La vicenda della richiesta di pagamento di un ticket sanitario inviata dalla ASL di Pescara alla madre di una delle vittime della tragedia di Rigopiano ha suscitato polemiche e indignazione. Gianluca Tanda, presidente del Comitato vittime di Rigopiano e fratello di Marco, deceduto a 25 anni sotto le macerie dell’hotel, ha dichiarato: “Ringraziamo il direttore generale della ASL per la disponibilità, ma se quel ticket va pagato lo pagheremo. Accetteremo di non pagare solo nel caso in cui quella cartella verrà annullata”.
La posizione della ASL di Pescara
Il direttore generale della ASL, Vero Michitelli, ha spiegato che la diffida è un “atto dovuto” in quanto l’azienda sanitaria è obbligata per legge a richiedere il saldo delle prestazioni non pagate. Tuttavia, colpito dalla situazione umana, Michitelli si è detto disponibile a saldare personalmente il ticket di 40,97 euro, che include 4,82 euro per le spese di spedizione della diffida.
La risposta della famiglia Tanda
Gianluca Tanda ha respinto l’offerta del direttore generale, sottolineando l’assurdità della vicenda. Ha ricordato che la madre si era sentita male all’interno del pronto soccorso di Penne, dove i familiari attendevano notizie, e che il personale sanitario era intervenuto autonomamente in suo aiuto. “Conviviamo con il dolore e proviamo a farlo nel migliore dei modi, ma ogni volta c’è qualcosa che ci riporta a quelle ore drammatiche”, ha affermato Tanda.
La tragedia di Rigopiano
Il 18 gennaio 2017, una valanga travolse l’hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), causando la morte di 29 persone. Marco Tanda, pilota di aerei originario di Castelraimondo (Macerata), si trovava nell’hotel insieme alla fidanzata Jessica Tinari, 24enne di Vasto (Chieti); entrambi persero la vita sotto le macerie.
La richiesta di pagamento del ticket sanitario alla madre di una vittima di Rigopiano evidenzia le rigidità burocratiche che possono ferire ulteriormente chi ha già subito gravi perdite. La famiglia Tanda, pur riconoscendo la disponibilità del direttore generale della ASL, sottolinea l’importanza di un approccio più umano e sensibile da parte delle istituzioni in situazioni così delicate.
I Carabinieri della Compagnia di Melito Porto Salvo hanno portato a termine un’importante operazione contro la detenzione abusiva di armi e il traffico di droga. Grazie alla collaborazione tra la Stazione dei Carabinieri di Saline di Montebello Jonico e lo Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, è stato sequestrato un imponente arsenale, comprendente anche armi da guerra, esplosivi e una considerevole quantità di cocaina pronta per lo spaccio. L’operazione rappresenta un segnale forte dell’impegno dei Carabinieri nel contrastare la criminalità organizzata e preservare la sicurezza del territorio.
Nei giorni scorsi, attraverso un’attività di perlustrazione e monitoraggio, i Carabinieri hanno scoperto e sequestrato un arsenale e un ingente quantitativo di stupefacenti nascosti su due terreni distinti. Uno dei terreni era abbandonato e privo di recinzioni, mentre l’altro risultava di proprietà di sei sorelle, deferite in stato di libertà per detenzione abusiva di armi e sostanze stupefacenti.
Durante l’intervento, le forze dell’ordine hanno rinvenuto:
• Un fucile automatico AK-47 Kalashnikov con matricola punzonata e due serbatoi vuoti;
• Tre pistole (di cui due con matricola abrasa) e tre fucili (due con matricola punzonata);
• Più di 500 cartucce di vari calibri, incluse alcune da guerra;
• Circa 500 grammi di cocaina pura, con un valore di mercato stimato in circa 150.000 euro;
• Due bilancini di precisione per la suddivisione della droga in dosi.
Gran parte del materiale era occultato in tubi dell’acqua e strutture di legno simili a pollai, accuratamente avvolto in cellophane e riposto in custodie. Questo sofisticato sistema di occultamento evidenzia l’organizzazione e le precauzioni prese per sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine.
In un terreno abbandonato, i Carabinieri hanno anche rinvenuto 200 grammi di tritolo con innesco e un ordigno artigianale tipo “bomba carta” del peso di 1,2 kg, nascosti all’interno di un tubo di ferro sepolto sotto terra e pietrisco. In questa stessa area sono state trovate altre tre pistole, di cui una nascosta in un calzino, un fucile sovrapposto calibro 20 e ulteriori 165 cartucce di vario calibro.
Gli artificieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno provveduto a neutralizzare in loco il materiale esplosivo, assicurando così la massima sicurezza. L’intero arsenale e le droghe sequestrate sono state poste sotto sequestro penale e sono ora a disposizione dell’Autorità Giudiziaria per approfondimenti balistici e scientifici. In particolare, per le armi si procederà a verifiche per determinare se siano state utilizzate in episodi delittuosi o provengano da furti.
La fase delle indagini preliminari è tuttora in corso, e vale per gli indagati il principio di presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva.
I carabinieri della Compagnia di Pontecorvo stanno indagando per ricostruire cosa sia accaduto ad una donna di 39 anni trovata questa sera riversa sul cortile dell’abitazione di famiglia nella località di campagna Fontana Merola a Pontecorvo, nel sud della provincia di Frosinone. Sul posto è intervenuta un’ambulanza del 118 che l’ha trasferita d’urgenza al Pronto Soccorso dell’ospedale di Cassino dove la donna è stata sottoposta ad un intervento chirurgico per arginare le lesioni interne. La posizione in cui la donna è stata ritrovata è in corrispondenza di una finestra al primo piano dell’abitazione, che si trova a circa 6 metri dal suolo: un’altezza non eccessiva che porta per questo i carabinieri ad escludere la volontà di un gesto estremo L’allarme al 118 ed ai carabinieri è stato dato da un familiare che si trovava al piano terreno dell’abitazione.
Dalle prime ore dell’alba di oggi, i Carabinieri della Compagnia di Napoli Centro hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di sei individui. Questi sono ritenuti gravemente indiziati di far parte di un’associazione criminale dedita a reati contro il patrimonio, principalmente attraverso la cosiddetta “tecnica del buco”.
L’indagine, avviata nel novembre 2023, ha permesso agli inquirenti di ricostruire l’attività e la struttura del gruppo, che si avvaleva di un’organizzazione stabile e ben definita. Grazie a intercettazioni, videosorveglianza e servizi di osservazione, i Carabinieri hanno scoperto che la banda utilizzava il sottosuolo di Napoli come un’arteria per raggiungere gli obiettivi designati. La rete fognaria e i tunnel sotterranei sono stati sfruttati per portare a termine le operazioni di scavo, con accesso garantito dalla disponibilità di locali adibiti a deposito situati in punti strategici della città.
Le operazioni criminali
Tra i crimini attribuiti alla banda spiccano diversi episodi:
• Rapina in un fast food: Il gruppo ha fatto irruzione, armato e travisato, in un noto fast food situato in Piazza Carità. La banda è riuscita a penetrare nel locale attraverso il sottosuolo, minacciando il personale con una pistola e impossessandosi di un bottino pari a 8.200 euro.
• Furto in una tabaccheria: La banda ha preso di mira una tabaccheria nei pressi di Piazza Bovio. Dopo essersi introdotti dal sottosuolo, gli indagati hanno sottratto tabacchi, valori bollari, sigarette elettroniche, gratta e vinci e biglietti della lotteria per un valore complessivo di circa 40.000 euro. La refurtiva è stata in seguito rinvenuta e sequestrata.
• Tentata rapina a un ufficio postale: Un colpo accuratamente pianificato, volto a rubare il denaro consegnato da un istituto di vigilanza presso l’ufficio postale di Piazza Matteotti. La banda aveva completato gli scavi necessari nel sottosuolo, ma il tempestivo intervento dei Carabinieri ha impedito il crimine.
• Tentato furto in una banca: Anche la filiale di una banca in Piazza Bovio è stata presa di mira dalla banda, con l’obiettivo di saccheggiare lo sportello ATM. Come nel caso dell’ufficio postale, gli scavi erano stati completati, ma l’intervento delle forze dell’ordine ha impedito il furto.
L’attività criminale si è estesa anche alla falsificazione di documenti. Gli indagati avevano creato una carta d’identità elettronica falsa, con le generalità alterate e la foto di un prestanome, per ottenere la locazione di un deposito usato come base logistica. Questo deposito era fondamentale per custodire materiali, refurtiva e garantire l’accesso alla rete sotterranea di Napoli.
Le sei persone coinvolte sono gravate da precedenti specifici per reati di tipo predatorio. L’ordinanza di custodia cautelare è stata disposta come misura cautelare in fase di indagine preliminare. Tuttavia, essendo ancora nella fase investigativa, gli indagati sono da considerarsi innocenti fino a eventuale sentenza definitiva.