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Cultura

Parco Archeologico dei Campi Flegrei, accordo culturale con la Cina: in arrivo turisti e tesori d’arte

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Napoli e Cina vicine nel segno della cultura. Nasce una cooperazione che ha come anello di congiunzione, tra i Campi Flegrei e il Sichuan, il MANN – Museo archeologico nazionale di Napoli, nell’ambito delle attività di cooperazione promosse dal “Forum culturale Italia-Cina”. Il fine è quello di promuovere l’export italiano, ed in particolare quello partenopeo, in Cina e il turismo cinese in Italia per capitalizzare e far leva sulla forza del brand “Made in Italy”.

Mentre è in corso una mostra in Cina fino al luglio 2019, con 120 opere che propongono in una nuova chiave interpretativa non soltanto la storia, ma soprattutto la vita quotidiana a Pompei, il Mann ospita dal 14 dicembre 2018 al 14 marzo 2019 la grande mostra “Mortali-Immortali: i tesori dell’antico Sichuan” con reperti dall’età del bronzo sino al II sec. d.C. per la prima volta esposti con completezza in Europa, e una serie di iniziative dedicate alla Cina che continueranno per tutto il 2019 con il coinvolgimento di artisti contemporanei come Cai Guo-Qiang. Nell’ambito di questo gemellaggio culturale è stato stipulato un protocollo d’intesa tra il Parco Archeologico dei Campi Flegrei, il MANN ed il Museo della Sichuan University (PRC) per la creazione di mostre, scambio di esperti e ricerche volte ad applicare metodologie innovative e sperimentali. Scambi culturali, promozione del patrimonio e cooperazione per lo sviluppo della rete museale: questi i punti dell’accordo di cooperazione.

“Il protocollo di Chengdu dimostra l’evoluzione in chiave di politica internazionale della strategia culturale del Mibac, del MANN e del neonato Parco Archeologico dei Campi Flegrei – ha detto  Paolo Giulierini direttore del Parco Archeologico – consentendo il reciproco arricchimento tra i due Paesi che hanno espresso nel passato gli imperi più solidi e conquiste culturali di portata universale e oggi hanno la volontà di mettere a confronto in forma strutturata le esperienze più avanzate in chiave di tutela, gestione e valorizzazione di Musei e Parchi Archeologici di Oriente e Occidente”.

Uno scambio che tende a rafforzare la comunicazione su tecniche, metodi ed esperienze nel campo della conservazione dei Beni culturali e dei siti archeologici, per lavorare a progetti per la fusione di tradizione e modernità, attraverso le best practice e le tecnologie italiane per la tutela e la valorizzazione per esibire antichi ritrovamenti urbani nelle città moderne, in un dialogo temporale continuo.

 

 

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Cultura

Ritrovato il 145/o manoscritto del Milione di Marco Polo

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Proprio nell’anno che celebra i 700 anni dalla morte di Marco Polo, è stato ritrovato un manoscritto del Devisement dou monde/Milione presente nei cataloghi, ma ignoto agli studi su Marco Polo (è assente da tutti i censimenti del Milione) che risulta essere l’ultimo dei codici oggi noti in ordine di tempo del testo del grande viaggiatore veneziano. Sono 145 raggruppati in diverse famiglie.

Il ritrovamento, che si inserisce nel più ampio lavoro sul Milione coordinato da Eugenio Burgio, Marina Buzzoni e Samuela Simion dell’Università Ca’ Foscari Venezia e Antonio Montefusco dell’Università di Nancy, riveste notevole interesse perché aggiunge nuove importanti informazioni riguardo alla trasmissione del testo e alle sue varie versioni. La storia della diffusione del Milione è in effetti una delle più intricate e appassionanti della letteratura medievale: il successo dell’opera determinò una fioritura di traduzioni, riscritture, adattamenti, riflesso dei numerosi ambienti in cui il testo fu letto.

Il manoscritto è un testimone quasi ignoto di una traduzione realizzata mentre Marco era ancora vivo, ed è da questa traduzione che derivano le versioni con cui il Milione venne conosciuto e letto. Il manoscritto è conservato nella Biblioteca Diocesana Ludovico Jacobilli di Foligno, con segnatura Jacobilli A.II.9, e trasmette la traduzione che gli studiosi chiamano VA, realizzata entro il primo quarto del Trecento nell’Italia nord-orientale.

L’importanza di questa traduzione risiede soprattutto nell’ampiezza della sua diffusione: il testo di VA venne infatti sottoposto a numerose traduzioni, sia in latino che in volgare, tanto che gran parte dei manoscritti superstiti è, direttamente o indirettamente, una sua emanazione. È quindi la versione in cui il libro di Marco Polo venne più letto e conosciuto in Europa.

Solo nei prossimi mesi si potrà aggiungere qualche informazione sulla posizione del manoscritto all’interno della tradizione manoscritta del Milione, in attesa di uno studio più ampio che sarà pubblicato su una delle riviste principali del settore. Tra le attività dell’anno dedicato a Marco Polo anche la pubblicazione della prima edizione digitale dell’opera di Marco Polo, resa disponibile agli studiosi di tutto il mondo e pubblicata da Edizioni Ca’ Foscari in open access e open source.

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Cultura

John & Yoko, amore musica e politica nel docu da Oscar

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John Lennon fa fare l’aeroplanino al figlioletto Sean appena nato e poi lo porta a spasso mentre Yoko Ono gli dà la pappa nella cucina dell’appartamento nel Dakota Building con vista su Central Park: un quadretto familiare tenero che è una delle tante scoperte di ‘One to One: John & Yoko’, il documentario dello scozzese Kevin MacDonald con Sam Rice-Edwards che è una vera e propria immersione negli anni newyorkesi di Lennon ormai separato dai Beatles. Il film è in anteprima mondiale fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia e poi andrà al festival di Telluride.

Il regista ha potuto accedere all’archivio Lennon e alla Lennon’s Estate e ricostruire l’esperienza della coppia che tra musica, concerti benefici, manifestazioni partecipava alla vita culturale della città e soprattutto a quella politica. Erano gli anni della guerra in Vietnam, dei cortei dei giovani che chiedevano stop the war e peace now – scene e frasi drammaticamente attuali – del presidente Nixon da boicottare ma che invece veniva rieletto, del governatore razzista dell’Alabama George Wallace oggetto di un attentato che infiammò l’America.

Cosa non si è detto, visto, scritto dei FabFour, del loro addio – The Beatles: Get Back di Peter Jackson nel 2021 è solo l’ultimo degli approfondimenti – di Yoko Ono rovina Beatles eccetera eccetera? Eppure One to One: John & Yoko getta nuova luce. Innanzitutto il periodo non troppo indagato: siamo nel 1971-1972, la coppia innamoratissima era arrivata dall’Inghilterra, aveva preso casa al 496 di Broome Street a Soho e al 105 di Bank Street al Village, trascorreva giornate a letto, il famoso periodo peace and love, strimpellando, cantando, intervenendo nei programmi tv, ma cominciava di fatto una nuova vita. Fu allora che John e Yoko si impegnarono pesantemente in cause politiche e realizzarono Some Time in New York City, passato alla storia come il peggior album di Lennon e soprattutto il concerto di beneficenza per la famigerata Willowbrook State School per bambini con disabilità intellettive, che un’inchiesta tv aveva svelato come un istituto in pratica di detenzione pediatrica.

Lennon e Ono (la cui figlia Kyoko avuta dall’ex marito Anthony Cox, le era stata sottratta con grande dolore) si buttano con generosità nella realizzazione del concerto così come in altre cause, spesso insieme all’attivista sociale Jerry Rubin e al padre beatnik Allen Ginsburg, tentando di coinvolgere anche un recalcitrante Bob Dylan e quegli slanci sono forse una delle belle scoperte del documentario. One to One ebbe luogo al Madison Square Garden il 30 agosto 1972, l’unico concerto completo che Lennon tenne dopo aver lasciato i Beatles e prima che venne ucciso da un fan squilibrato sotto casa l’8 dicembre 1980. Il film è il racconto di anni irrequieti per l’America, per Lennon e Yoko (femminista della prima ora partecipa alla prima storica riunione, 1971), tra pubblico e privato.

E poi però c’è la musica Imagine, Looking over from my hotel window, Hound Dog, Come together, 39, Mother e tante altre. “L’idea del film – ha detto il regista – è stare con loro, come seduti nella loro casa, c’è intimità, c’è la storia del dolore di Yoko che cercava la figlia e c’è anche la loro vulnerabilità di famosi, ricchi, generosi e idealisti che volevano fare la rivoluzione ma poi disillusi pensarono alle piccole cose da cambiare, come far star meglio i bambini della Willowbrook School”. E poi, se pure è un tema divisivo dagli anni ’60, c’è Yoko Ono “questo film ha dato a Yoko la possibilità di essere vista, uguale a John”.

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Cultura

Il mare delle Egadi restituisce un rostro in bronzo

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Fu l’arma letale nella Battaglia delle Egadi, combattuta a nord-ovest dell’isola di Levanzo nel 241 avanti Cristo, che segnò la fine della prima guerra punica con la vittoria dei Romani sui Cartaginesi. Era il rostro a tre fendenti che si allungava a prua dell’imbarcazione. La trireme, lanciata a velocità sulle navi nemiche determinava, con il colpo del rostro, squarci micidiali nelle navi nemiche causandone il loro affondamento. L’ultimo importante reperto archeologico di questo tipo è stato appena restituito dal mare delle Egadi.

La campagna di ricerche di agosto ha, infatti, consentito di recuperare un rostro in bronzo che si trovava su un fondale a circa 80 metri di profondità. Il reperto è stato recuperato dai subacquei della “Society for documentation of submerged sites” (Sdss) con l’ausilio della nave oceanografica da ricerca “Hercules” che negli anni ha permesso, grazie alle sofisticate strumentazioni presenti a bordo, l’individuazione e il recupero di numerosi reperti riguardanti l’importante evento storico del III secolo a.C. Il rostro è stato trasferito nel laboratorio di primo intervento nell’ex Stabilimento Florio di Favignana ed è già al vaglio degli archeologi della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana.

Le sue caratteristiche sono simili a quelle degli altri già recuperati nelle precedenti campagne di ricerca: nella parte anteriore una decorazione a rilievo che raffigura un elmo del tipo Montefortino con tre piume nella parte superiore, mentre le numerose concrezioni marine non consentono ancora di verificare la presenza di iscrizioni. Le attività di ricerca nel tratto di mare tra Levanzo e Favignana sono condotte da circa 20 anni da un team formato dalla Soprintendenza del Mare, dalla statunitense Rpm Nautical Foundation e dalla Sdss.

“I fondali delle Egadi sono sempre una fonte preziosa di informazioni per aggiungere ulteriori conoscenze sulla battaglia navale tra la flotta romana e quella cartaginese. L’intuizione di Sebastiano Tusa continua ancora oggi a ricevere conferme sempre più puntuali, avvalorando gli studi dell’archeologo che avevano consentito l’individuazione del teatro della battaglia” ha commentato l’assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato. “Con quest’ultimo rostro – sottolinea l’assessore -, salgono a 27 quelli ritrovati a partire dai primi anni Duemila. Negli ultimi 20 anni sono stati individuati anche 30 elmi del tipo Montefortino, appartenuti ai soldati romani, due spade, alcune monete e un considerevole numero di anfore”. La battaglia delle Egadi, descritta da Polibio e da molti altri storici antichi, concluse la lunga prima guerra punica grazie ad una svolta impressa dall’audace ammiraglio Lutazio Catulo che sbloccò una situazione di stallo anche grazie a un’arma micidiale come quella rappresentata dal rostro.

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