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Cronache

Caso Pierina: interrogato ancora il testimone chiave

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Interrogato questa mattina in Procura a Rimini il teste chiave nel caso dell’omicidio di Pierina Paganelli. È il condomino che avrebbe detto di essersi riconosciuto nel soggetto ripreso dalla telecamera cam 3, della farmacia San Martino di via del Ciclamino, la sera del 3 ottobre. Dichiarazione che lo stesso avrebbe poi ritrattato e confermato invece in interviste televisive in occasioni diverse. Questa mattina Emanuele Neri è stato interrogato dal sostituto procuratore Daniele Paci, come persona informata sui fatti.

In realtà già il 10 settembre scorso, all’indomani dell’udienza del Riesame che aveva confermato il carcere per Louis Dassilva, Neri era stato ascoltato dalla squadra mobile di Rimini e in quell’occasione alla domanda “dopo la visione del video 3 crede di essersi riconosciuto senza ombra di dubbio? Neri aveva risposto “credo di non essere io perché non trovo corrispondenze fisiche”. L’interrogatorio di Neri a settembre si era reso necessario perché la difesa dell’unico indagato per l’omicidio di Pierina, aveva sollevato il dubbio proprio davanti al Tribunale della Libertà.

L’audizione di questa mattina invece è propedeutica all’incidente probatorio che si terrà proprio per stabilire l’affidabilità del video della cam 3 in cui il soggetto, ritenuto il presunto killer della 78enne, passerebbe davanti alla telecamera di sicurezza per far rientro al condominio numero 31 di via Del Ciclamino.

A Neri, la Procura ha mostrato 22 video, riferiti a un preciso periodo di tempo, della medesima telecamera e al testimone è stato chiesto in quali si sia sicuramente riconosciuto. Tra i video c’è quello del 3 ottobre ma su cosa abbia risposto Neri al momento gli inquirenti hanno mantenuto il più stretto riserbo. Il nodo del video sarà comunque sciolto a partire dal 15 novembre data in cui il gip Vinicio Cantarini ha fissato l’udienza per la nomina del perito per l’esperimento probatorio. In quella data si stabiliranno i quesiti e le modalità con le quali sarà condotto.

È plausibile ritenere che verrà effettuato di sera e sarà come un set cinematografico in cui sia a Louis Dassilva che a Emanuele Neri verrà chiesto di passare davanti alla telecamera cam 3. Verranno probabilmente ripristinate le stesse condizioni di luminosità della sera dell’omicidio, il 3 ottobre 2023, e sarà effettuata alla stessa ora: 22.17.02 e 22.17.08. Ovviamente c’è da attendersi che giudice e avvocati di parti, Riario Fabbri e Andrea Guidi per Dassilva, Davide Barzan in qualità di consulente criminalista per Manuela e Loris Bianchi, gli avvocati Monica e Marco Lunedei per i figli della vittima, saranno presenti la sera dell’incidente probatorio in via Del Ciclamino. L’area sarà interdetta ai curiosi perché avrà la valenza di un’udienza in Tribunale.

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Stupro di gruppo a Palermo, tutti colpevoli

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Tutti colpevoli. Dopo una breve camera di consiglio, i giudici della seconda sezione del tribunale di Palermo hanno condannato i sei giovani accusati dello stupro di gruppo di una 19enne, violentata una notte di luglio del 2023 in un cantiere abbandonata del Foro Italico. La Procura aveva chiesto una pena esemplare: 12 anni per cinque dei sei imputati, 10 e 8 mesi per il sesto. Le pene inflitte sono decisamente minori. Sette anni per Angelo Flores, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia ed Elio Arnao, sei anni e 4 mesi per Christian Barone, 4 anni per Samuele La Grassa che non avrebbe partecipato agli abusi, ma sarebbe rimasto a guardare non intervenendo mai in difesa della vittima. La motivazione della sentenza spiegherà quale ragionamento abbiano fatto i giudici. Di certo, al momento, c’è che a La Grassa, è stata concessa l’attenuante prevista quando la condotta viene ritenuta meno grave e le generiche, cosa che ha fatto sensibilmente ridurre la pena.

“Chiedo perdono per non averla aiutata. Giudicatemi per quel che ho fatto e non per quello che non ho fatto”, ha detto Barone prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio. Anche lui non avrebbe partecipato alla violenza ma sarebbe l’autore di uno dei tre video girati dal branco. Gli altri li avrebbe fatti Angelo Flores, il maggiore del gruppo, quello che la 19enne la conosceva meglio. “Falla ubriacare, poi ci pensiamo noi”, avevano detto la sera degli abusi a un barista di un chiosco della Vucciria, quartiere della movida, in cui si erano fermati a bere i ragazzi e la vittima. All’inizio era solo un’uscita come un’altra. La 19enne conosceva alcuni di loro, aveva bevuto e poi si era allontanata col gruppo. “Ho chiesto aiuto ai passanti ma nessuno ha fatto nulla”, racconterà dopo la violenza, dicendo che, intuito di essere in pericolo, aveva tentato di richiamare l’attenzione. La notte da incubo era cominciata così. E dietro alle lamiere del cantiere abbandonato era accaduto il resto. Nel video, poi sequestrato dagli inquirenti, si vede il branco attorno alla vittima che chiede ai ragazzi di smetterla. Del gruppo faceva parte anche un giovane allora minorenne che è stato condannato dal gup dei minori a 8 anni e 8 mesi. A inchiodare gli imputati, oltre al racconto della 19enne che ha subito denunciato, i video e le chat che il gruppo si è scambiato dopo la violenza. Messaggi volgari e compiaciuti degli abusi commessi.

“Ho gridato basta, basta, ma loro ridevano. ‘Tanto ti piace’, mi urlavano”, ha raccontato la vittima. Invano, durante il processo, gli imputati, che non hanno mai chiesto scusa alla vittima a cui dovranno ora versare 40mila euro di risarcimento, hanno tentato di sostenere che non si fosse trattato di violenza ma di un rapporto consensuale. Una “doppia violenza” l’ha definita la legale della vittima, l’avvocato Carla Garofalo. Una versione scelta anche durante gli interrogatori seguiti all’arresto. L’ha ribadito anche l’unico minorenne del gruppo che, inizialmente, era stato scarcerato dal gup che aveva visto in lui una resipiscenza. Uscito di galera il ragazzino aveva preso a pubblicare post in cui si vantava di quanto accaduto. Dopo poche ore è tornato in cella.

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Le toghe, su nuove ordinanze speriamo ci sia serenità

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Appena sopita l’ennesima bufera di polemiche con il governo, le toghe rischiano di intravederne un’altra all’orizzonte, con nuove ordinanze in arrivo dopo il trasporto di altri migranti nel centro italiano in Albania. Nel mezzo c’è l’incontro con il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, che ufficialmente è una visita sul tema della rete della sicurezza nelle banche dati e nell’intera rete informatica della Giustizia – alla luce delle recenti inchieste di Milano e Perugia – e sui problemi organizzativi delle procure.

“Non abbiamo affrontato l’argomento dello scontro del governo con la magistratura. C’è stato uno scambio molto amichevole con i colleghi, ma non abbiamo affrontato questi temi”, chiarisce il presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati, Giuseppe Santalucia all’uscita dagli uffici della Direzione nazionale antimafia, subito dopo essere stato cordialmente accompagnato dallo stesso Melillo – assieme al segretario generale del sindacato Salvatore Casciaro e alla vicepresidente Alessandra Maddalena – fino all’uscio della sede nazionale a Roma. Ma di fronte ai cronisti è inevitabile affrontare l’attualità e i nuovi provvedimenti con cui dovranno ancora una volta pronunciarsi i giudici, stavolta sul trattenimento degli otto nuovi migranti portati dalla nave Libra in Albania. Ci sarà una nuova bocciatura sul loro trattenimento o stavolta il decreto del governo sui Paesi sicuri farà la differenza?

“Faccio un auspicio generale affinché la giurisdizione possa lavorare serenamente”, dice Santalucia. “I magistrati fanno il loro mestiere e non c’è nessuna invasione di campo. Spero non ci siano altre bufere, non c’è ragione di sollevarne: non dipende da atti di volontà della magistratura andare contro qualcuno, si tratta di prendere atto delle norme che sono interpretate in modo esattamente contrario all’abnormità”, aggiunge. Resta sullo sfondo la questione principale dell’incontro dell’Anm con il procuratore nazionale antimafia: “Per Melillo c’è preoccupazione sul versante della cybersicurezza negli uffici delle procure perché scontiamo un ritardo sulla messa in sicurezza dei servizi informatici e di tutto l’apparato pubblico della giustizia – spiega l’Associazione, che su questo ha già incontrato il Guardasigilli Nordio – la situazione richiede attenzione massima anche dai magistrati che utilizzano i servizi informatici, affinché abbiano un’attenzione in più sulla sicurezza. E resta la necessità di implementare questo versante soprattutto da un punto di vista finanziario”. Nelle ultime ore un nuovo tema di discussione è stato invece introdotto dal deputato forzista Enrico Costa, il quale commenta una circolare del Csm che dovrebbe essere messa al voto del plenum il prossimo mercoledì: “Il Consiglio superiore della magistratura approverà una circolare in base alla quale un magistrato, per subire conseguenze sulle valutazioni di professionalità, deve sballare oltre due o tre dei suoi provvedimenti. E pare che la voteranno tutti, laici e togati. Appassionatamente” .

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Sanità Basilicata: a processo il governatore Bardi

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Con l’accusa di concorso in induzione a dare o promettere utilità, il presidente della Giunta regionale della Basilicata, Vito Bardi (Forza Italia) è stato rinviato a giudizio nell’ambito di un’inchiesta del 2022 sulla sanità lucana. A processo – la prima udienza è stata fissata per il 20 gennaio 2025 – anche altri quattro esponenti politici lucani di primo piano, all’epoca dei fatti assessori della Giunta di centrodestra: si tratta del senatore Gianni Rosa (Fratelli d’Italia), dell’assessore regionale alle Attività produttive, Francesco Cupparo (Forza Italia), e dei consiglieri regionali Francesco Fanelli (Lega) e Rocco Leone (Fratelli d’Italia).

Negli scorsi mesi, con l’abolizione del reato d’ufficio, era uscita dal procedimento, l’ex assessore Donatella Merra. Eletto per la prima volta nel 2019 e poi riconfermato governatore lucano nello scorso mese di aprile con il 56,6% contro il 42,2% di Piero Marrese, candidato del centrosinistra, Bardi finora non ha voluto commentare la decisione del gup Francesco Valente. Il 7 ottobre 2022 l’inchiesta portò a due arresti: in carcere finì l’allora capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Francesco Piro, ai domiciliari l’ex sindaca di Lagonegro, Maria Di Lascio.

Il principale filone delle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Potenza riguardava la presunta defenestrazione, decisa – secondo gli inquirenti – a tavolino dalla Giunta di centrodestra, anche attraverso una riduzione di fondi di circa 12 milioni di euro, di Massimo Barresi (il principale accusatore dell’inchiesta) dalla direzione generale dell’ospedale San Carlo di Potenza, il più importante della regione. L ‘altro filone, invece, prendeva in esame il presunto “mercimonio politico-elettorale” a Lagonegro, città di Piro e Di Lascio, in occasione delle elezioni comunali del 2020. In serata, al termine dell’udienza preliminare che si è tenuta nel Palazzo di giustizia del capoluogo lucano, il gup ha in totale rinviato a giudizio 19 persone (tra cui anche Piro e Di Lascio), mentre per altre cinque è stato disposto il non luogo a procedere. Con il rito abbreviato, invece, ne sono state assolte altre tre: l’attuale direttore generale del San Carlo, Giuseppe Spera (subentrato proprio a Barresi), l’ex dirigente dell’Ufficio legislativo e della segreteria della Giunta regionale della Basilicata, Antonio Ferrara e l’imprenditore Antonello Canonico. (

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