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Cronache

La morte della baronessa Rothschild, svolta dopo 44 anni

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Potrebbe esserci una svolta, 44 anni dopo, sulla scomparsa di Jeanette Bishop, l’ex baronessa Rothschild e della sua assistente italiana Gabriella Guerin, sparite nel nulla sui Monti Sibillini nel 1980. Il procuratore di Macerata Fabrizio Narbone non svela dettagli né tantomeno elementi che possano far capire la direzione presa dalle indagini, ma conferma che il fascicolo per la morte delle due donne è stato riaperto, come anticipato dalla trasmissione ‘Quarto Grado’. E l’ipotesi di reato è duplice omicidio. Dunque, sarebbero state ammazzate. La svolta però, dice il procuratore, arriverà “tra qualche mese, per tenerci un pò larghi”. Non ci sarebbe stato una fatto nuovo a far riaprire il caso. Ma, spiega Narbone, “abbiamo pensato che questo poteva essere l’ultimo momento per cercare di arrivare alla verità, alla ricostruzione di quei fatti che sono rimasti sospesi”.

“Il momento è delicato – aggiunge – stiamo lavorando sperando di avere poi un risultato”. Un lavoro che prevede anche l’audizione di decine di testimoni. “Sono parecchie persone” conferma Narbone che poi aggiunge: “abbiamo riletto tutti gli atti, andando a vedere se c’erano spiragli per valutare l’esistenza di contraddizioni e abbiamo ritenuto che ci fosse una possibilità di arrivare a trovare la soluzione”. Del resto “più passa il tempo e più le persone che potevano essere implicate in questa storia, o che ne fossero a conoscenza sono destinate a scomparire”. A questo punto “i tempi saranno ragionevolmente brevi. Nel bene o nel male i tempi saranno stretti, insomma, brevi”.

Secondo quanto anticipato da Quarto Grado sarebbero già stati ascoltati alcuni testimoni. Ma molti dei protagonisti di allora sono deceduti. Dei cacciatori che hanno trovato le spoglie delle due donne, nell’area del cimitero di Potalla di Fiastra, martoriate dalle intemperie e dall’aggressione di animali, uno è ancora in vita e un secondo non è più residente nella zona. Così come è deceduto, 4 anni fa, il supertestimone di allora, Daniele Talocco, già vice pretore onorario di San Ginesio, tra gli ultimi a vedere le due donne vive nella piazza di Sarnano il pomeriggio della scomparsa. Alloggiavano all’abergo ai Pini. Jeanette Bishop era nella zona perchè aveva acquistato un casolare, da ristrutturare, in Contrada Schito. E proprio per occuparsi della sua ristrutturazione le due donne erano nella zona dove avrebbero dovuto incontrare il geometra che se ne sarebbe occupato.

Ma che non le ha mai incontrate. E che è oggi tra i testimoni della Procura. Il giorno della scomparsa le due donne hanno lasciato il loro alloggio, verso le 17, e si sono avventurate in auto verso i monti Sibillini per raggiungere il rifugio Casa Galoppa (oggi Rifugio Ricotta) tra le cime del Gran Sasso sfidando una nevicata eccezionale. Verranno ritrovate nell’area del cimitero del borgo di Podalla a metà strada tra San Lorenzo al Lago e la diga. In un’area di 200 metri. La loro auto, una Peugeot 105, era stata avvistata durante un sorvolo dell’elicottero dei carabinieri, 17 giorni dopo la loro scomparsa. Fulcro della vicenda rimane la zona del Monti Sibillini, nei pressi di Sarnano, nel Maceratese dove il 29 novembre 1980 sono stati rinvenuti i corpi delle due vittime. Corpi mai trovati prima, nonostante le ricerche avessero setacciato la zona a lungo. Invece il 27 gennaio 1982, in un bosco a Podalla di Fiastra (Macerata), la macabra scoperta a pochi mesi dall’annuncio di una taglia di 100 milioni messa a disposizione dal secondo marito della baronessa, l’imprenditore Stephen May. Oggi a Fiastra il comune ha costruito una edicola votiva.

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Cronache

Richiesta di pagamento del ticket alla madre di una vittima di Rigopiano: la famiglia risponde

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La vicenda della richiesta di pagamento di un ticket sanitario inviata dalla ASL di Pescara alla madre di una delle vittime della tragedia di Rigopiano ha suscitato polemiche e indignazione. Gianluca Tanda, presidente del Comitato vittime di Rigopiano e fratello di Marco, deceduto a 25 anni sotto le macerie dell’hotel, ha dichiarato: “Ringraziamo il direttore generale della ASL per la disponibilità, ma se quel ticket va pagato lo pagheremo. Accetteremo di non pagare solo nel caso in cui quella cartella verrà annullata”.

La posizione della ASL di Pescara

Il direttore generale della ASL, Vero Michitelli, ha spiegato che la diffida è un “atto dovuto” in quanto l’azienda sanitaria è obbligata per legge a richiedere il saldo delle prestazioni non pagate. Tuttavia, colpito dalla situazione umana, Michitelli si è detto disponibile a saldare personalmente il ticket di 40,97 euro, che include 4,82 euro per le spese di spedizione della diffida.

La risposta della famiglia Tanda

Gianluca Tanda ha respinto l’offerta del direttore generale, sottolineando l’assurdità della vicenda. Ha ricordato che la madre si era sentita male all’interno del pronto soccorso di Penne, dove i familiari attendevano notizie, e che il personale sanitario era intervenuto autonomamente in suo aiuto. “Conviviamo con il dolore e proviamo a farlo nel migliore dei modi, ma ogni volta c’è qualcosa che ci riporta a quelle ore drammatiche”, ha affermato Tanda.

La tragedia di Rigopiano

Il 18 gennaio 2017, una valanga travolse l’hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), causando la morte di 29 persone. Marco Tanda, pilota di aerei originario di Castelraimondo (Macerata), si trovava nell’hotel insieme alla fidanzata Jessica Tinari, 24enne di Vasto (Chieti); entrambi persero la vita sotto le macerie.

La richiesta di pagamento del ticket sanitario alla madre di una vittima di Rigopiano evidenzia le rigidità burocratiche che possono ferire ulteriormente chi ha già subito gravi perdite. La famiglia Tanda, pur riconoscendo la disponibilità del direttore generale della ASL, sottolinea l’importanza di un approccio più umano e sensibile da parte delle istituzioni in situazioni così delicate.

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Savona: operaio precipita da viadotto e muore

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Un operaio di 29 anni, Mbow Ousrisme, di origine africana e residente a Novara, è morto questa mattina precipitando da un viadotto dell’autostrada A6. La tragedia è avvenuta questa mattina intorno alle 9.30 nei pressi della galleria Nigiu, tra i caselli di Altare e Savona. L’operaio, dipendente di una ditta subappaltatrice, stava lavorando al montaggio di un ponteggio sotto l’impalcato del viadotto quando, per cause ancora da chiarire, è precipitato nel vuoto: un volo di 20 metri che non gli ha lasciato scampo. Inutili i tentativi di soccorso e l’arrivo dell’elicottero. Per recuperare la salma nella boscaglia sotto il viadotto è stato necessario utilizzare un’autoscala.

Il pubblico ministero Elisa Milocco ha disposto l’autopsia sul corpo del giovane. Il tratto di A10 è rimasto chiuso per diverse ore, la riapertura è arrivata solo all’ora di pranzo. Inevitabili le ripercussioni anche sulla viabilità ordinaria: sulla Sp29 si è formata una lunga coda in direzione Savona. Immediate le reazioni dei sindacati e del mondo politico. “Continua purtroppo la catena di infortuni mortali sul lavoro in ambito autostradale, e nonostante ciò, la Regione Liguria non ha intenzione di dare corso ed applicare la legge regionale su maggior sicurezza in questo ambito – denuncia la Cgil – La Regione Liguria è quindi responsabile di non attuare la norma vigente che è stata pensata e voluta proprio per contribuire al miglioramento delle condizioni di lavoro e di sicurezza in questo particolare settore”.

Altrettanto critica Cisl Liguria: “È il sedicesimo morto nel 2024 nel nostro territorio – dice il segretario generale Luca Maestripieri – Al nuovo presidente della Regione Marco Bucci, che è ‘uomo del fare’, chiediamo di fare insieme a noi la differenza. Fino ad oggi tutte le nostre denunce e i nostri appelli sono caduti nel vuoto ed è continuata la mattanza”. Parole di condanna anche da Valentina Ghio, vicepresidente gruppo Pd alla Camera: “L’ennesimo incidente sul lavoro richiede che governo nazionale e regionale mettano in campo azioni più incisive per fronteggiare i rischi che ogni giorno decine e decine di lavoratori corrono”. Nella giornata sono avvenuti anche altri due incidenti: a Riva Trigoso, nello stabilimento di Fincantieri dove un operaio è stato colpito da un portello ed è stato trasferito in ospedale e l’altro ad Anagni dove un’operaia di 44 anni è stata investita oggi da un muletto in manovra all’interno dell’azienda logistica della quale è dipendente. La donna è in prognosi riservata.

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Giudice di Catania annulla trattenimento di un migrante: Egitto non è Paese sicuro

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Una lista di ‘paesi sicuri’ “non esime il giudice all’obbligo di una verifica della compatibilità” di tale “designazione con il diritto dell’Unione europea” e “in Egitto ci sono gravi violazioni dei diritti umani” che “investono le libertà di un ordinamento democratico”. Lo scrive il Tribunale di Catania nel provvedimento con cui non ha convalidato il trattenimento disposto dal questore di Ragusa di un migrante arrivato dall’Egitto, che a Pozzallo ha chiesto lo status di rifugiato. “E’ la prima pronuncia di questo tipo dopo il decreto legge sui paesi sicuri”, commenta il legale del migrante, l’avvocata Rosa Emanuela Lo Faro.

La valutazione sull’Egitto paese non sicuro è stata adottata dal Tribunale di Catania, nel non convalidare il trattenimento di un migrante, “su una serie di fonti di informazioni, comprese in particolare le informazioni fornite da altri Stati membri, dall’Easo, dall’Unhcr, dal Consiglio d’Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti”. Secondo il presidente Massimo Escher è “uno dei Paesi in cui si applica la pena di morte e nel quale il numero delle esecuzioni è fra i più alti del mondo”, Vi si sono “verificati anche recentemente casi di detenzioni arbitrarie e arresti senza mandato da parte delle forze di polizia, è comune la pratica della detenzione preventiva e non sono infrequenti le sparizioni forzate”.

Inoltre, osserva il Tribunale, “si registrano violazioni in materia di libertà di religione e diritti civili, violenze e discriminazioni su donne e minori” e “nell’ultimo rapporto del comitato sulla tortura delle Nazioni Unite si denuncia un uso sistematico della tortura e dei maltrattamenti da parte di polizia, guardie penitenziarie, membri delle forze dell’ordine e degli apparati militari”. Per il presidente Escher sono elementi che portano “de plano il decidente a negare che l’Egitto possa ritenersi Paese sicuro alla luce del diritto dell’Unione europea”.

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