La crisi dell’industria non si ferma, con il fatturato che va ancora giù ad agosto. Segna invece una battuta d’arresto l’occupazione a settembre, dopo tre mesi di crescita. Il bilancio nei dodici rimane comunque positivo, anche se il calo mensile apre all’interrogativo se il mercato del lavoro italiano sia davanti ad una inversione di tendenza o solo ad un inciampo. Il quadro dell’Istat si muove così tra dati altalenanti. Ultimi quelli sull’inflazione che ad ottobre torna a salire, con l’accelerazione del carrello della spesa.
La debacle del fatturato dell’industria si riassume nel nuovo segno meno registrato ad agosto, contenuto ad un -0,1% rispetto al mese precedente ma che tocca il -4,6% rispetto ad un anno prima. In questo caso, è il 17esimo di fila. Una caduta in valore, oltre che in volumi, che riflette difficoltà nel mercato interno ed europeo, con la locomotiva della Germania ormai in frenata. Altro fronte, quello del lavoro. A settembre, dopo aver toccato livelli record, il numero degli occupati scende di 63mila unità (-0,3%), tornando sotto quota 24 milioni (a 23 milioni 983mila).
Diminuiscono sia i dipendenti permanenti che a termine, sia uomini che donne, mentre rimangono stabili gli autonomi. Ma nell’arco di un anno, gli occupati sono comunque 301mila in più (+1,3%). Si conferma la spinta all’insù che arriva innanzitutto dai dipendenti a tempo indeterminato (+331mila) e poi dagli autonomi (+81mila) e, all’opposto, il calo dei dipendenti a termine (-110mila). E nonostante il calo mensile, il terzo trimestre chiude con un incremento di 84mila occupati (+0,4%). Se il tasso di occupazione a settembre dunque scende al 62,1%, il tasso di disoccupazione risulta stabile al 6,1% – comunque ai minimi di maggio 2007 – ma sale quello giovanile al 18,3%. E crescono gli inattivi, ovvero coloro che non hanno un lavoro e non lo cercano (il tasso di inattività sale al 33,7%).
La riduzione degli occupati si inscrive in un quadro di “forte rallentamento dell’economia”, sottolinea l’Ufficio studi di Confcommercio. Con il rischio che se proseguisse nei prossimi mesi, avverte, “ne conseguirebbero gravi effetti sia sulla crescita del 2024 sia, soprattutto, su quella del 2025”. Al momento, comunque, il mercato del lavoro appare “ancora solido e vitale, nonostante questo inciampo”. Vede “nuovi segnali di criticità” Confesercenti sostenendo che questa battuta d’arresto “va monitorata con attenzione perché, pur mantenendo una crescita rispetto all’anno precedente, si collegherebbe alla frenata in atto dell’economia”.
Un quadro che vede ad ottobre un aumento dell’inflazione allo 0,9% su base annua (dal +0,7% del mese precedente). Una lieve ripresa, considerata quasi fisiologica, ma che pesa di più per alcuni settori, gli alimentari in testa. Tanto che il cosiddetto carrello della spesa torna a correre: i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona accelerano al +2,2%. I consumatori rilanciano l’allarme. Per una famiglia con due figli questa risalita equivale ad un aggravio di spesa pari in media a +238 euro annui solo per l’acquisto di cibi e bevande, calcola il Codacons. Parla di “autunno caldo sul fronte dei prezzi”, l’Unione nazionale dei consumatori.
Di qui il richiamo ad intervenire per sostenere i consumi e a cascata l’attività delle imprese. “Un Paese che non consuma per effetto di prezzi alti e un basso potere d’acquisto, è un Paese che non cresce”, rimarca l’Adoc. Per Federdistribuzione è fondamentale che la legge di Bilancio venga incardinata “nella prospettiva di sostegno ai redditi delle famiglie e di facilitazione degli investimenti e delle opportunità di crescita delle imprese”.