tecnico di 6,5 miliardi con un incremento più marcato del 7%. Il campione italiano, Generali e Unipol, ha registrato utili a 2,6 miliardi di euro di utili nel primo semestre, rispetto ai 2,8 miliardi registrati nei primi sei mesi dello scorso anno. La leggera diminuzione è principalmente imputabile a utili non ricorrenti e one-off di Generali lo scorso anno, in assenza dei quali l’utile normalizzato sarebbe risultato stabile a 2 miliardi di euro, mentre Unipol è passata da 517 milioni di euro al semestre 2023 a 555 milioni di euro al 30 giugno 2024, con un incremento del 7%.

L’utile di Allianz migliora del 13,9% passando dai 4,6 miliardi di euro del 2023 ai 5,3 miliardi del 2024, mentre Axa conferma sostanzialmente l’utile del primo semestre dell’anno passato, pari a 4,1 miliardi di euro, a 4,2 miliardi nel 2024. Il settore assicurativo, conclude lo studio, si è quindi confermato nel complesso ancora una volta molto solido e, come riporta la Fisac Cgil con indici di solvibilità in deciso incremento. Gli ottimi risultati del comparto vengono evidenziato dalla ricerca della Fisc Cgil anche nell’ottica dei prossimi rinnovi di contratto: “Ancora una volta registriamo risultati estremamente positivi sul fronte della redditività e della solidità del settore assicurativo. Risultati raggiunti grazie all’impegno delle lavoratrici e dei lavoratori del settore che meritano un significativo riconoscimento, a partire dai prossimi rinnovi contrattuali, di primo e secondo livello”, dice la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito. (

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Ambiente

L’Italia pensa al nucleare, 50 miliardi l’impatto sul Pil

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Il tema del nucleare di ultima generazione irrompe al forum Teha di Cernobbio con con gli imprenditori e operatori del settore che chiedono di “fare presto” per evitare di perdere l’opportunità per gli investimenti. Una tecnologia che porterebbe benefici alla crescita economica del Paese un impatto sul Pil di 50,3 miliardi al 2050. La posizione del governo non si fa attendere con il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin che annuncia l’arrivo “entro fine anno” di un “disegno di legge, che conterrà la normativa primaria e dove saranno previsti i soggetti regolatori”.

L’Italia, di fatto, rientrerebbe nel nucleare. Da Villa d’Este, sul lago di Como, sono Edison e Ansaldo Nucleare ad illustrare l’impatto dell’atomo sulla decarbonizzazione energetica e sull’economia italiana. Il nucleare di ultima generazione, secondo una analisi illustrata a Cernobbio, può abilitare al 2050 un mercato potenziale fino a 46 miliardi di euro, con un valore aggiunto attivabile pari a 14,8 miliardi di euro. Ma c’è di più perché considerando anche i benefici indiretti e dell’indotto, sarà possibile creare oltre 117.000 nuovi posti di lavoro. Il nuovo nucleare non è soltanto una “risorsa preziosa per raggiungere gli obbiettivi di transizione energetica ma costituisce una vera e propria occasione di rilancio industriale per il Paese”, spiega Nicola Monti, amministratore delegato di Edison.

“L’Italia ha l’occasione – aggiunge – di essere protagonista, se da subito viene definito un piano industriale di medio-lungo periodo”. Sui tempi è il ministro Pichetto a fissare dei punti fermi. Per fine anno arriverà “l’analisi complessiva sul nucleare e su ciò che bisognerà introdurre come norma primaria che deve trasformarsi in disegno di legge”. I tempi li detterà il “parlamento, ma auspico che nel corso del 2025 che si possa chiudere quello che è il processo di valutazione normativa”. E sull’ipotesi di un nuovo referendum, “non faccio il mago di conseguenza la libertà di raccogliere firme e fare i referendum c’è”. In passato gli italiani si sono espressi su una “tecnologia di 60 anni fa, quella di prima e seconda generazione”, prosegue il ministro, ribandendo che “guardiamo al nuovo nucleare, che non prevede la costruzione di grandi centrali.

Pensiamo invece ai agli Small modular reactor e agli Advanced modular reactor”. In Italia c’è grande fermento tra i principali protagonisti del settore dell’energia per essere pronti ad affrontare la sfida del nuovo nucleare. Da mesi, infatti, sono stati siglati numerosi accordi di programma finalizzati allo ricerca ed allo sviluppo della tecnologia nucleare. Tra le ultime intese, ma solo in ordine di tempo, c’è quella tra Edison, Federacciai e Ansaldo Energia per decarbonizzare le acciaierie italiane. Per l’Italia si riapre una nuova “riflessione sul ruolo benefico che le nuove tecnologie nucleari disponibili o in via di sviluppo possono giocare nel mix energetico italiano”, spiega Daniela Gentile, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare. Il nucleare di nuova generazione conta attualmente, a livello globale, oltre 80 progetti in via di sviluppo.

Nello sviluppo del nuovo nucleare, secondo l’analisi di Edison, Ansaldo Nucleare e Teha, l’Italia può contare su competenze lungo quasi tutta la catena di fornitura e su un sistema della ricerca all’avanguardia. Lo studio, inoltre, ha identificato 70 aziende italiane specializzate nel settore dell’energia nucleare che confermano una “forte resilienza di questo comparto a tre decenni dall’abbandono della produzione in Italia”. Il valore strettamente legato all’ambito nucleare generato dalle aziende di questa filiera si attesta nel 2022 a 457 milioni di euro, con circa 2.800 occupati sostenuti, e l’Italia che si posiziona quindicesima a livello globale e settimana in Ue-27 per export di reattori nucleari e componenti tra il 2018 e il 2022.

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