“Per esprimere l’amore di Gesù si usa spesso il simbolo del cuore. Alcuni si domandano se esso abbia un significato tuttora valido. Ma quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore”. E’ il concetto espresso all’inizio di ‘Dilexit nos’ (Ci ha amati), la quarta enciclica di papa Francesco – contando anche la ‘Lumen fidei’ a quattro mani con Benedetto XVI – pubblicata oggi e dedicata all'”amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo”.
“In questo mondo liquido è necessario parlare nuovamente del cuore; mirare lì dove ogni persona, di ogni categoria e condizione, fa la sua sintesi; lì dove le persone concrete hanno la fonte e la radice di tutte le altre loro forze, convinzioni, passioni, scelte”, spiega il Pontefice. “Ma ci muoviamo in società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia, senza molta pazienza per i processi che l’interiorità richiede. Nella società di oggi, l’essere umano ‘rischia di smarrire il centro, il centro di se stesso'”, aggiunge. In altre parole, “manca il cuore”.
Proprio ad un mondo che “sembra aver perso il cuore” – così aveva detto annunciando il testo lo scorso 5 giugno – Francesco rivolge questo documento di cinque capitoli e 220 paragrafi, più breve della Laudato si’ e della Fratelli tutti, ma comunque corposo. Un testo meno di carattere ‘sociale’ rispetto alle precedenti encicliche, ma che secondo mons. Bruno Forte, teologo di vaglia, arcivescovo di Chieti-Vasto, “nasce dall’esperienza spirituale di papa Francesco, che avverte il dramma delle enormi sofferenze prodotte dalle guerre e dalle tante violenze in corso e vuol farsi vicino a chi soffre proponendo il messaggio dell’amore divino che viene a salvarci”.
E come tale “offre la chiave di lettura dell’intero magistero di questo Papa”: peraltro, appunto, “lungi dall’essere un magistero ‘schiacciato’ sul sociale, come a volte è stato maldestramente inteso”. Bergoglio propone un nuovo approfondimento sull’amore di Cristo rappresentato nel suo Sacro Cuore e invita a rinnovarne l’autentica devozione ricordando che nel Cuore di Cristo “possiamo trovare tutto il Vangelo”: è nel suo Cuore che “riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare”.
Francesco spiega che incontrando l’amore di Cristo, “diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune”, come invita a fare nella Laudato si’ e nella Fratelli tutti. E davanti al Cuore di Cristo, chiede al Signore “di avere ancora una volta compassione di questa terra ferita” e di riversare su di essa “i tesori della sua luce e del suo amore”, affinché il mondo, “che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti-umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore”. Insomma, è il cuore “che unisce i frammenti” e rende possibile “qualsiasi legame autentico, perché una relazione che non è costruita con il cuore è incapace di superare la frammentazione dell’individualismo”.
E la riflessione sulle Scritture, sui testi magisteriali, sulla spiritualità dei vari santi, tra cui Ignazio di Loyola, porta il Papa a quelle che sono le conseguenze sociali, perché il mondo può cambiare “a partire dal cuore”, proprio sulla base dei gesti e delle parole d’amore di Cristo. “Il Sacro Cuore di Gesù è una sintesi del Vangelo”, afferma. Ed è da qui che può nascere un nuovo “impegno comunitario e missionario”, come l’idea che “l’amore per i fratelli è il gesto più grande che possiamo offrire” a Gesù per ricambiarlo. Infine “imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno”, auspica il Papa nella preghiera finale.