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Politica

Elezioni Regionali 2025: sei Regioni al voto e il bilancio delle amministrazioni

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Con la recente tornata elettorale, il bilancio politico delle Regioni italiane vede dodici amministrazioni guidate dal centrodestra, sei dal centrosinistra e due autonomie speciali con governi autonomisti. Nel 2025, sei Regioni saranno chiamate al voto, un appuntamento cruciale che potrebbe ridisegnare la mappa politica del Paese.


Le Regioni governate dal centrodestra

Attualmente, il centrodestra governa in dodici Regioni, tra cui le più popolose come Lombardia e Veneto, rispettivamente guidate da Attilio Fontana e Luca Zaia, e in territori come Friuli Venezia Giulia, sotto la guida di Massimiliano Fedriga, e Liguria, con Marco Bucci alla presidenza. Ecco l’elenco completo delle Regioni guidate dal centrodestra:

  • Piemonte – Alberto Cirio
  • Basilicata – Vito Bardi
  • Abruzzo – Marco Marsilio
  • Molise – Francesco Roberti
  • Friuli Venezia Giulia – Massimiliano Fedriga
  • Lombardia – Attilio Fontana
  • Lazio – Francesco Rocca
  • Sicilia – Renato Schifani
  • Calabria – Roberto Occhiuto
  • Liguria – Marco Bucci
  • Marche – Francesco Acquaroli
  • Veneto – Luca Zaia

Il centrosinistra e le sue roccaforti

Il centrosinistra mantiene il controllo di sei Regioni, tra cui la Campania, guidata da Vincenzo De Luca, e la Puglia, con Michele Emiliano. Altre roccaforti includono la Toscana con Eugenio Giani e l’Emilia Romagna, dove governa Michele De Pascale. L’elenco completo delle Regioni amministrate dal centrosinistra è:

  • Campania – Vincenzo De Luca
  • Toscana – Eugenio Giani
  • Puglia – Michele Emiliano
  • Umbria – Stefania Proietti
  • Emilia Romagna – Michele De Pascale
  • Sardegna – Alessandra Todde

Autonomisti e Province speciali

In Valle d’Aosta, il governo è affidato a una coalizione autonomista di centro-sinistra, guidata da Renzo Testolin (Union Valdôtaine), mentre nella Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher guida una coalizione tra Südtiroler Volkspartei e centrodestra. La Provincia di Trento, invece, è governata da Maurizio Fugatti della Lega.


Regioni al voto nel 2025

Le elezioni regionali del 2025 coinvolgeranno sei territori:

  • Campania (centrosinistra, Vincenzo De Luca)
  • Puglia (centrosinistra, Michele Emiliano)
  • Toscana (centrosinistra, Eugenio Giani)
  • Valle d’Aosta (autonomisti e centrosinistra, Renzo Testolin)
  • Veneto (centrodestra, Luca Zaia)
  • Marche (centrodestra, Francesco Acquaroli)

Le date ufficiali non sono ancora state stabilite. Tuttavia, è possibile che venga organizzato un election day in autunno, anche se la Valle d’Aosta potrebbe decidere in autonomia, come previsto dalla sua legislazione speciale.


Uno sguardo al futuro politico regionale

Le prossime elezioni potrebbero rappresentare un punto di svolta per entrambe le coalizioni. Il centrosinistra è chiamato a difendere i suoi bastioni storici come Campania, Puglia e Toscana, mentre il centrodestra cercherà di consolidare il controllo in Regioni come Veneto e Marche.


Conclusione

Il panorama politico delle Regioni italiane resta dinamico, con equilibri in bilico e una competizione serrata all’orizzonte. Le elezioni regionali del 2025 saranno un banco di prova fondamentale per misurare la forza delle coalizioni e il gradimento degli elettori a livello locale.

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I presidenti di Regione e l’anno social: il report di Arcadia premia De Luca, Zaia e Fontana

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Da Facebook a Instagram, passando per X (ex Twitter) e TikTok, il mondo social dei presidenti di Regione è stato analizzato nel report annuale di Arcadia, che evidenzia trend, performance e strategie comunicative dei leader regionali italiani. A primeggiare nella classifica di engagement è la governatrice della Sardegna, Alessandra Todde, che conquista il pubblico su Facebook e Instagram grazie a un coinvolgimento di alto livello.


I leader social: chi spicca per follower e attività

  • Alessandra Todde è la regina dell’engagement sui social, con un primato sia su Facebook che su Instagram. La sua capacità di interazione con i follower la pone al vertice della classifica.
  • Luca Zaia, presidente del Veneto, si distingue per la sua prolifica attività sui social, dimostrandosi uno dei leader più presenti e attivi sulle piattaforme.
  • Vincenzo De Luca, governatore della Campania, registra il maggiore incremento di follower in un anno, consolidando la sua popolarità online.

Attilio Fontana: il più apprezzato dagli utenti

Nella classifica del sentiment, che analizza il gradimento degli utenti, il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, si conferma il più apprezzato per il secondo anno consecutivo. Con un 78% di mood positivo, Fontana incassa il sostegno più alto tra i governatori italiani, consolidando un rapporto di fiducia con il pubblico.


Autonomia differenziata: un tema che spinge l’engagement

Il tema dell’autonomia differenziata ha contribuito a incrementare la visibilità social di alcuni presidenti. Tra i più attivi nella discussione troviamo:

  • Vincenzo De Luca (Campania) e Luca Zaia (Veneto), protagonisti di accesi dibattiti sul tema.
  • Roberto Occhiuto (Calabria) e Renato Schifani (Sicilia), che si sono distinti con interventi frequenti e diretti sulle piattaforme.

Questi governatori hanno sfruttato i social per amplificare il dibattito, attirando interazioni e commenti significativi.


TikTok: una presenza ancora limitata

Nonostante la crescente popolarità di TikTok, solo nove presidenti di Regione hanno un account attivo sulla piattaforma. La preferenza continua a essere rivolta verso i social più tradizionali, come Facebook e Instagram, che rimangono centrali per la comunicazione politica.

Il report di Arcadia evidenzia come i presidenti di Regione utilizzino i social media per rafforzare la propria immagine e connettersi con i cittadini. Tuttavia, la presenza su piattaforme emergenti come TikTok rimane ancora marginale, segno che il processo di innovazione digitale è in evoluzione. Tra engagement, sentiment positivo e temi caldi come l’autonomia differenziata, il panorama social dei leader regionali si conferma dinamico e strategico.

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M5S: Da forza trainante a cespuglio del PD, i numeri delle ultime elezioni

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Le ultime elezioni regionali hanno segnato una nuova fase di declino per il Movimento 5 Stelle (M5S), che sembra sempre più relegato al ruolo di forza marginale e “cespuglio” del Partito Democratico (PD). Nonostante alcuni momenti di protagonismo, come in Umbria, i numeri delineano un panorama complesso e, per certi versi, critico per il partito guidato da Giuseppe Conte.

Il M5S nei numeri: un declino progressivo

In Emilia-Romagna, storica roccaforte del M5S delle origini, i numeri sono impietosi: il Movimento raccoglie appena il 3,6% dei consensi, posizionandosi come quarta forza su cinque nella coalizione a sostegno di Michele de Pascale. Ancora più emblematico è il dato delle preferenze: per la prima volta scendono sotto la soglia delle 100 mila, fermandosi a 53 mila voti. Per fare un confronto, nel 2020 erano 102 mila e nel 2010, agli albori del Movimento, 126 mila.

Anche in Umbria, dove il Campo Largo ha portato alla vittoria Stefania Proietti, il M5S ha registrato una flessione: si attesta al 4,8%, in calo rispetto al 7,4% del 2019 e all’8,7% delle Europee. Tuttavia, il ruolo strategico del Movimento è stato decisivo per il successo del centrosinistra, consolidando il valore della coalizione progressista.

Alle Comunali di Anzio e Nettuno, dove il M5S ha scelto di correre da solo, il risultato è stato altrettanto deludente, con il Movimento fermo intorno al 5%.

Il dibattito interno: campo largo o indipendenza?

I risultati elettorali hanno acceso un acceso dibattito all’interno del Movimento. Da un lato, i sostenitori del Campo Largo celebrano la vittoria e il ruolo del M5S come parte integrante della coalizione progressista. «Abbiamo costruito un percorso solido», ha commentato Roberto Fico, mentre Stefano Patuanelli ha esortato il Movimento a «ripartire con questo spirito».

Dall’altro, l’ala più indipendentista critica il ruolo subalterno al PD, sottolineando il rischio di una progressiva perdita di identità: «Il trionfo del Campo Largo è un cul-de-sac, con i Cinque Stelle ridotti a cespuglietto dei dem», osservano i detrattori.

Il ruolo di Giuseppe Conte e l’incognita Grillo

Nonostante il successo in Umbria, Giuseppe Conte ha preferito non farsi immortalare nella foto di rito con Stefania Proietti. La sua leadership è sempre più messa in discussione, soprattutto dai nostalgici del “fu Movimento”, che accusano l’ex premier di essersi allontanato dalle radici originarie del M5S.

Intanto, l’ombra di Beppe Grillo si fa sempre più ingombrante. Il garante, che negli ultimi mesi ha assunto posizioni polemiche verso il progetto di Conte, potrebbe tornare alla ribalta con un messaggio forte in vista della Costituente M5S. Secondo alcune indiscrezioni, Grillo starebbe valutando l’ipotesi di non partecipare all’assemblea e, addirittura, di lanciare un appello all’astensione come gesto simbolico.

Il bivio del M5S: identità o alleanze?

I risultati delle Regionali e delle Comunali confermano che il Movimento 5 Stelle si trova a un bivio: continuare a sostenere il Campo Largo e rischiare di essere percepito come un’appendice del PD, oppure provare a ricostruire un’identità autonoma, pur con il rischio di un isolamento politico che, come dimostrano i dati di Nettuno e Anzio, non sembra premiare.

Questa fase di transizione sarà decisiva per il futuro del Movimento, che dovrà rispondere a una domanda fondamentale: è ancora possibile recuperare l’anima originaria che aveva portato il M5S a essere la forza trainante della politica italiana, o il destino è quello di diventare un partito marginale nella galassia progressista?

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Centrodestra perde terreno, tensione tra gli alleati

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Forza Italia sorpassa la Lega. Che invece tracolla rispetto alle scorse Regionali, in Emilia Romagna come in Umbria. E comunque fatica, anche se il paragone è con le scorse Europee. Fratelli d’Italia consolida lo scarto rispetto agli alleati, ma perde terreno rispetto alla tornata di giugno. Un quadro che di certo non rasserena gli animi nel centrodestra. Il risultato è di 2 a 1, e non lo schiacciante 3 a 0 in cui sperava il centrosinistra: questa la linea ufficiale. A taccuini chiusi, però, i malumori sono evidenti. E anche le tensioni tra i partiti.

“Nessuno scontro nel governo”, è il refrain. Ma in Transatlantico si parla già di una nuova stagione che vada a rimodulare le scelte dei candidati per le prossime elezioni, in ragione del peso specifico dei singoli partiti. Il faro, nelle ore dello spoglio, è sull’Umbria. E soprattutto è puntato su Matteo Salvini, che, all’indomani della sconfitta in Sardegna, “aveva forzato” sulla candidatura di bandiera dell’uscente Donatella Tesei, si ragiona in ambienti di maggioranza . “Se mettiamo in campo i candidati migliori, possiamo vincere anche le partite impossibili”, è il commento malizioso tra le fila di Forza Italia. Lo sguardo, però, non è rivolto solo al passato. Ma a quanto l’impuntatura di Salvini sull’Umbria possa rivelarsi un boomerang per le prossime sfide elettorali. È soprattutto tra le fila di FdI che si parla con convinzione di un nuovo corso nella contrattazione tra alleati sulle Regionali.

Alcuni parlamentari fanno notare la situazione sulla carta geografica: la Lega governa il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia e il Veneto; governatori di Forza Italia in Piemonte, Calabria, Sicilia e Basilicata; a FdI, invece, Abruzzo, Marche e Lazio. Con importanti Regioni che si preparano a votare nel 2025, l’impressione è che Fratelli d’Italia possa far valere con convinzione il suo peso specifico nella scelta dei candidati, anche giocando a braccio di ferro laddove necessario. Non dovrebbe essercene bisogno in Campania e Puglia, ma in Veneto sì. Ed è proprio la Regione del Nord-Est che si prepara a essere il nuovo campo di tensioni interne alla coalizione di centrodestra. Con la Lega che difficilmente mollerà la presa, anche se non potrà ricandidare Luca Zaia. In FdI, però, le preoccupazioni non sono limitate alla sola gestione dell’eventuale riottosità della Lega in vista delle negoziazioni per le prossime Regionali.

La riflessione si potrebbe aprire anche sul risultato del partito. “FdI perde voti, mentre il Pd no”, è il ragionamento che rimbalza tra i corridoi. Più di qualcuno fa notare che non si possono comparare le Europee con le Regionali, ma comincerebbe a farsi largo il timore di un sostanziale calo del consenso nei territori. E all’orizzonte c’è la contesa su Regioni molto importanti. La linea nel partito, per ora, è quello del silenzio. Le dichiarazioni sono poche e Giorgia Meloni usa parole istituzionali per commentare il voto. Parla da presidente del Consiglio, dopo una campagna elettorale giocata in prima in linea. C’è chi, invece, non nasconde la soddisfazione, nonostante il dispiacere per il risultato della coalizione. “Forza Italia si consolida come seconda forza del centrodestra, non solo al Sud ma anche al Centro-Nord”, è la riflessione più diffusa tra i parlamentari azzurri. “Riusciamo a intercettare il voto moderato, dove invece l’ex Terzo Polo soffre”, si ragiona. Il compiacimento velato, però, è anche per il sorpasso ai danni della Lega.

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