Collegati con noi

In Evidenza

Campania, scoppia il caso Patriarca in FI: la segretaria provinciale lascia in polemica con Martusciello

Pubblicato

del

La situazione all’interno di Forza Italia in Campania è tesa e complicata. Se il centrosinistra vive già una fase di scontro tra il Partito Democratico e Vincenzo De Luca riguardo al terzo mandato per le regionali del prossimo anno, anche nel centrodestra ci sono segnali di disaccordo. In particolare, le recenti dimissioni di Annarita Patriarca da segretario provinciale di Napoli hanno generato un’ondata di discussioni e tensioni.

Le dimissioni di Patriarca: una scelta dolorosa per la deputata

La deputata Annarita Patriarca ha presentato le sue dimissioni il 5 novembre con una lettera indirizzata ad Antonio Tajani, leader di Forza Italia, e a Fulvio Martusciello, coordinatore regionale campano. Nella sua missiva, Patriarca spiega le motivazioni della sua scelta, specificando che non si tratta di una rottura con il partito, al quale si sente ancora legata per ideali e valori. “Le ragioni sottese a tale dolorosa scelta – spiega Patriarca – non riguardano assolutamente la nostra adesione al partito, piuttosto un’impossibilità oggettiva di svolgere il nostro ruolo con serenità e condivisione”.

Secondo Patriarca, il clima all’interno del partito sarebbe segnato da posizioni preconcette e fughe in avanti non condivise, situazioni che avrebbero minato la credibilità del partito stesso e dei suoi quadri dirigenti. “Il partito non ragiona al plurale confrontandosi, ma crea microsistemi,” denuncia la deputata, evidenziando come questo atteggiamento limiti la crescita e l’inclusività del partito.

Fulvio Martusciello. Europarlamentare e coordinatore regionale campano di Forza Italia (foto Imagoeconomica)

 

Le dimissioni di massa: un segnale forte al partito

Con Patriarca, hanno lasciato anche sette membri della dirigenza provinciale: i tre vicesegretari Raffale Barone, Francesco Pinto e Luigi Renzi, insieme ai responsabili Gaetano Cimmino (Enti Locali), Katia Iorio (Formazione), Gennaro Giustino (Organizzazione) e Angela Procida (Politiche Giovanili, Sport e Politiche Sociali).

Nella lettera di dimissioni, gli esponenti forzisti ribadiscono che “in queste condizioni non potremo svolgere il ruolo a cui siamo chiamati dai nostri elettori”. Tuttavia, chiariscono di non voler dare risonanza mediatica alla vicenda, definendola una questione interna finalizzata a determinare un’inversione di marcia per la crescita di Forza Italia nei territori.

La gestione di Martusciello e l’intervento di Tajani

Le dimissioni sembrano essere una forma di protesta contro la gestione di Fulvio Martusciello, europarlamentare e coordinatore regionale di Forza Italia in Campania. Il malcontento sembra essere esploso con la nomina del senatore Francesco Silvestro, vicino a Martusciello, come commissario di Forza Italia nella provincia di Napoli, una risposta immediata alle dimissioni di massa.

Da settimane, Martusciello ha manifestato interesse per la candidatura a governatore della Campania. Tuttavia, all’interno del centrodestra, altri nomi sono stati discussi per la presidenza della Regione, come il deputato di Fratelli d’Italia Edmondo Cirielli, viceministro degli Affari esteri, e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi (quota Lega). Inoltre, è emerso anche il nome di Antonio D’Amato, ex presidente di Confindustria, preferito da alcuni esponenti di Forza Italia nel caso di una scelta civica.

Forza Italia in Campania: un futuro incerto

Queste dimissioni sono un chiaro segnale delle difficoltà interne di Forza Italia in Campania. Patriarca e i suoi colleghi, pur rimanendo nel partito, chiedono un cambiamento di rotta e attendono l’intervento di Tajani per affrontare la situazione. Il futuro del partito nella regione dipenderà da come la leadership gestirà queste tensioni e se riuscirà a ricostruire l’unità in vista delle prossime sfide elettorali.

Advertisement

Esteri

Il futuro di Harris dopo la sconfitta

Pubblicato

del

Kamala Harris non pensa ancora al futuro. La ferita della sconfitta è ancora troppo fresca per consentirle di guardare avanti con lucidità. Ipotizzare la strada che intraprenderà, riferiscono amici e consiglieri, è prematuro ma la vicepresidente potrebbe avere varie opzioni fra cui scegliere una volta che i tempi saranno maturi. La possibilità che resti in politica è la più remota. Al momento anche solo pensare a una sua ricandidatura alle elezioni del 2028 appare un miraggio, considerata la facilità con cui Donald Trump ha vinto. Ma quattro anni in politica sono un’eternità e Harris ha accesso a una vasta rete di donatori che, se il mandato del presidente-eletto dovesse essere caotico, forse potrebbe sostenerla ancora nel cercare di realizzare il sogno di infrangere il soffitto di cristallo. Harris difficilmente – riporta il New York Times – potrebbe decidere di ricandidarsi per il Senato: i due senatori che rappresenteranno la California sono appena stati eletti ed è improbabile che lascino a breve. Nel suo stato Harris potrebbe aspirare a diventare governatrice, raccogliendo l’eredità di Gavin Newsom qualora decidesse, come si vocifera da tempo, di scendere in campo nel 2028.

Fra gli incarichi istituzionali c’è chi sogna che Joe Biden la nomini alla Corte Suprema prima del suo addio alla Casa Bianca. Un’ipotesi irrealizzabile visto che i democratici dovrebbero prima convincere la giudice Sonya Sotomayor a lasciare e poi premere sull’acceleratore per confermare Harris prima del 20 gennaio. Le ipotesi che, al momento, sono le più accreditate fra i sui alleati sono il settore privato, anche nei panni di lobbista, o l’ingresso in un think tank dove avrebbe la possibilità di portare avanti le sue cause senza le restrizioni imposte dal ruolo di vicepresidente di Biden. Harris potrebbe optare anche per scrivere un libro, sulla scia di quanto fatto da Hillary Clinton nel 2016 dopo la sconfitta contro Donald Trump. Quello che appare certo è che la vicepresidente, trascorsi questi ultimi 70 giorni alla Casa Bianca, si prenderà del tempo per sé stessa e per riflettere sulle sue prossime mosse fra passeggiate e cibo non consumato in aereo. Poco prima del voto, per l’esattezza il 27 ottobre, Harris aveva infatti chiarito che fra i suoi piani post-elezioni ci sarebbe stato “ingrassare qualche chilo”. “Mi stanno consumando”, aveva scherzato ignara di quello che l’avrebbe attesa solo qualche giorno dopo.

Continua a leggere

Esteri

Draghi: con Trump cambia tutto, è ora che l’Ue decida

Pubblicato

del

La foto di Ursula von der Leyen con i suoi ‘cari nemici’ Charles Michel e Viktor Orban. I moniti autonomisti di Emmanuel Macron e l’ultima chiamata di Mario Draghi ad un’Europa ancora frastornata dal ritorno di Donald Trump. Cartoline dal vertice di Budapest. Il summit informale dei 27 non è stato ancora un punto di ripartenza e forse non poteva esserlo. Le divisioni interne, la debolezza politica di Berlino e la cavalcata dei sovranismi all’ombra di Trump potrebbero rendere qualsiasi decisione perfino più faticosa.

C’è, tuttavia, una base su cui lavorare che tutti hanno riconosciuto: il report dell’ex presidente della Bce. Uno studio dal quale Draghi ha voluto innanzitutto recapitare un monito: con il voto negli Usa è cambiato tutto, l’Ue non può più rinviare le sue scelte. Dalla cena di giovedì sera nel Parlamento ungherese e dal summit informale successivo, incastonato nella scintillante Puskas Arena, è emerso innanzitutto un messaggio: niente panico con Trump. Che poi la sensazione sia condivisa da tutti resta da vedere. Di certo, di fronte ai 27, Mario Draghi ha predicato calma, facendo capire che, forse, l’arrivo di The Donald potrebbe accelerare un processo che secondo l’ex presidente della Bce per l’Ue era comunque necessario. “Con Trump ci sarà una grande differenza nei rapporti con gli Usa, l’Europa non può più posporre le sue decisioni”, ha rimarcato l’ex premier italiano.

Il suo è stato un lungo intervento, al quale è seguito quello, quasi perfettamente in linea, di Christine Lagarde. “Il sistema bancario è solido, i risparmi vanno incanalati in investimenti produttivi nell’innovazione”, è stato il senso del discorso della presidente della Bce. Al tavolo con i 27, e nella stessa Dichiarazione di Budapest, i leader hanno evitato di fare alcun riferimento a risorse, finanziamenti o debiti comuni. Il concetto di eurobond, invero, è stato escluso anche dalla stessa von der Leyen che, nell’alveo degli “strumenti da esplorare” per dare spinta alla competitività, ha citato l’opzione risorse proprie, dal bilancio pluriennale, o quella di fondi nuovi, sulla stregua del Next Generation Ue. La discussione, in ogni caso, non è matura. Una prima proposta, ha annunciato von der Leyen, potrebbe vedere la luce nel giugno 2025. A Bruxelles sono convinti che, individuando prima delle priorità, sarà più facile far poi convergere tutti sugli strumenti finanziari. Ma non è detto. Sulla difesa, ad esempio, complice l’arrivo di Trump, è destinato a farsi più incalzante il pressing sui Paesi Ue per andare oltre il 2% nelle risorse da destinare alla Nato. “Farlo, rispettando il Patto di stabilità, è possibile”, ha suggerito Draghi. L’argomento, però, è esplosivo. Anche in Italia. “Sì ad investire di più nella difesa ma servono gli strumenti e nel nuovo Patto va fatto molto di più. Non sono disposta a prendermela con i cittadini italiani, i lavoratori. Come lei sa, noi spendiamo le risorse su priorità che sono reali”, è stata la frenata di Giorgia Meloni. La premier è arrivata a Bruxelles non facendo nulla per nascondere il rapporto privilegiato che ha con Elon Musk (“è un valore aggiunto e un possibile interlocutore”).

E ha osservato come, più che dal tycoon, “l’Europa debba trovare una quadra e prendere le misure di se stessa. Ricordo che il dibattito sulla competitività europea è un dibattito che è iniziato mesi fa all’indomani dell’Inflation Reduction Act”. Certo, per Meloni con l’arrivo di Trump il quadro muta drasticamente. Orban, da tempo, si presenta come l’emissario del trumpismo in Europa. Macron ha già colto l’occasione per ripresentarsi come punto di riferimento europeo. In mezzo, la premier italiana ha le chance per fare da raccordo in una complicata triangolazione che coinvolge anche von der Leyen. La Commissione si è data due mesi per pensare ad una strategia. Ma qualche idea per affrontare The Donald già c’è ed è basata sul concetto di reciproca utilità. “Importiamo ancora molto Gnl dalla Russia, perché non rimpiazzarlo con quello americano che costa meno e ci aiuterebbe sulla bilancia commerciale?”, è stata la proposta di von der Leyen mentre, al suo fianco, Orban e Michel si lanciavano sguardi interrogativi.

Continua a leggere

Esteri

Kiev omaggia i due soldati innamorati caduti insieme al fronte

Pubblicato

del

Uniti nella morte. Centinaia di persone si sono riunite oggi al freddo a Kiev per rendere omaggio alla coppia dei due soldati ucraini ventenni, Valentyna Nagorna e Daniil Liashkevych, che si erano innamorati e che sono caduti insieme al fronte. La coppia ha perso la vita la scorsa settimana combattendo contro le forze russe, ma i dettagli sulle circostanze esatte della loro morte non sono state rivelate. Tra le varie persone presenti alle esequie anche l’ex moglie del soldato ucciso, rimasta amica del suo ex coniuge, ma anche la madre di Valentyna, che durante la cerimonia non è riuscita a contenere l’emozione ed è scoppiata in lacrime. Il sentimento di dover compiere un dovere ha unito Valentyna a Daniil, ha affermato il comandante di quest’ultimo, che si è identificato solo con il suo nome in codice, “Kostyl”, spiegando poi che i due erano una coppia solo da pochi mesi: “Non stavano insieme da molto ma condividevano principi di vita molto simili – ha ricordato -. Volevano fare il loro dovere e salvare più vite umane possibile al fronte”.

In un selfie della coppia, pubblicato dai media ucraini si vedono i due sorridere. Lui, barba scura, lei, capelli tinti di arancione e collo tatuato. La loro storia ha ispirato gli altri commilitoni. Un soldato di 24 anni, nome in codice “Dzvinka”, seguiva da tempo Valentyna sui social network. “Voglio che la gente sappia che i giovani ucraini vivono in un mondo completamente diverso. Non sappiamo e non ricordiamo cosa significhi avere una vita spensierata”, ha affermato Dzvinka. “Qui muoiono persone sotto i 30 anni lottando per il nostro futuro”, ha proseguito, presente alla cerimonia insieme a un gruppo di amici, tutti ventenni.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto