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Politica

Ranucci, con Report non violiamo nessuna normativa Agcom

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“Cercano di fermare la puntata di Report? Siamo certi che non violiamo nessuna normativa Agcom, sono tranquillo”. È intervenuto su Rai Radio2 ai microfoni di Caterpillar con Massimo Cirri e Sara Zambotti, Sigfrido Ranucci giornalista e conduttore di Report, alla vigilia della in onda della puntata di domenica su Rai3, le cui anticipazioni sono al centro delle cronache di questi giorni.

“Ovviamente è una puntata molto delicata come avete potuto leggere dalle anticipazioni”, ha detto Ranucci, “È arrivata poche ore fa la notizia che Gasparri chiede di fermare la puntata di Report, noi siamo certi che non violiamo nessuna normativa Agcom. Ricordo a tutti che il silenzio elettorale riguarda i politici e i partiti, non i giornalisti. Oltretutto essendo un’elezione territoriale non contempla neanche il numero per l’osservazione della par condicio a livello nazionale. Sono tranquillo”.

Raccontando la puntata il conduttore ha spiegato: “Si aprirà con la denuncia di una strage nascosta al largo delle coste della Calabria: 65 morti sostanzialmente nascosti all’opinione pubblica per evitare ‘l’effetto Cutro’. Un fatto molto grave, scoperto da noi di Report con il contributo di alcune testimonianze, compresi coloro che hanno tentato di salvare i profughi. Poi ci sarà l’inchiesta principale che riguarda il ministero della Cultura, con le vicende di Giuli e Spano”.

A proposito delle dimissioni del capo di gabinetto del Mic ha ribadito: “Non crediamo di aver avuto un ruolo in questo, sicuramente il fatto di aver anticipato un conflitto di interessi al Maxxi ha avuto un peso, ma credo che le motivazioni delle dimissioni vadano cercate nei contenuti delle chat del gruppo di Fratelli d’Italia che sono state anticipate dai giornali e dagli attacchi omofobi, non certo nello sguardo di Report, che è lontano dal gossip e l’omofobia ma solo nell’interesse pubblico”. Ranucci ha aggiunto: “Cominciamo prima, con Lab Report che è un laboratorio dove porto uno sguardo regionale che mancava. Nasce da un’idea con Franco Di Mare, ed è aperto a contributi di giovani giornalisti sul territorio, coraggiosi e indipendenti che vogliono dare il loro apporto”.

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Politica

L’Italia celebra i 70 anni del ritorno di Trieste

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“L’Italia è tornata!”. Così Giovanni Bartoli, il primo sindaco di Trieste eletto democraticamente alla fine del secondo conflitto mondiale, il 26 Ottobre 1954 celebrò il ritorno di Trieste all’ Italia in “piazza Grande” (l’attuale piazza Unita’ d’Italia). Era tale l’entusiasmo che pochi fecero caso a bora scura e temporali. Oggi l’ attuale sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, per il 70/o anniversario di quel ritorno all’ Italia, si è richiamato proprio a Bartoli. Per le celebrazioni è arrivato il presidente del Senato, Ignazio La Russa, e in piazza si è incontrato con Arianna Meloni, giunta ieri per un incontro di FdI e diretta a Udine per una analoga assemblea. In prima fila nel settore delle autorità c’era anche Roberto Menia, con il tricolore al collo, e tanti altri esponenti di destra. Cancellato, a poche ore dall’evento, il concerto della band di estrema destra ‘Ultima frontiera’ previsto, come festa privata, all’Ippodromo della città, il cui utilizzo era stato autorizzato. Una decisione che aveva scatenato forti polemiche vista la natura dei testi della band.

“Ogni anno si ripete il miracolo dell’unione tra la patria e Trieste in memoria di quel giorno e in memoria di quello che successe un anno prima, nel 1953, quando 6 ragazzi vennero uccisi perché volevano che Trieste tornasse all’Italia” ha detto La Russa a margine della cerimonia. Sul palco si sono succeduti vari interventi istituzionali e al termine le bandiere sono state issate confondendo il tricolore di tessuto con quello nebulizzato lasciato in aria dai fumi delle Frecce tricolori che hanno effettuato alcuni suggestivi sorvoli sulla piazza. “Questa città – ha aggiunto La Russa – non è soltanto nel cuore dell’Italia ma è nel cuore dell’Europa”. Poi, il bagno di folla. “Abbiamo un futuro e abbiamo radici perché senza radici non c’è futuro – ha detto a margine il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani – Trieste è la città più italiana di tutto l’Occidente”.

La premier Giorgia Meloni ha inviato un messaggio che è stato letto, non formale e con una proiezione verso il futuro, seppur non tralasciando di sottolineare le lacerazioni e le sofferenze che caratterizzarono gli anni della guerra e quelli del dopoguerra.

“Trieste non è più la città della periferia d’Italia e dell’ Europa, ma è al centro di un’Europa radicata in una comune identità fatta di radici, libertà, democrazia, lavoro e opportunità. È una città al centro di snodi strategici e può ambire a diventare una grande piattaforma logistica proiettata sull’Adriatico, del Mediterraneo e non solo”, ha scritto Meloni. Grandi prospettive di crescita “potrebbero arrivare dallo sviluppo del corridoio economico India-Medio Oriente-Europa” e inoltre se Trieste è “allo stesso tempo ‘la più italiana’ e ‘la più mitteleuropea’ tra le città italiane”, è anche “un ponte naturale tra l’identità italiana e latina, con quella dei popoli slavi e germanici a noi più vicini”. E ipotizza “un ruolo da protagonista anche nella proiezione verso i Balcani Occidentali”, una “regione che non può rimanere ancora a lungo fuori dalla casa comune europea”. L’Italia “continuerà a lavorare affinché il processo di riunificazione dei Balcani occidentali all’Europa possa proseguire”.

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Politica

Grillo: rivendico diritto all’estinzione del Movimento, Conte è il mago di Oz

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“Io non voglio assolutamente fare casino o meno, io rivendico da creatore del movimento. Rivendico il mio diritto all’estinzione del movimento. Io quando vedo questa bandiera dei 5 Stelle, con davanti il mago di Oz che parla di democrazia diretta, mi viene un buco nello stomaco. Quindi, va benissimo, dobbiamo essere persone civili. Lui si può fare il suo bel partito, si può fare il suo manifesto con la sua faccia bella, simpatica, sincera, con scritto, Oz e i suoi 22 mandati può arrivare all’8%”. Così sul suo blog Beppe Grillo

“Vorrei anche dire due cose, io, perché dopo Bruno Vespa, anche Vespa si inserisce in questa liturgia terrificante di avvocati e notai, Vespa, già leggere un libro di Vespa è perversione figurarsi essere messo dentro con un’intervista, siamo nel feticismo della comunicazione, quindi è tornare trent’anni indietro – esordisce il post di Grillo -. Comunque tutta questa cosa perché ho esercitato un mio piccolissimo diritto. Di Garante, per capire questa assemblea straordinaria, assolutamente giusta, di democrazia dal basso, questa costituente… quali potevano essere i crismi, cioè vedere un po’ cosa stava succedendo, quanta gente era stata falcidiata in agosto… Questo comitato anonimo che non rispondeva a nessuno, non riusciva ad avere un dato. Ho insistito, ho fatto 4,5 domande, la risposta è stata, un notaio nominato, non l’innominato, il nominato notaio è venuto fuori con un video, dicendo che io non conto nulla, perché l’Assemblea sarà quella, ma finché non c’è l’Assemblea “non conto nulla” perché nello statuto è una figura che non conta nulla, cioè lo statuto, che l’ha fatto il mago di Oz, non l’ho fatto io. Se lo leggete basta, basta leggerlo, poi basta leggi, i capitoli, vedi il Presidente Presidente, Presidente, Presidente, Presidente, Presidente, Presidente, Presidente, Presidente, Presidente, Presidente il garante, il Presidente. Ecco allora se vogliamo essere sobri e anche un po’ e anche intelligenti, si capisce benissimo che c’è qualcosa che non quadra”, dice il fondatore del Movimento. “Io accampo questo diritto all’estinzione perché”, “lo sappiamo tutti, il movimento non c’è più è evaporato – spiega -. È evaporato, però, come tutte le evaporazioni anche il mare evapora. Però poi magari questa evaporazione si trasforma in una tromba d’aria, in un ciclone. Qualcosa non lo so. So solo che è compostabile, il movimento non è biodegradabile, è compostabile, contiene ancora l’humus. Gli zuccheri, le proteine ci sono ancora dentro, è molto moderno. Io sono vecchio, posso essere passato di moda, però dentro ci sono ancora delle idee meravigliose, di ripensare anche il mondo di come sarà il lavoro fra vent’anni, l’artigiano, il pescatore, l’agricoltore, cioè come saranno i mestieri, che tipo di produzione si dovrà fare? Che tipo di energia si dovrà produrre? Come produrla? C’è tutto un mondo da ripensare e noi invece ribadiamo questa politica ormai stramorta. Noi abbiamo candidati trapassati tra il passato e il trapassato, quindi vi saluto e vi ringrazio”, conclude.

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Pd e Legge elettorale Campania: nuove regole e scontro sul terzo mandato per De Luca

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La proposta di legge avanzata dal Pd introduce tre cambiamenti fondamentali alla legge elettorale campana: una soglia di sbarramento al 3%, l’ineleggibilità dei sindaci (che dovranno dimettersi per candidarsi come consiglieri) e la possibilità di ottenere un premio di maggioranza anche oltre il limite del 65%. La proposta è stata presentata dal capogruppo Pd Mario Casillo e sarà discussa lunedì prossimo in commissione Affari istituzionali. Parallelamente, verrà valutata anche la proposta di legge presentata dal presidente della commissione Giuseppe Sommese, volta a permettere un terzo mandato per il governatore Vincenzo De Luca.

Legge elettorale e terzo mandato: temi divisivi nel Pd
La proposta di legge elettorale è nata da un’accelerazione richiesta dopo la recente riunione di maggioranza, in cui De Luca ha sollecitato una discussione rapida sul terzo mandato, applicando il cosiddetto “lodo Zaia” per derogare il divieto dei due mandati consecutivi. Tuttavia, i consiglieri Pd, insieme a Italia Viva e Azione, hanno imposto la condizione che la legge elettorale e il terzo mandato procedano parallelamente e vengano discussi nella stessa seduta del Consiglio regionale.

Dettagli della proposta Pd: soglia di sbarramento e altre novità
La nuova soglia di sbarramento al 3% intende ridurre la frammentazione elettorale e favorire i partiti principali. La proposta del Pd, che abroga la deroga per le liste collegate a presidenti che superano il 10%, colpisce soprattutto le liste civiche minori, spesso alleate strategiche di De Luca. Inoltre, la proposta prevede l’ineleggibilità per tutti i sindaci campani, non solo per quelli dei Comuni superiori ai 5.000 abitanti, e introduce un emendamento per definire i tempi di dimissione. Viene anche rimosso il limite del 65% sul premio di maggioranza, sospeso il ruolo di consigliere in caso di nomina ad assessore, evitando così dimissioni forzate.

Reazioni e opposizioni: il centrodestra e le tensioni interne
Nel frattempo, il centrodestra sta cercando una linea comune su legge elettorale e terzo mandato, considerando una soglia di sbarramento superiore al 3% proposto dal Pd. Stefano Caldoro, leader dell’opposizione, critica la proposta definendola “una classica legge ad personam”, pensata per favorire De Luca.

Il Pd si prepara a una settimana di intenso dibattito: i consiglieri regionali hanno chiesto un incontro con Elly Schlein, dopo che la segreteria nazionale si è espressa contro un terzo mandato per De Luca. Sul tavolo ci sono due questioni cruciali per la politica campana: la possibilità del terzo mandato e la corsa per la presidenza Anci, ambita dall’attuale sindaco di Napoli Gaetano Manfredi.

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