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Cronache

Renzo Piano presenta il progetto del nuovo ponte di Genova, l’ad di Autostrade rompe pure il plastico

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La frase che resta della conferenza stampa di presentazione del ponte che sostituirà il Morandi crollato il 14 agosto è quella di Renzo Piano, l’architetto che ha donato il progetto alla sua città. «Questo ponte dovrà durare mille anni e dovrà essere d’acciaio». Aldilà delle macabre battute qualcosa del genere lo diceva nel dicembre del 2017 Autostrade per l’Italia in un video di presentazione del progetto della Gronda, opera pubblica che avrebbe dovuto doppiare ponte Morandi e dividere il flusso veicolare cittadino da quello commerciale, per evitare l’eccessiva usura del viadotto Polcevera troppo stressato da centinaia di migliaia di passaggi con ogni mezzo ad ogni ora del giorno e della notte.

Alla presentazione del progetto (ovviamente c’è il plastico, l’idea che va poi messa in atto) di viadotto dell’architetto Piano ci sono l’amministratore delegato di Autostrade Giovanni Castellucci, l’ad di Fincantieri Giuseppe Bono, il sottosegretario alle Infrastrutture Edoardo Rixi, il sindaco Marco Bucci, che già il giorno dopo la tragedia parlò con l’archistar che si metteva a disposizione della sua città per ricostruire subito un’opera di basilare importanza per la mobilità cittadina.

“Nel progetto – ha spiegato Piano – c’è qualcosa di una nave. Perché c’è qualcosa di Genova”. Il ponte dovrà essere “sobrio e parsimonioso”, anche queste sono virtù genovesi. Piloni a passo breve, cioè a 50 metri l’uno dall’altro, 22 campate, 43 lanterne – una per ogni vittima del ‘Morandi’ – e 18 pilastri che assomiglieranno alle chiglie delle navi.  Sarà un ponte “semplice” ed elegante”. “Ed è per questo, anche per questo, che ci teniamo a costruirlo bene e in fretta – ha aggiunto il dominus di Fincantieri, Bono – perché se lo merita Genova, e se lo merita il Paese”.

La conferenza stampa fila liscia senza problemi, tra le illustrazioni di Renzo Piano, gli impegni del commissario per la ricostruzione Giovanni Toti, il lavoro enorme che spetterà al sindaco per far funzionare la città senza il Morandi per oltre un anno. Poi c’è un piccolo incidente, segno del momento difficile che vive Autostrade. A fine conferenza stampa l’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia Giovanni Castellucci si è avvicinato al plastico mentre fotografi e telecamere lo riprendono,  ha preso in mano una parte del progetto realizzato dallo staff di Renzo Piano e l’ha fatto cadere mandandolo in mille pezzi. Renzo Piano, che aveva assistito al crash, ha provato a chiudere l’episodio con un sorriso e molta ironia. “Non cominciamo così per favore”, ha detto Piano. Quanto tempo ci vorrà per realizzare il nuovo viadotto? Rimosse le macerie, col progetto esecutivo già pronto, a giudicare da quel che dice il governatore della Liguria Giovanni Toti  “entro ottobre 2019, novembre al massimo, Genova avrà un nuovo ponte sul torrente Polcevera”.  “Il nuovo ponte non può essere un ponte normale, visto il dolore che ha provocato. Vogliamo costruire un simbolo per il futuro della città. Il progetto di Piano rappresenta l’essenzialità ligure ricca di significato, sarà costruito velocemente”. “Abbiamo chiesto a Società Autostrade, che dovrà collaborare al piano di demolizione, e a Fincantieri, eccellenza industriale italiana, un po’ anche genovese e ligure, che la priorità sia ricostruire rapidamente il ponte Morandi, perché la città ha bisogno di una completa viabilità” ha spiegato Toti.

Burocrazia zero per avviare la realizzazione dell’opera. Niente estenuanti atti per licitazioni private. Lo Stato se lo realizzerà in casa il ponte e allora “non ci dovrà essere una gara europea per la ricostruzione perchè se ci fosse una gara servirebbe un solo anno per organizzarla, anziché per ricostruire il viadotto”, ha detto Toti. «È probabile la creazione di un consorzio tra varie società che parteciperanno con un affidamento ‘in house’ alla costruzione – ha proseguito -. Abbiamo più volte chiesto al Governo di derogare al Codice degli appalti. Se ci fosse una gara europea sarebbe impossibile realizzare il nuovo ponte Morandi entro un anno”. Si vedrà. Certo è che l’intenzione, quella di Toti, è che “al progetto lavorerà un cantiere genovese”, riferendosi evidentemente “allo stabilimento Fincantieri di Sestri Ponente – con maestranze genovesi, uno stabilimento parte della storia della città”.

Intanto si sta pensando, ha detto il Governatore, “a demolire entrambi i monconi di ponte Morandi attraverso lo smontaggio in modo da non dover demolire le case sottostanti”. Ha spiegato che ci sono alcune ipotesi di demolizione al vaglio: “Non so se lo smontaggio completo andrà a buon fine”. L’obiettivo resta cominciare la demolizione entro fine settembre. E almeno una parte della demolizione potrà andare parallelamente alla ricostruzione. Ha spiegato che inizialmente si voleva demolire il moncone ovest con lo smontaggio, quello est con smontaggio ed esplosivo. Particolare che però costringerebbe a demolire 150 appartamenti. Anche su questo occorrerà fare chiarezza. Per ora sono al lavoro i vigili del fuoco con i loro mezzi per rimuovere macerie e pezzi del ponte Morandi pericolanti.

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Mai così tante famiglie operaie in povertà assoluta

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Essere o diventare poveri in Italia non è un’esperienza riservata a pochi. Nel 2023, con quasi 6 milioni di “poveri assoluti”, esattamente 5,69 milioni di residenti, si è toccato il record storico del numero di indigenti dal 2014, anno in cui si è cominciato a fare questo tipo di rilevazione. Dati alla mano, in Italia essere poveri è una condizione che riguarda più di una persona su dieci (10,6%), e i minori in condizioni di povertà sono arrivati a 1,29 milioni, anche questo un triste primato. La probabilità di essere povero aumenta ovviamente se si è disoccupati ma, meno ovviamente, aumenta anche se un lavoro ce l’hai e sei un operaio, un lavoratore dipendente, se vivi in una famiglia numerosa, se sei straniero e se vivi al Sud, benché anche al Nord stiano aumentando le famiglie in povertà.

Dal rapporto Istat, emerge che il disagio economico si aggrava per gli operai la cui quota in “povertà assoluta” è in continuo aumento. Le famiglie operaie in povertà nel 2023 hanno toccato il livello record di 16,5%, cioè un balzo di quasi due punti in più rispetto al 14,7% del 2022, stesso balzo anche per le famiglie operaie considerate in “povertà relativa” che passano dal 16,8% del 2022 al 18,6% del 2023. Il dato non stupisce considerando che la produzione industriale italiana ha segnato ad agosto il suo diciannovesimo mese di calo consecutivo mentre gli annunci di tagli, chiusure, cassa integrazioni, si susseguono con un bollettino senza tregua.

Ma la povertà inizia a erodere anche le categorie sociali considerate privilegiate. Nel 2023 sono aumentate le famiglie di “dirigenti, quadri e impiegati dipendenti” in “povertà assoluta”, passate dal 2,6% del 2022 al 2,8% del 2023 come quelle di “imprenditori e liberi professionisti” (da 1% all’1,7%). Migliora invece il tenore di vita delle famiglie di lavoratori autonomi: in questo segmento si registra una diminuzione delle famiglie in povertà assoluta che scendono dall’8,5% del 2022 al 6,8% del 2023. Meno prevedibile, e per questo più preoccupante, è l’aumento della povertà riscontrata nelle regioni del Nord Italia. Se l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si mantiene ancora più alta nel Mezzogiorno, dove coinvolge oltre 859mila famiglie cioè più del doppio delle famiglie in povertà assoluta nel Nord-Est (413mila), al Nord e al Centro la fetta di famiglie in povertà assoluta è in aumento: rispettivamente al Nord dal 42,9% del 2022 al 45,0% e al Centro dal 15,6% al 16,2%.

Mentre nel Mezzogiorno la percentuale diminuisce dal 41,4% al 38,7%. Stesse dinamiche si riscontrano nelle famiglie in “povertà relativa”. Nel report l’Istat segnala un “aumento dell’intensità in tutto il Nord (sia nel Nord-est che nel Nord-ovest, dove è pari a 19,4% e 19,9%, rispettivamente), e al Centro (20,2%), mentre il Mezzogiorno segnala una riduzione che porta i valori dell’intensità al 20,9%”. Viene considerata dall’Istat in “povertà relativa” una famiglia di due persone che abbia una spesa per consumi pari o al di sotto la soglia mensile di 1.210,89 euro. Se la famiglia è di quattro persone la soglia sale a 1.973,75 euro. Mentre viene considerato in “povertà assoluta” un single di 30-59 anni che vive nell’area metropolitana della Lombardia e spende 1.217,10 euro al mese, o se vive in Sicilia spende 756,16 euro al mese.

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Uccide la zia nel negozio e si barrica in casa

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Un’altra donna vittima di violenza, stavolta vicino a Firenze dove un giovane ha ucciso la zia nel negozio e poi, ancora armato, si è fatto arrestare dai carabinieri nell’orto. La vittima è Laura Frosecchi, 54 anni, sposata, due figli. Le ha sparato il nipote Mattia, 22 anni, disoccupato, stamani a Chiesanuova (Firenze), un paese di collina poco distante dalla città. Una cliente andata a fare la spesa ha trovato la vittima in una pozza di sangue, ha chiamato soccorso e una parente ha dato l’allarme al 118. Intanto il presunto omicida, fuggito verso la sua abitazione che è appena al di là della stessa strada, la provinciale Volterrana, ha contattato più o meno negli stessi momenti per telefono in un forte stato di agitazione i carabinieri di San Casciano Val di Pesa, che lo hanno riconosciuto e hanno avvisato il comando in città.

Per la donna, che lavorava col marito Stefano nell’alimentari di famiglia, un panificio ben avviato, i sanitari del 118 hanno subito constatato la morte. Invece, la presenza di una persona armata nel paese ha fatto scattare un piano di emergenza per isolare parte dell’abitato e cercare il colpevole. Sono stati inviati a Chiesanuova carabinieri protetti da caschi e giubbotti antiproiettile pronti per un’irruzione. In forze hanno raggiunto la casa del 22enne che con la pistola poteva diventare pericoloso per gli altri e per sé. Si era nascosto nel terreno retrostante, in un orto e qui lo hanno trovato dopo una prolungata trattativa. Grazie all’intervento di un negoziatore dell’Arma lo hanno convinto a consegnarsi. L’intervento, spiegano i carabinieri, è stato tale da “farlo desistere da ogni ulteriore iniziativa, anche autolesionistica”. La pistola è stata sequestrata, lui è stato portato in caserma a Firenze.

Quando l’auto con il fermato a bordo è transitata davanti al gruppo di residenti, sbigottiti per l’accaduto, alcuni lo hanno offeso. Un parente della vittima ha urlato “Sei un pezzo di m…’. Laura Frosecchi lavorava nell’alimentari dei suoceri, gestendolo insieme al marito Stefano. Il suo omicidio è un fatto eclatante per zone solitamente esenti da fatti di sangue. Subito tra i residenti è girata la voce che le avesse sparato il nipote, qualcuno lo avrebbe visto mentre si allontanava dal negozio. Secondo gli abitanti il 22enne girava armato di pistola e sarebbe coinvolto in “brutti giri”, pure il parroco è a conoscenza del fatto che aveva “difficoltà”. Le ricostruzioni sono in corso, a partire dal motivo per cui avrebbe ucciso la zia.

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Carabiniere ucciso nel 1987, Corte d’Assise vuole perizia fonica

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Nella tarda mattinata la Corte d’Assise d’appello di Bologna ha dato incarico per una perizia fonica sulla voce del telefonista che da una cabina del litorale ferrarese ai familiari chiese il riscatto di 300 milioni di lire per la liberazione di Pier Paolo Minguzzi, 21enne studente universitario di Alfonsine (Ravenna), figlio di imprenditori dell’ortofrutta e carabiniere di leva a Bosco Mesola, nel Ferrarese, rapito e subito ucciso nella notte tra il 20 e il 21 aprile 1987 mentre, in un periodo di licenza pasquale, rincasava dopo avere riaccompagnato la fidanzata. I suoi aguzzini infine lo gettarono nel Po di Volano da dove il corpo riaffiorò l’uno maggio successivo. In totale sono tre gli imputati: tutti assolti in primo grado il 22 giugno 2022, dopo poco più di un’ora di camera di consiglio a fronte di altrettante richieste di ergastolo, per non avere commesso il fatto.

Si tratta di due ex carabinieri al tempo in servizio alla caserma di Alfonsine: il 59enne Angelo del Dotto di Ascoli Piceno (avvocato Gianluca Silenzi) e il 58enne Orazio Tasca, originario di Gela (Caltanissetta) ma da anni residente a Pavia (avvocato Luca Orsini). E dell’idraulico del paese: il 67enne Alfredo Tarroni (avvocato Andrea Maestri). Parte civile, oltre ai familiari del defunto, figura il nuovo sindacato carabinieri (Nsc) con l’avvocato Maria Grazia Russo. In particolare la Corte bolognese vuole capire se chi aveva realizzato le telefonate estorsive alla famiglia Minguzzi, possa o meno essere identificabile in Tasca attraverso la comparazione delle registrazioni della voce dell’imputato provenienti dal processo per la tentata estorsione, sempre da 300 mila euro, a un altro imprenditore ortofrutticolo della zona, Contarini.

La Corte ha in particolare chiesto espressamente di indicare quali siano i criteri che i periti utilizzeranno. Il nuovo presidente della Corte, il giudice Domenico Stigliano, ha invitato i periti e i consulenti di parte alla massima collaborazione e lealtà al fine di raggiungere il fine ultimo comune a tutti: che è quello del perseguimento della verità. Le operazioni inizieranno il 4 novembre, data entro la quale anche Nsc avrà facoltà di nominare propri consulenti tecnici. I periti individuati dalla Corte sono l’ingegnere informatico Sebastiano Battiato (università di Catania) e la professoressa Chiara Meluzzi (università statale di Milano), linguista.

La scelta di quest’ultima è stata dettata dalla volontà della Corte di esplorare anche la possibile individuazione del dialetto di provenienza dell’estorsore, già indicata, genericamente nelle perizie di primo grado, in quella siciliana. Il termine per il deposito della perizia è di giorni 90. L’udienza per l’esame dei periti è stata fissata per il 10 febbraio. Ulteriore udienza istruttoria è stata fissata per il 17 febbraio. Nelle motivazioni di assoluzione, l’allora presidente della Corte d’Assise di Ravenna, il giudice Michele Leoni oggi in pensione, aveva scritto che si era trattato di “un omicidio di stampo mafioso”, un “classico esempio di lupara bianca”.

Tanto che l’eliminazione del ragazzo “avvenne con un rituale simbolico e tipico delle vicende di mafia”. E in quanto al riscatto, la spiegazione poteva celarsi dietro alla volontà di “infliggere alla famiglia un ulteriore pregiudizio” o a mero sciacallaggio. Di sicuro chi aveva rapito Minguzzi, aveva continuato per tutti il tempo a chiedere il riscatto ben sapendo che il ragazzo fosse già morto. Durante il processo di primo grado, il consulente nominato dal pm Marilù Gattelli, l’ingegnere Sergio Civino, era giunto alla conclusione di una forte corrispondenza tra la voce del telefonista e quella di Tasca. Il perito nominato dalla Corte d’Assise, il professor Luciano Romito, si era invece espresso escludendo categoricamente Tasca.

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