Nel mezzo della riunione dei consiglieri regionali dem, arriva direttamente Vincenzo De Luca. Oltre ad essere il governatore della Campania, De Luca è anche un consigliere regionale iscritto al gruppo PD, e ieri è stata una giornata intensa per il partito, riunitosi per discutere la controversa legge che potrebbe aprire la strada al terzo mandato del governatore. La norma, una trasposizione di quella nazionale del 2004 sul limite dei mandati, è stata utilizzata già da Luca Zaia in Veneto, e ora De Luca intende seguirne l’esempio. Ma la segretaria nazionale del PD, Elly Schlein, in una videocall con i consiglieri, ha ribadito che “non può esserci e non ci sarà un terzo mandato per il governatore”.
Il dilemma dei consiglieri dem: o con il Pd nazionale o con De Luca
La richiesta della Schlein di fermare l’iter della legge ha scatenato il panico tra i consiglieri campani, posti ora di fronte a un bivio: allinearsi al partito nazionale o sostenere il governatore. Per prendere tempo, i consiglieri dem hanno deciso di non presentarsi alla seduta della I commissione, dove il provvedimento avrebbe dovuto ottenere il via libera, e si sono riuniti per decidere il da farsi.
La proposta di De Luca: una via di mezzo per salvare il partito e il terzo mandato
Durante l’incontro, De Luca ha proposto una soluzione per risolvere la crisi. Secondo il governatore, il voto in aula martedì potrebbe avere un valore puramente tecnico, simile a quanto già fatto in altre regioni, con una dichiarazione che affidi la scelta del candidato presidente dei partiti e della coalizione, evitando quindi che la legge diventi automaticamente un via libera al suo terzo mandato. Il capogruppo dem Mario Casillo sta ora valutando con i vertici nazionali del PD la fattibilità di questa soluzione per placare le tensioni interne.
Rinviare la decisione alle elezioni di Emilia e Umbria
Alcuni consiglieri dem, già segnati dalle recenti difficoltà elettorali del PD in Liguria, vedono in questa proposta una possibilità di guadagnare tempo. La decisione finale potrebbe essere posticipata a dopo le elezioni regionali di Emilia e Umbria, quando si avrà un quadro più chiaro della leadership di Schlein nel partito. Intanto, il governatore ha convocato una nuova riunione di maggioranza per domani mattina alle 11, segno della delicatezza del momento. Nel pomeriggio, alle 15, è previsto un passaggio decisivo in I commissione, in vista dell’approdo del testo in consiglio regionale martedì.
Rimane anche aperta l’ipotesi di portare la norma sul terzo mandato in aula insieme alla nuova legge elettorale, anche se non c’è accordo tra i partiti sulle soglie di sbarramento e sul divieto di candidatura per i sindaci dei piccoli comuni. La situazione resta dunque incerta, e l’obiettivo è evitare che i consiglieri debbano scegliere tra il PD nazionale e De Luca nel giro di pochi giorni.
Il Partito Democratico affronta giorni di tensione sul possibile terzo mandato di Vincenzo De Luca(nella foto Imagoeconomica in evidenza) alla presidenza della Campania. Dopo settimane di indiscrezioni, la segretaria del PD Elly Schlein (nella foto Imagoeconomica assieme a Piero De Luca, deputato Pd e figlio del presidente delal Regione Campania) assieme ha chiarito la posizione del partito, definendo “fuori luogo” l’approvazione di una norma che permetterebbe a De Luca di candidarsi nuovamente. Schlein ha espresso la posizione del PD, dichiarando che “i mandati del governatore finiscono qui”. Nonostante una telefonata tra Schlein e De Luca nella quale la segretaria ha ribadito la necessità di fermarsi, il governatore ha confermato la propria volontà di continuare, aprendo una divisione interna.
Bivio per i consiglieri regionali: con il PD o con De Luca
I consiglieri regionali campani del PD sono così posti davanti a una scelta: seguire la linea del partito o sostenere il provvedimento che potrebbe riaprire le porte a De Luca. La situazione si è ulteriormente complicata durante una riunione, a cui hanno partecipato, oltre ai consiglieri regionali, il commissario PD Antonio Misiani e il responsabile dell’organizzazione Igor Taruffi. A sorpresa, si è collegata anche Schlein, la quale ha ribadito che “portare in aula questo provvedimento ora è sbagliato”. Secondo la segretaria, infatti, tale norma dovrebbe essere discussa all’inizio della legislatura e non alla fine, sollevando così dubbi sull’opportunità di procedere con il voto.
Le posizioni dei consiglieri dem: divergenze interne e pressioni del Nazareno
Durante la riunione, i consiglieri si sono sfogati. Gennaro Oliviero e Maurizio Petracca, rappresentante dell’area irpina, hanno lamentato settimane di pressioni, sottolineando che un incontro con la segretaria sarebbe stato utile in anticipo. La Schlein ha quindi affermato che, pur senza imporre un diktat, la linea del partito è quella di “stoppare la norma”. Questo, di fatto, impone ai consiglieri una scelta netta: restare allineati al PD nazionale o sostenere De Luca, mettendosi così fuori dal perimetro del partito.
Nel Nazareno si è consapevoli che il gruppo regionale, composto da otto consiglieri, potrebbe vedere due o tre membri votare comunque a favore della norma. Tuttavia, per agevolare la gestione della crisi, è stato deciso di prorogare la carica del commissario Misiani per quattro mesi, invece che per un anno, rispondendo alle richieste emerse durante il congresso.
Il nodo della legge e il confronto interno del PD
Il capogruppo Mario Casillo ha ricordato che il provvedimento è già stato incardinato e che la prima commissione consiliare si è già riunita per discuterne. Schlein ha suggerito di rallentare l’iter, offrendo ai consiglieri più tempo per trovare una soluzione interna. Così, il gruppo PD ha deciso di non presentarsi alla seduta della commissione, rinviando la decisione. Si cerca una sintesi tra chi vuole fermare il provvedimento e chi crede che si possa proseguire, sottolineando che la legge non garantisce automaticamente a De Luca un terzo mandato.
Schlein e De Luca a confronto diretto: chi seguiranno i consiglieri?
La tensione culmina con l’arrivo a sorpresa di De Luca a una riunione con i consiglieri regionali. Anche lui, come la Schlein, vuole una risposta chiara dai consiglieri: con chi intendono schierarsi? La decisione attesa per martedì potrebbe segnare una svolta per il partito in Campania e una ridefinizione dei rapporti tra il PD nazionale e le realtà regionali.
Le polemiche sul presunto conflitto di interessi del sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato continuano ad alimentare un acceso dibattito. Il caso è esploso dopo un post su Instagram della segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, che ha puntato il dito contro la doppia veste di Gemmato: da un lato socio di cliniche private e dall’altro sottosegretario alla sanità pubblica. Secondo Schlein, questa duplice posizione sarebbe un chiaro segnale di come il governo stia favorendo la sanità privata a discapito di quella pubblica, con pesanti conseguenze sui cittadini.
Schlein: “È un insulto per i 4,5 milioni di italiani che rinunciano a curarsi”
La leader del PD ha sottolineato come, a suo dire, la destra italiana stia seguendo un “preciso disegno” per indebolire la sanità pubblica. Schlein afferma: “Lo abbiamo sempre detto. La destra non sta smantellando la sanità pubblica per sciatteria, ma per un preciso disegno. E chi ci guadagna? Solo loro, la destra.” In particolare, ha criticato il fatto che una clinica privata, di cui Gemmato sarebbe socio, pubblicizzi tempi d’attesa ridotti per attrarre pazienti, in un contesto in cui 4,5 milioni di italiani hanno già rinunciato alle cure proprio a causa delle lunghe liste d’attesa nel sistema pubblico. Schlein ha infine chiesto le dimissioni di Gemmato, definendo “inaccettabile” il suo ruolo di amministratore pubblico con interessi diretti nella sanità privata.
Gemmato risponde alle accuse: “Nessun conflitto di interessi”
Non si è fatta attendere la risposta del sottosegretario Marcello Gemmato, che ha respinto fermamente le accuse di conflitto d’interessi, pubblicando un post su Facebook. Gemmato ha specificato di possedere solo il 10% delle quote della clinica in questione, senza avere alcuna responsabilità gestionale o, tantomeno, legami diretti con i contenuti pubblicati dal sito della clinica. Ha inoltre dichiarato che il Garante della concorrenza avrebbe già confermato l’assenza di un vero conflitto d’interessi.
Nel suo post, Gemmato ha attaccato duramente la sinistra, descrivendola come “bugiarda e rancorosa”. Secondo il sottosegretario, il problema delle liste d’attesa è il risultato di anni di “mala gestione” della sanità pubblica da parte dei governi di sinistra. Ha ribadito che il governo Meloni, in collaborazione con il ministro della Salute Schillaci, sta lavorando per affrontare questo problema e migliorare l’efficienza della sanità pubblica.
Una manovra “inadeguata”: Cgil e Uil scendono in piazza, di nuovo senza la Cisl, e contro le scelte messe in campo dal governo Meloni. E per chiedere di cambiare la legge di Bilancio tornano a proclamare insieme lo sciopero generale: la data è quella di venerdì 29 novembre. Una decisione che incide con un’ulteriore frattura sul fronte sindacale, cristallizzando posizioni assai diverse, e che riaccende lo scontro con la maggioranza. “Direi che c’è un piccolissimo pregiudizio”, ironizza la premier Giorgia Meloni, che intervistata da Bruno Vespa indica i temi in manovra che ai sindacati dovrebbero piacere e sottolinea che la protesta arriva prima della convocazione prevista per martedì a Palazzo Chigi.
La Lega, poi, non usa mezzi termini e respinge ai mittenti le ragioni della protesta: “Sindacati ridicoli, scioperano contro l’aumento dei redditi”. La mobilitazione potrebbe, al contrario, trovare la sponda dell’opposizione, come già successo più volte, anche nelle ultime piazze. Otto ore di stop e manifestazioni territoriali accompagneranno lo sciopero generale mentre la politica inizia ad immaginare le modifiche alla legge di Bilancio che, per ora, sembrano riguardare le criptovalute e l’introduzione dei rappresentanti della Ragioneria nelle società che ottengono aiuti pubblici.
Arriveranno con gli emendamenti entro l’11 novembre con l’obiettivo di chiudere la manovra prima di Natale. Ma i temi delle modifiche sembrano davvero distanti da quelli dello sciopero generale, il quarto consecutivo di Cgil e Uil contro la manovra: lo avevano fatto a dicembre 2021 quando c’era il governo Draghi, e poi a dicembre 2022 e a novembre 2023 con il governo Meloni. Ora di nuovo a fine novembre. La piattaforma è una sfilza di critiche su fisco, salari e pensioni, sanità, sicurezza sul lavoro. Si chiede di cambiare la manovra che non risolve i problemi del Paese, anzi lo “porta a sbattere”.
Pierpaolo Bombardieri Segretario Generale Uil, Maurizio Landini Segretario Generale Cgil. Foto imagoeconomica
Si dice no ai tagli e si rivendica l’aumento del potere d’acquisto, il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali. Bisogna prendere “i soldi dove sono”: extraprofitti, rendite e grandi ricchezze, evasione. Non è sufficiente inoltre la conferma del taglio del cuneo fiscale.
“Due sindacati di estrema sinistra scioperano contro l’aumento dello stipendio per 14 milioni di dipendenti fino a 40mila euro di reddito?”, è la replica della Lega. Risponde anche la premier che parla di riduzione del precariato’, aumento dei salari”, taglio del cuneo e soldi sui redditi più bassi, aumento dell’occupazione femminile e di 3,6 miliardi presi dalle banche. E potrebbe non bastare la convocazione a Palazzo Chigi per martedì 5 novembre.
Da lunedì 4 partono le audizioni alla Camera, che si chiudono il 7 con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Una convocazione considerata tardiva e che rischia di essere solo “una informativa”, attaccano ancora Landini e Bombardieri (nella foto imagoeconomica in evidenza) che vedono pochissimi margini di cambiamento e ovviamente – dice il leader Uil – si è pronti a rivedere la decisione dello sciopero se il governo dovesse accettare le proposte. All’opposto il giudizio della Cisl, che con il leader Luigi Sbarra rimarca i punti positivi: gran parte dei 30 miliardi della manovra è concentrata su “interventi coerenti con le nostre richieste”.
Non mancano le scintille con Landini. A farle partire le parole del leader della Cgil: “Se altre organizzazioni pensano che il compito sia dire sempre al governo ‘come sei bravo e bello’, io invece penso che bisogna tutelare gli interessi dei lavoratori”. Parole che “offendono” la Cisl, replica Sbarra, consigliandogli “di rivestire i panni del sindacalista e di smetterla di fare da traino ad un’opposizione politica che non ha bisogno di collateralismi”.