Collegati con noi

Politica

Alta tensione all’Eurocamera, il sì a Fitto è in bilico

Pubblicato

del

La tensione alle stelle, il rischio che i veti reciproci dei gruppi portino a conseguenze imprevedibili, la sensazione che, martedì, la partita non sarà chiusa: la notte prima degli esami di Raffaele Fitto viaggia sul filo della suspense. Sul candidato italiano alla vice presidenza esecutiva della Commissione converge il grande scontro in atto tra Socialisti e Ppe. Con i primi decisi a costringere i secondi ad abbandonare ogni tentazione di aprire alle destre. Dall’altra parte i Popolari sono pronti a legare il destino di Fitto a quello di altri candidati, la spagnola Teresa Ribera su tutti. E l’impressione è che toccherà direttamente a Ursula von der Leyen scendere in campo per un’ultima mediazione.

Sono sei i vicepresidenti esecutivi in pectore impegnati nelle audizioni di martedì. Si comincia con Raffaele Fitto e Kaja Kallas, si finisce con Henna Virkkunen e Teresa Ribera. In mezzo l’esame di Roxana Minzatu e Stephane Sejourné. Quattro, su sei, rischiano il rinvio. Senza il sì di Socialisti, Renew e Greens Fitto non ha la maggioranza dei 2/3. I tre partiti centro-progressisti potrebbero allora congelare la loro valutazione, tenendo quindi aperto il collegio dei coordinatori dei gruppi (sono loro a votare nei primi due scrutini) nella commissione Regi che esaminerà il ministro italiano.

In tal caso, la rappresaglia del Ppe (oltre che di Ecr) sarebbe nell’ordine delle cose: ad essere congelate sarebbero anche le valutazioni della socialista Ribera e del liberale Sejourné. In un gioco di veti che porterebbe S&D, Renew e Verdi a sospendere a loro volta l’approvazione della popolare Virkkunen. Le ore che hanno preceduto quello che, a Bruxelles, chiamano con un filo di ironia il Super Tuesday, sono state segnate da un crescendo di tensione. Nella riunione dei Socialisti, ad emergere, è stata la linea dura, guidata dalle delegazioni francese e tedesca.

“Il problema è politico – viene spiegato – e von der Leyen lo deve risolvere”. Ma qual è? L’apertura alle destre inaugurata dal leader del Ppe Manfred Weber. Un’ apertura che, in S&D, immedesimano anche nella concessione della vice presidenza esecutiva a Fitto. “Ribera è socialista: l’accordo tra noi e il Ppe sin dall’inizio della legislatura è stato tra forze europeiste, è un accordo che va rispettato. Non è accettabile che si metta sullo stesso piano Ribera e Raffaele Fitto. Se cade l’accordo ne risponderà Weber”, è stato l’avvertimento lanciato dalla presidente del gruppo socialista Iratxe Garcia Perez. La linea dei Greens coincide con quella di S&D. L’incognita, però resta legata ai Liberali.

Il gruppo Renew si è riunito in tarda serata. L’apertura ai sovranisti del Ppe non è gradita neanche a queste latitudini ma, in Renew, potrebbe emergere la più classica delle Realpolitik: votare Fitto per evitare che i due candidati liberali siano a loro volta bloccati. Ed è su questa ipotesi che, in Ecr, fanno affidamento.

“Stupiscono i continui veti dei Socialisti e l’incapacità del Pd di sostenere l’interesse nazionale. O il Pd vorrebbe sostenere Fitto ma non è in grado di farsi rispettare dalla sua famiglia politica, oppure non sta difendendo l’interesse nazionale italiano, perché accecato dal proprio odio ideologico”, hanno sottolineato fonti di Fdi. Uno stop, sia pur momentaneo, a Fitto, potrebbe avere conseguenze politiche che vanno oltre l’Eurocamera.

Difficile, infatti, che la premier Giorgia Meloni non reagisca. D’altra parte, in Fdi ci si aspetta anche che il premier spagnolo Pedro Sanchez si muova per tutelare la sua candidata, Ribera, destinata ad avere il portafoglio più importante tra quelli dei vice. Si correrà, insomma, sul filo del rasoio. Ed è tutt’altro che escluso che von der Leyen appaia al Pe per mediare in prima persone e salvare il suo team.

Advertisement

In Evidenza

Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

Pubblicato

del

La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

Continua a leggere

Politica

La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

Pubblicato

del

“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

Continua a leggere

Politica

Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

Pubblicato

del

Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto