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Economia

Istat, a ottobre cala fiducia di consumatori e imprese

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A ottobre sia l’indice del clima di fiducia dei consumatori sia l’indicatore composito del clima di fiducia delle imprese sono stimati in diminuzione (da 98,3 a 97,4 e da 95,6 a 93,4 rispettivamente). “Il clima di fiducia delle imprese scende portandosi su un livello minimo da aprile 2021” osserva l’Istat. Per le imprese “Il calo è dovuto al peggioramento nel comparto manifatturiero e in quello dei servizi di mercato”. Mentre per i consumatori l’indice l’evoluzione sfavorevole è “dovuta principalmente ad un deterioramento delle opinioni sulla situazione economica generale e ad un peggioramento delle aspettative”.

Tra i consumatori, si evidenzia un diffuso peggioramento delle opinioni sulla situazione economica generale e su quella futura: il clima economico cala da 103,9 a 99,7 e quello futuro si riduce da 97,4 a 95,0. Invece, si stima un lieve aumento per il clima personale (da 96,3 a 96,6) e per quello corrente (da 99,0 a 99,2). Con riferimento alle imprese, l’indice di fiducia diminuisce nella manifattura (da 86,6 a 85,8) e, soprattutto, nei servizi di mercato (da 100,4 a 95,3) mentre cresce nelle costruzioni (da 101,9 a 103,9) e nel commercio al dettaglio (l’indice passa da 102,3 a 103,7). Quanto alle componenti degli indici di fiducia, nella manifattura peggiorano i giudizi sul livello degli ordini e le aspettative sul livello della produzione; le scorte sono giudicate in decumulo rispetto al mese scorso.

Nelle costruzioni, per entrambe le componenti si stima un miglioramento. Passando al comparto dei servizi di mercato, si evidenzia un diffuso peggioramento di tutte le componenti: i giudizi sia sugli ordinativi sia sull’andamento degli affari si deteriorano decisamente; le aspettative sugli ordini subiscono un calo contenuto. Nel commercio al dettaglio, giudizi e aspettative sulle vendite registrano un’evoluzione positiva e il saldo dei giudizi sulle scorte si riduce. In base alle risposte fornite alle domande trimestrali rivolte agli imprenditori del comparto manifatturiero, a ottobre 2024 si stima una diminuzione della percentuale del grado di utilizzo degli impianti, che tocca il livello minimo dal 2014 escludendo il periodo della pandemia, e un ulteriore aumento della quota di imprese che segnala l’insufficienza di domanda quale ostacolo all’attività produttiva.

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Economia

Orsini (Confindustria): innovazione, investimenti e nucleare per il futuro dell’industria italiana

Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, interviene all’assemblea generale “Facciamo il Futuro” a Brindisi, tracciando le sfide principali per l’industria italiana. Temi centrali: la necessità di incentivi e investimenti, una politica energetica adeguata, la riduzione del cuneo fiscale e il rilancio dell’automotive.

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Per Emanuele Orsini, numero uno di viale dell’Astronomia, è prioritario mantenere viva la produzione industriale italiana e il know-how che caratterizza le imprese nazionali. “Non si possono cambiare tecnologie per norme”, ha detto il presidente, evidenziando come il cambiamento tecnologico debba essere una naturale conseguenza di accessibilità e usabilità. L’auto elettrica, ad esempio, non è ancora alla portata di tutti e mancano infrastrutture sufficienti. Orsini ha quindi richiesto la rimozione delle sanzioni previste per il 2025, poiché l’industria non è ancora pronta a una completa transizione.

Decarbonizzazione: un’opportunità per il Paese

La conversione della centrale Enel di Cerano rappresenta, secondo Orsini, una delle sfide che l’Italia deve cogliere con spirito innovativo. L’obiettivo è accelerare i fondi di coesione e avviare progetti per la decarbonizzazione. Il presidente di Confindustria ha sottolineato la necessità di implementare gli investimenti previsti dalla legge di bilancio, coinvolgendo imprese e istituzioni in una transizione energetica sostenibile.

Fiscalità e sostegno all’occupazione

Altro nodo cruciale sollevato è la strutturazione del cuneo fiscale, necessaria per aumentare la capacità di spesa dei lavoratori. Orsini ha sottolineato l’importanza di un alloggio dignitoso e accessibile, utile non solo a migliorare la qualità della vita dei lavoratori, ma anche a incentivare talenti internazionali. Inoltre, il presidente ha proposto un Ires premiale al 19%, per chi reinveste almeno il 70% degli utili in tecnologie e welfare aziendale, favorendo così crescita e stabilità per il settore industriale.

Energia e competitività: una spinta per il nucleare

L’energia è uno dei temi centrali della visione di Orsini, il quale ha ribadito la necessità di sviluppare il nucleare di quarta generazione attraverso piccoli reattori modulari (SMR), per garantire una produzione energetica sicura e sostenibile. Confindustria si è detta pronta a ospitare queste nuove strutture all’interno delle aree industriali, semplificando il processo per le amministrazioni locali e contribuendo alla creazione di comunità energetiche a vantaggio dei territori.

Pnrr e rilancio dell’automotive: obiettivi a lungo termine

Orsini ha sottolineato l’importanza di un’estensione temporale per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), che rischia di non raggiungere gli obiettivi prefissati entro il 2026. In collaborazione con la Spagna, Confindustria chiede di “fare le cose bene”, evitando una corsa che potrebbe danneggiare l’efficacia del piano.

In merito al settore automotive, il presidente ha criticato la mancanza di incentivi a favore delle imprese italiane, facendo un chiaro riferimento a Stellantis. “Non possiamo permettere che le industrie italiane delocalizzino. Non serve finanziare l’acquisto dell’auto, ma chi crede e investe nel Paese”.

Conclusione: una visione per il futuro dell’industria italiana

Orsini ha tracciato una linea chiara su come deve essere affrontato il futuro dell’industria italiana: con una politica di incentivi, innovazione, sostenibilità e rinnovata attenzione al mercato energetico e alla formazione di nuove competenze. Il presidente di Confindustria si è detto ottimista, ma ha evidenziato come la collaborazione tra industria e istituzionisia l’unica strada per garantire competitività all’Italia sullo scenario globale.

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Economia

Inps, in 9 mesi liquidate 577mila pensioni

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Le pensioni decorrenti nei primi nove mesi del 2024 sono state nel complesso 577.061 con un importo medio di 1.228 euro e una differenza significativa tra i 1.442 euro medi degli uomini e i 1.048 medi delle donne (+37% per le prime). E’ quanto emerge dal Monitoraggio dell’Inps sui flussi di pensionamento secondo il quale le pensioni di vecchiaia con decorrenza nel periodo, compresi gli assegni sociali, sono state 240.821 per 953 euro medi e quelle anticipate 150.642 per 2.088 euro medi.

Le pensioni di invalidità previdenziale sono state 35.614 per 824 euro medi e quelle ai superstiti 149.984 per 902 euro medi. Nel Fondo lavoratori dipendenti sono state liquidate 246.432 pensioni per 1.364 euro medi al mese e nel Fondo dipendenti pubblici 90.800 pensioni per 2.143 euro medi al mese. Per i parasubordinati sono state erogate 32.541 nuove pensioni per una media di 274 euro al mese. Per i coltivatori diretti le nuove pensioni sono state 22.967 per 737 euro al mese, per gli artigiani 60.845 per 1.020 euro al mese e per i commercianti le nuove pensioni sono state 52.557 per 1.044 euro al mese.

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Economia

Coldiretti, la pasta nel carrello degli italiani vale 4 miliardi

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Le famiglie italiane spendono all’anno quasi 4 miliardi di euro per mettere nel carrello la pasta, in tutte le sue varianti. E’ quanto emerge da un’analisi di Coldiretti su dati Istat, diffusa in occasione del World Pasta Day. L’Italia, secondo gli ultimi dati, mangia 23,1 chilogrammi di pasta a testa, ma penne e spaghetti spopolano anche all’estero con i 17 chili della Tunisia, seguita da Venezuela (12 kg), Grecia (11,4 kg), Cile (9,5 kg), Stati Uniti (8,8 kg), Argentina (8,6 kg) e Iran (8,5 kg). Nonostante la difficile situazione internazionale, le esportazioni di pasta italiana sono aumentate del 6% nei primi 7 mesi del 2024, secondo la Coldiretti su dati Istat, con Germania, Stati Uniti e Francia che sono nell’ordine i principali mercati. Ma c’è anche chi non si accontenta della pasta comprata al supermercato e si mette all’opera con farina e mattarello per prepararla a casa.

Secondo un’indagine Coldiretti/Ixe’, il 27% degli italiani dichiara che in famiglia si preparano tagliatelle, tortellini, agnolotti e altri tipi di specialità. Una passione che coinvolge soprattutto i giovani tra i 18-34 anni, mentre a livello territoriale è più radicata al Sud e al Centro. Tra le novità degli ultimi anni è poi la diffusione sul mercato di pasta 100% italiana con grano di origine nazionale, che vede il coinvolgimento dei principali brand del settore. Il consumo di penne e spaghetti tricolori, secondo la Coldiretti su dati Ismea, rappresenta il 40% in volume e valore del totale acquistato nella Grande distribuzione.

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