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Cronache

Stupro di gruppo a Palermo, tutti colpevoli

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Tutti colpevoli. Dopo una breve camera di consiglio, i giudici della seconda sezione del tribunale di Palermo hanno condannato i sei giovani accusati dello stupro di gruppo di una 19enne, violentata una notte di luglio del 2023 in un cantiere abbandonata del Foro Italico. La Procura aveva chiesto una pena esemplare: 12 anni per cinque dei sei imputati, 10 e 8 mesi per il sesto. Le pene inflitte sono decisamente minori. Sette anni per Angelo Flores, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia ed Elio Arnao, sei anni e 4 mesi per Christian Barone, 4 anni per Samuele La Grassa che non avrebbe partecipato agli abusi, ma sarebbe rimasto a guardare non intervenendo mai in difesa della vittima. La motivazione della sentenza spiegherà quale ragionamento abbiano fatto i giudici. Di certo, al momento, c’è che a La Grassa, è stata concessa l’attenuante prevista quando la condotta viene ritenuta meno grave e le generiche, cosa che ha fatto sensibilmente ridurre la pena.

“Chiedo perdono per non averla aiutata. Giudicatemi per quel che ho fatto e non per quello che non ho fatto”, ha detto Barone prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio. Anche lui non avrebbe partecipato alla violenza ma sarebbe l’autore di uno dei tre video girati dal branco. Gli altri li avrebbe fatti Angelo Flores, il maggiore del gruppo, quello che la 19enne la conosceva meglio. “Falla ubriacare, poi ci pensiamo noi”, avevano detto la sera degli abusi a un barista di un chiosco della Vucciria, quartiere della movida, in cui si erano fermati a bere i ragazzi e la vittima. All’inizio era solo un’uscita come un’altra. La 19enne conosceva alcuni di loro, aveva bevuto e poi si era allontanata col gruppo. “Ho chiesto aiuto ai passanti ma nessuno ha fatto nulla”, racconterà dopo la violenza, dicendo che, intuito di essere in pericolo, aveva tentato di richiamare l’attenzione. La notte da incubo era cominciata così. E dietro alle lamiere del cantiere abbandonato era accaduto il resto. Nel video, poi sequestrato dagli inquirenti, si vede il branco attorno alla vittima che chiede ai ragazzi di smetterla. Del gruppo faceva parte anche un giovane allora minorenne che è stato condannato dal gup dei minori a 8 anni e 8 mesi. A inchiodare gli imputati, oltre al racconto della 19enne che ha subito denunciato, i video e le chat che il gruppo si è scambiato dopo la violenza. Messaggi volgari e compiaciuti degli abusi commessi.

“Ho gridato basta, basta, ma loro ridevano. ‘Tanto ti piace’, mi urlavano”, ha raccontato la vittima. Invano, durante il processo, gli imputati, che non hanno mai chiesto scusa alla vittima a cui dovranno ora versare 40mila euro di risarcimento, hanno tentato di sostenere che non si fosse trattato di violenza ma di un rapporto consensuale. Una “doppia violenza” l’ha definita la legale della vittima, l’avvocato Carla Garofalo. Una versione scelta anche durante gli interrogatori seguiti all’arresto. L’ha ribadito anche l’unico minorenne del gruppo che, inizialmente, era stato scarcerato dal gup che aveva visto in lui una resipiscenza. Uscito di galera il ragazzino aveva preso a pubblicare post in cui si vantava di quanto accaduto. Dopo poche ore è tornato in cella.

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Cronache

Voto di scambio, assolto Pasquale Aliberti sindaco di Scafati

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Il Tribunale di Nocera Inferiore ha assolto il sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti, imputato di voto di scambio politico-mafioso. Per i giudici “il fatto non sussiste”. La Dda di Salerno aveva chiesto una condanna di 6 anni e 8 mesi. Assolti con formula piena anche tutti gli altri imputati, tra cui la moglie di Aliberti, l’ex consigliere regionale della Campania, Monica Paolino, e il fratello del primo cittadino, Nello Aliberti. L’inchiesta ipotizzava l’esistenza di un voto di scambio politico-mafioso sia in occasione delle amministrative del 2013 a Scafati che per le regionali del 2015. Il Consiglio comunale di Scafati, a seguito degli accertamenti effettuati dalla commissione di accesso, fu anche sciolto per infiltrazioni.

Pasquale Aliberti era accusato di associazione camorristica legata al presunto patto politico-mafioso. Le accuse, dopo quasi dieci anni di indagini e processi, sono risultate prive di fondamento. Molto emozionato Aliberti che dal suo profilo FB si rivolge così ai suoi concittadini: “Cari amici, oggi sento il cuore pieno e svuotato insieme. Vorrei parlarvi con leggerezza, ma non è possibile quando la tua vita viene stravolta, quando vieni trascinato nel fango, chiamato camorrista, e rimani solo con la tua voce, inascoltato. Per otto anni ho dovuto ingoiare umiliazioni, convivere con lo sguardo impaurito dei miei figli, vedere mia moglie lottare per una famiglia che sentiva franare. Mio padre è morto portandosi dietro una vergogna che non meritava, e io sono rimasto solo, spesso incapace persino di piangere. Oggi la giustizia ha detto quello che ho sempre saputo: assolto perché il fatto non sussiste.

Ma non c’è gioia piena. Il tempo non torna, e la vergogna ha lasciato segni che nessuno potrà mai vedere. Sono grato a chi ha creduto in me, anche quando era più facile girarsi dall’altra parte, a chi ha saputo vedere la verità nel buio delle menzogne”. “La mia lotta, però – prosegue – non finisce qui. Voglio restituire dignità a me stesso e alla nostra città, a Scafati, che ha sofferto con me, infangata com’ero io. Voglio che insieme ci liberiamo di questo peso, che torniamo a essere una comunità fiera, capace di guardarsi in faccia senza paura. Non sono mai stato un camorrista, né un uomo che si piega al potere della malavita. Ho resistito, messo da parte il dolore e continuato a combattere. E continuerò, per me, per la mia famiglia, per tutti voi. Questo giorno è di chi ha resistito, di chi ha creduto che la verità sarebbe emersa. Grazie a tutti”.

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Perquisizioni al Comune Roma, mazzette su lavori stradali

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Un sistema corruttivo con schema “classico”: un imprenditore che per ottenere i ricchissimi appalti sulla manutenzione delle strade di Roma, gare da 100 milioni di euro complessivi, dispensava mazzette e utilità, come orologi e ristoranti, a pubblici ufficiali compiacenti. E’ quanto emerge dall’inchiesta della procura capitolina che ha portato ad una serie di perquisizioni, con acquisizione di una gran massa di documenti, anche negli uffici del Dipartimento dei Lavori Pubblici del Comune di Roma e della Astral, Azienda strade Lazio Spa.

Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha disposto immediatamente una “verifica approfondita” ed escluso, “al momento”, che si tratti di interventi legati al Giubileo. Sono cinque i pubblici ufficiali finiti nel registro degli indagati, tra loro anche funzionari dell’amministrazione capitolina oltre a due agenti della Polizia Stradale. Nel procedimento si contesta anche l’associazione a delinquere, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, riciclaggio e autoriciclaggio. Secondo l’impianto accusatorio a tirare le fila era l’imprenditore Mirko Pellegrini, 46 anni, ‘dominus’ di una piccola galassia di aziende con cui puntava ad ottenere, in modo illecito, l’aggiudicazione degli appalti per il rifacimento del manto stradale “che nella maggior parte dei casi – si legge nel decreto di perquisizione – hanno avuto quale controparte ‘Roma Capitale’ per importi di circa 100 milioni di euro”.

Le “attività di intercettazione ed i successivi accertamenti – sostengono gli inquirenti – hanno consentito di far emergere l’esistenza di un unico disegno criminoso e di un’associazione per delinquere”. L’imprenditore, in particolare, avrebbe commesso frode nella pubblica fornitura di appalti tra i quali quelli in via della Serenissima, via della Magliana e piazzale De Bosis. A Pellegrini è contestato di non avere adempito “dolosamente agli obblighi contrattuali previsti e ponendo in essere espedienti maliziosi e ingannevoli idonei a fare apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti, in particolare in relazione allo spessore del manto di asfalto e alle quantità del materiale impiegato”. In sostanza con il pubblico ufficiale compiacente si utilizzava meno materiale di quanto previsto. Le verifiche sono ancora in una fase embrionale e riguardano una quarantina di appalti affidati negli ultimi due anni. Sotto la lente dei inquirenti sarebbe finita anche una gara per i lavori relativi alla ‘Ryder Cup’ di golf.

In particolare quella ad oggetto “interventi sul Sistema Viario Regionale per la sostenibilità della manifestazione sportiva Ryder Cup in un’ottica di miglioramento della capacità e della fruibilità delle dotazioni infrastrutturali. Intervento di adeguamento mediante raddoppio di Via Marco Simone” con “importo complessivo a base d’asta di quasi 5 milioni di euro (4.992.216)”, come emerge dalla Gazzetta Ufficiale. La Procura in almeno due capi di imputazione scrive di “fatti tuttora in corso”, segno che le presunte attività illecite sarebbero quanto mai attuali.

Tra le società riconducibili a Pellegrini, definito negli atti “promotore, organizzatore e capo dell’associazione a delinquere” compare anche una società che nella primavera scorsa si sarebbe aggiudicata diverse gare – almeno quattro sarebbero quelle su cui si concentra l’attenzione degli inquirenti – nell’ambito “degli interventi essenziali e indifferibili connessi alle celebrazioni del Giubileo”. Su possibili irregolarità nella gestione dei fondi è intervenuto il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, annunciando di “avere disposto una verifica approfondita su tutti gli interventi realizzati dalle ditte coinvolte nell’indagine”. “Al momento – ha sottolineato il primo cittadino della capitale – non risultano interventi legati al Giubileo, ma naturalmente la verifica è ancora in corso”.

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Noto chef russo anti-guerra trovato morto a Belgrado

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Aleksei Zimin, noto e popolare chef russo che da alcuni anni gestiva un ristorante a Londra, è stato trovato morto nella tarda serata di ieri in un appartamento a Belgrado. Ne dà notizia il quotidiano belgradese Danas, nella sua edizione online. Secondo media internazionali, Zimin era un oppositore dell’intervento militare russo in Ucraina. Lo chef, 52 anni, era a Belgrado dove il 7 novembre scorso aveva presentato il suo nuovo libro ‘Anglomania’, e aveva preparato proprie specialità per una cena in un club del quartiere centrale di Stari Grad, nella via Gospodar Jevremova.

Nessun particolare è stato fornito finora sulle cause e le circostanze del decesso. Giornalista, scrittore, con la passione della cucina, Zimin – scrive Danas – aveva fondato la rivista gastronomica ‘Afisha Food’ e aveva diretto altre pubblicazioni come GQ e Gourmet, oltre ad aver animato popolari trasmissioni di carattere culinario in televisione. A Mosca aveva aperto alcuni locali, compreso il ristorante Ragout. Dal 2015 cominciò a collaborare con il progetto giornalistico Zima a Londra, dove si trasferì nel 2022 dalla Russia. Per il suo amico e collega Ivan Shishkin, come riferito da Danas, Aleksei Zimin era il “nostro Jamie Oliver, una persona dalla grande anima e dai molteplici interessi… Studiava continuamente, leggeva, era come una enciclopedia”.

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