Le ultime elezioni regionali hanno segnato una nuova fase di declino per il Movimento 5 Stelle (M5S), che sembra sempre più relegato al ruolo di forza marginale e “cespuglio” del Partito Democratico (PD). Nonostante alcuni momenti di protagonismo, come in Umbria, i numeri delineano un panorama complesso e, per certi versi, critico per il partito guidato da Giuseppe Conte.
Il M5S nei numeri: un declino progressivo
In Emilia-Romagna, storica roccaforte del M5S delle origini, i numeri sono impietosi: il Movimento raccoglie appena il 3,6% dei consensi, posizionandosi come quarta forza su cinque nella coalizione a sostegno di Michele de Pascale. Ancora più emblematico è il dato delle preferenze: per la prima volta scendono sotto la soglia delle 100 mila, fermandosi a 53 mila voti. Per fare un confronto, nel 2020 erano 102 mila e nel 2010, agli albori del Movimento, 126 mila.
Anche in Umbria, dove il Campo Largo ha portato alla vittoria Stefania Proietti, il M5S ha registrato una flessione: si attesta al 4,8%, in calo rispetto al 7,4% del 2019 e all’8,7% delle Europee. Tuttavia, il ruolo strategico del Movimento è stato decisivo per il successo del centrosinistra, consolidando il valore della coalizione progressista.
Alle Comunali di Anzio e Nettuno, dove il M5S ha scelto di correre da solo, il risultato è stato altrettanto deludente, con il Movimento fermo intorno al 5%.
Il dibattito interno: campo largo o indipendenza?
I risultati elettorali hanno acceso un acceso dibattito all’interno del Movimento. Da un lato, i sostenitori del Campo Largo celebrano la vittoria e il ruolo del M5S come parte integrante della coalizione progressista. «Abbiamo costruito un percorso solido», ha commentato Roberto Fico, mentre Stefano Patuanelli ha esortato il Movimento a «ripartire con questo spirito».
Dall’altro, l’ala più indipendentista critica il ruolo subalterno al PD, sottolineando il rischio di una progressiva perdita di identità: «Il trionfo del Campo Largo è un cul-de-sac, con i Cinque Stelle ridotti a cespuglietto dei dem», osservano i detrattori.
Il ruolo di Giuseppe Conte e l’incognita Grillo
Nonostante il successo in Umbria, Giuseppe Conte ha preferito non farsi immortalare nella foto di rito con Stefania Proietti. La sua leadership è sempre più messa in discussione, soprattutto dai nostalgici del “fu Movimento”, che accusano l’ex premier di essersi allontanato dalle radici originarie del M5S.
Intanto, l’ombra di Beppe Grillo si fa sempre più ingombrante. Il garante, che negli ultimi mesi ha assunto posizioni polemiche verso il progetto di Conte, potrebbe tornare alla ribalta con un messaggio forte in vista della Costituente M5S. Secondo alcune indiscrezioni, Grillo starebbe valutando l’ipotesi di non partecipare all’assemblea e, addirittura, di lanciare un appello all’astensione come gesto simbolico.
Il bivio del M5S: identità o alleanze?
I risultati delle Regionali e delle Comunali confermano che il Movimento 5 Stelle si trova a un bivio: continuare a sostenere il Campo Largo e rischiare di essere percepito come un’appendice del PD, oppure provare a ricostruire un’identità autonoma, pur con il rischio di un isolamento politico che, come dimostrano i dati di Nettuno e Anzio, non sembra premiare.
Questa fase di transizione sarà decisiva per il futuro del Movimento, che dovrà rispondere a una domanda fondamentale: è ancora possibile recuperare l’anima originaria che aveva portato il M5S a essere la forza trainante della politica italiana, o il destino è quello di diventare un partito marginale nella galassia progressista?