Da strumento per lavorare e creare contenuti audiovisivi ad arma nelle mani dei criminali informatici. Prosegue l’ascesa dell’intelligenza artificiale come tecnologia dalla doppia anima, un’innovazione a cui prestare continuamente attenzione. Nel 2025, sarà grazie ad essa che gli hacker potranno diffondere campagne malevoli ad ampio raggio, con il fine di ottenere più informazioni sensibili e dati bancari. A tale conclusione giungono gli esperti di Check Point Software, tramite un’analisi dell’attuale panorama della cybersecurity e una serie di previsioni per il prossimo anno. L’uso più ampio dell’intelligenza artificiale per sferrare nuovi colpi a computer e dispositivi personali riguarderà i deepfake, ossia la generazione di foto, video e file audio che imitano persone reali, vip o amici e famigliari, per estorcere denaro e spingere a cliccare su link o aprire file corrotti.
Non una novità ma una tecnica che si è affinata nel tempo, capace di generare contenuti più che verosimili. “I criminali useranno sempre più le piattaforme dei social media per diffondere deepfake alimentati dall’IA. Questi diventeranno più convincenti e costituiranno un pericolo per le transazioni finanziarie e la sicurezza aziendale. Rilevare e contrastare questi attacchi sofisticati richiederà l’uso della stessa intelligenza artificiale, un aiuto per difendere reti e persone in tempo reale” spiegano da Check Point Software. Occhio anche a software conosciuti, come ChatGpt che, diventando parte integrante dei processi aziendali, possono esporre accidentalmente dati verso l’esterno. L’assenza di chiare politiche di utilizzo nei confronti dei chatbot diventerà un argomento di discussione centrale nel 2025.
“Le organizzazioni dovranno stabilire quadri di governance per monitorare l’uso dell’IA e garantire la privacy delle informazioni” specificano gli analisti. L’Italia e gli italiani non sono esclusi dallo scenario del cybercrime. Lo testimonia una ricerca di un’altra azienda attiva nel campo della sicurezza, F5 Labs. Stando al report ‘2024 DDoS Attack Trends’, che si focalizza soprattutto sul genere di attacco che tende a rendere indisponibili servizi e piattaforme tramite i cosiddetti ‘Distributed Denial of Service’ (DDoS), l’Italia è tra i sei Paesi, insieme a Stati Uniti, Francia, Arabia Saudita, Belgio e Regno Unito, nei quali si concentra l’80% di tutti gli incidenti veicolati tramite DDoS.
I rapporti tesi per le situazioni geopolitiche e i conflitti in Europa e Medio Oriente aumentano il rischio di infezione, soprattutto quando le campagne criminali sono guidate da attori supportati dagli Stati, con disponibilità economiche maggiori rispetto ai gruppi indipendenti. Un primo passo per mettere al sicuro i dati personali è ancora la scelta di una password efficace per account e app. Anche in questo caso, gli italiani non eccellono in fantasia. Nella classifica ‘Top 200 Most Common Passwords’ della compagnia cyber NordPass, la password più diffusa nel nostro Paese è ancora ‘123456’, seguita da ‘cambiami’, ‘juventus’, ‘amoremio’, oltre a nomi di persona come ‘francesco’, ‘alessandro’ e ‘giuseppe’. Il 78% delle password più comuni al mondo può essere decifrato in meno di un secondo. Un quadro peggiore dello scorso anno, quando eravamo al 70%.