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Conte si prende il M5S e licenzia pure Beppe Grillo: stop al contratto da 300mila euro

Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle, ha annunciato la decisione di interrompere il contratto di consulenza da 300 mila euro annui di Beppe Grillo, fondatore del M5S, per la comunicazione del Movimento. Conte accusa Grillo di sabotare il processo di rinnovamento del partito, definendo le sue azioni come dannose per l’immagine del Movimento. Grillo ha rivendicato il compenso come garante, ma Conte respinge l’idea di una retribuzione per un ruolo che considera di valore morale. Lo staff di Grillo ha replicato affermando che il contratto è ancora valido.

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È la resa dei conti finale. Che va a colpire proprio le tasche del fondatore del Movimento. A sferrare il colpo definitivo a Beppe Grillo, è il presidente pentastellato Giuseppe Conte nel nuovo libro di Bruno Vespa. “Grillo è responsabile di una controcomunicazione che fa venire meno le ragioni di una collaborazione contrattuale”, scandisce il leader nell’intervista. Annunciando lo stop al contratto di consulenza per la comunicazione che lega Grillo all’associazione M5s per un compenso annuale di 300 mila euro. Per Conte, il fondatore “sta portando avanti atti di sabotaggio compromettendo l’obiettivo di liberare energie nuove” con il processo Costituente in atto. “Grillo si sta battendo contro la sua comunità”, aggiunge l’ex premier, danneggiando e non “rafforzando l’immagine del Movimento”. Una lettera di licenziamento, in sostanza. “Grillo – affonda ancora Conte – ha rivendicato il compenso come garante anche nelle ultime lettere che mi ha scritto. Io non ho mai accettato che fosse pagato per questa funzione, che ha un intrinseco valore morale e non è compatibile con alcuna retribuzione”. Un intreccio tra incarico di consulenza e funzione di garante, che il presidente intende puntualizzare e osteggiare. Secca e piccata la replica dallo staff di Grillo: “il contratto è in vigore”.

Ma nessuna dichiarazione. Pronta la reazione al fondatore da fonti del M5s, che chiariscono: il contratto di Grillo “è ancora in vigore e andrà alla sua naturale scadenza nei prossimi mesi”, ma per il presidente Conte “non è più possibile rinnovarlo in queste condizioni”. Tra i vertici del Movimento il dado sembra ormai tratto. È rottura. Lo stesso Conte ribadisce gli “atteggiamenti velenosi” di Grillo, poi sancisce: “il nostro rapporto si è incrinato in maniera irreversibile”. Secondo quanto riportano fonti parlamentari, il contratto di Grillo scadrebbe alla chiusura dell’anno solare e ai vertici del Movimento basterebbe non rinnovarlo per cessare ogni relazione col fondatore. La strada, però, non sembra così spianata. Almeno secondo qualcuno dell’inner circle grillino. Chi ha incontrato il garante nei suoi ultimi viaggi romani, annuncia: “ci saranno reazioni, e quelle legali sono il minimo”.

L’atmosfera raccontata da chi è vicino al fondatore e lo sente costantemente, è di dispiacere e rabbia. “Un mondo alla rovescia – si sfoga qualcuno – quello in cui si licenzia Grillo e in cui molti scappati di casa appoggiano questa infamia. Torneranno nel nulla da cui sono venuti”. Tra la cessazione del contratto e il divorzio ufficiale, però, c’è anche l’Assemblea costituente. Alla fine di questa settimana, i gruppi di lavoro definiranno i quesiti che saranno poi posti al voto finale dell’Assemblea prevista per il 23 e 24 novembre. Tra questi, anche il quesito che chiederebbe agli iscritti di pronunciarsi sulla cancellazione del ruolo del garante. Eventualità che disarcionerebbe una volta per tutte il fondatore dal suo Movimento. Intanto, il siluro di Conte raggiunge le coste liguri. Dove il presidente pentastellato è impegnato nell’ultimo forcing di campagna elettorale per Andrea Orlando, dopo aver ribadito la collocazione del M5s nel campo progressista.

E dove l’ex Nicola Morra, candidato alla presidenza, attacca: “il M5s si è trasformato nel partito personale di Conte, nuovo cespuglietto triste del Pd”. Critiche arrivano anche da un altro ex di peso, Davide Casaleggio: “strano che Conte parli di Grillo a Vespa e non agli iscritti M5s”. L’ex presidente di Rousseau si scaglia contro la Costituente e torna sulla questione che riguarda simbolo e nome del M5s: “il Movimento era basato sulla partecipazione e oggi non c’è più, è qualcosa di diverso e credo che debba avere anche un nome diverso”. E dal centrodestra partono le bordate. Maurizio Gasparri di FI presenta un esposto alla Corte dei Conti sul compenso ricevuto da Grillo. In un’interrogazione al governo, il deputato leghista Igor Iezzi chiede se il M5s possa ricevere i fondi del 2×1000. Replicano i 5s: “i compensi a Grillo sono sotto la luce del sole, e non vengono dai gruppi parlamentari bensì dall’associazione”.

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La giudice dei migranti Silvia Albano denuncia: minacciata di morte

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“Magistrato militante e corrotto, spero che qualcuno ti spari molto presto, sarà un giorno di gioia e festa”. Riceve ogni giorno una trentina di messaggi di questo tenore Silvia Albano, presidente di Magistratura democratica ed uno dei giudici della sezione Immigrazione del tribunale di Roma. Quella che non ha convalidato il trattenimento dei 12 richiedenti asilo portati in Albania. Albano in mattinata ha depositato una “articolata denuncia” in procura. Intanto, dal Garante per la privacy, arriva l’altolà ad un’altra norma nel mirino di ong ed opposizione: la possibilità per le forze di polizia di perquisire il cellulare del migrante che non collabora a farsi identificare. Da tempo criticata dal centrodestra, che la qualifica come “toga rossa” e “filo-migranti”, Silvia Albano – con l’affaire Albania – è diventata l’obiettivo, accusa Md, di una “campagna di discredito scatenata contro i magistrati romani che ha contribuito a costruire un clima di contrapposizione, di odio, trasceso infine in gravi minacce alla sua incolumità e alla sua vita”.

I messaggi intimidatori sono inviati sia alla mail di Magistratura democratica che alla sua istituzionale e pubblicati anche sui social. Minacce rivolte anche ai magistrati di Palermo e in particolare ai pm del processo Open Arms. La denuncia di Albano porterà all’apertura di un fascicolo che sarà trasmesso, per competenza, alla procura di Perugia. Il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, invita tutti ad abbassare i toni: “alzare il livello dello scontro – osserva – alimenta la confusione, l’odio e non giova a nessuno. Non possiamo additare i magistrati come nemici del popolo, è un messaggio che inquina il dibattito pubblico. Basta attacchi personali”.

ùSolidarietà ad Albano arriva dall’opposizione. Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Pd, stigmatizza le “gravissime intimazioni che colpiscono un magistrato nelle sue funzioni e alimentate da uno scontro irresponsabile tra poteri dello Stato”. Per Angelo Bonelli, (Avs) “quanto accaduto è il risultato del clima di attacco contro la magistratura che ha come scopo la sua delegittimazione, clima creato ad arte dalla destra”. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, respinge però gli addebiti e condanna “con la massima fermezza tali intimidazioni che mai possono trovare alcuna giustificazione. Si possono avere idee e opinioni diverse ma mai devono venire meno il confronto civile e il rispetto reciproco”. La Lega, da parte sua, fa sapere che Albano non è la sola nel mirino, ma anche “i legali che assistono Matteo Salvini nel processo Open Arms, a partire dall’avvocato Giulia Bongiorno, sono oggetto di gravi minacce che hanno subìto una moltiplicazione preoccupante dopo l’ultima udienza di Palermo nella quale è stata sbugiardata Open Arms”.

E mentre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto che definisce la lista dei Paesi sicuri con il quale il governo spera di tenere in Albania i richiedenti asilo (si vedrà se cambierà l’orientamento di Albano e dei suoi colleghi della sezione Immigrazione quando ci sarà il prossimo trasferimento), il Garante per la privacy, Pasquale Stanzione, ha messo sotto la lente il decreto flussi. In particolare l’articolo 12, che permette alle forze di polizia di accedere ai cellulari ed altri dispositivi elettronici del migrante che non collabora alla sua identificazione. “Serve una riflessione”, ha riferito Stanzione alla prima commissione della Camera. “E’ opportuno – ha sottolineato – valutare la proporzionalità” della misura e sottoporla preventivamente e non successivamente all’esame giudiziale. Particolare attenzione va poi rivolta ai minori non accompagnati, ha aggiunto. Esulta Filiberto Zaratti (Avs): “noi la abbiamo denunciata come una delle norme più aberranti di questo testo”, ricorda.

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‘Database colabrodo’, stretta governo contro dossieraggi

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È in dirittura d’arrivo lo studio del governo sulle soluzioni ai problemi relativi agli accessi illeciti alle banche dati informatiche pubbliche, anche alla luce dei recenti casi emersi di molteplici accessi abusivi e di attività di dossieraggio. Il tema è stato al centro di una riunione a Palazzo Chigi, la seconda quest’anno, coordinata dal sottosegretario Alfredo Mantovano, a cui hanno preso parte i vertici delle forze di Polizia, dell’intelligence, dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale e del comparto della Difesa. Durante l’incontro sono state approfondite le novità già introdotte dopo l’incontro del marzo scorso e i percorsi di tipo amministrativo e organizzativo per rendere più stringente il sistema dei controlli, con adeguati alert che scongiurino gli abusi e con verifiche periodiche.

Il tavolo tecnico si riunirà nuovamente nel mese di novembre per chiudere definitivamente l’assetto delle nuove regole con linee guida vincolanti. L’urgenza della questione, esplosa anche a seguito dell’inchiesta di Perugia sull’esfiltrazione di file dalle banche dati della Direzione nazionale antimafia, è stata denunciata qualche settimana fa anche dall’Associazione nazionale magistrati, che aveva chiesto un incontro al ministro della Giustizia per affrontare la carenza di sicurezza nei database a cui lavorano investigatori, pm e giudici. E parallelamente proseguono le audizioni della commissione parlamentare Antimafia in merito alle indagini della stessa procura umbra sui presunti dossieraggi. “Anche in passato abbiamo rilevato compromissioni di informazioni di Segnalazioni di operazioni sospette, ma anche di contenuti virgolettati riportati sui giornali, con dei passaggi ripresi in modo esatto integralmente rispetto al testo delle stesse segnalazioni”, ha spiegato alla bicamerale il colonello Stefano Giovanni Salvatore Rebechesu, capo ufficio operazioni del comando interregionale dell’Italia centrale della Guardia di finanza, che si riferisce a casi accaduti in precedenza ma simili alla presunta fuga di informazioni attribuita al tenente Pasquale Striano, tra i principali uomini chiave dell’inchiesta. Si tratta di audizioni che per Forza Italia aumentano “lo sconcerto e la confusione.

Emerge che la procura antimafia fosse diventata un colabrodo, senza effettive possibilità di controllo su un militare che avesse deciso accessi illegali a dati sensibili”, accusa il vicepresidente della commissione, Mauro D’Attis, lo stesso che qualche giorno fa ha depositato alla Camera la proposta di legge per la modifica della legge istitutiva della stessa commissione per arginare conflitti di interessi interni. Alla base di queste scelte c’è lo scontro sulle vicende che vedono sotto i riflettori i membri in quota M5s ed ex magistrati Antonio Scarpinato e Federico Cafiero de Raho. Quest’ultimo era procuratore antimafia ai tempi dei presunti illeciti commessi da Striano.

Al centro delle polemiche su Scarpinato c’è invece una presunta intercettazione secondo cui il senatore della stessa commissione avrebbe provato a concordare domande e risposte con l’ex collega Gioacchino Natoli in occasione di una sua audizione che riguardava le indagini sulla cancellazione dei brogliacci dell’inchiesta sull’imprenditore mafioso Antonino Buscemi, figura associata alle vicende sulla morte di Paolo Borsellino. E in queste ore in difesa dei due togati si è espresso Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo: “È una vergogna che lo Stato ritenga di poter allontanare i suoi più valorosi servitori con la scusa di un supposto conflitto di interessi che, però, evidentemente, non è ritenuto così insidioso quando ad averlo è la presidente stessa”, ha detto in una lettera aperta il presidente dell’associazione ‘Agende Rosse’, assieme a rappresentanti e parenti di altre vittime di mafia, prendendo posizione contro la proposta di legge del centrodestra.
L’accusa è diretta alla presidente Chiara Colosimo ed ha come riferimento una foto in cui la stessa veniva immortalata assieme all’ex Nar Luigi Ciavardini. Ma i componenti di FdI replicano: “Sono sconcertanti ed ingiuste le accuse rivolte”.

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Mattarella, la nostra è una Costituzione ‘antifascista’

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Una Costituzione “antifascista”, “che si fonda sulla lotta di Liberazione, matrice di libertà e democrazia”. È uno dei quattro caratteri “fortemente impressi” sulla Carta che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella torna a sottolineare con forza. Lo ha fatto in apertura della Biennale dell’economia cooperativa di Legacoop nella sua lunga giornata a Bologna in cui ha visitato anche altre due longeve “istituzioni” della città, la casa editrice Il Mulino per i suoi 70 anni e la Fondazione per le scienze religiose. Tappa preliminare però in Prefettura, per un breve punto all’indomani dell’alluvione che ha colpito il Bolognese, dove ha incontrato i genitori e il fratello di Simone Farinelli, il ventenne morto a Pianoro sabato notte, travolto dall’acqua mentre era in auto. Per le vittime dell’alluvione, “conseguenza evidente dei mutamenti climatici”, e anche per i familiari dei due lavoratori morti ieri sera nell’esplosione alla fabbrica Toyota a Borgo Panigale e per i colleghi rimasti feriti, sono state le prime parole di Mattarella all’inaugurazione della Biennale di Legacoop. “Non ci sono più parole adeguate per esprimere allarme e angoscia”, ha scandito dal palco del Salone del Podestà di Palazzo Re Enzo, riferendosi a coloro che stanno soffrendo le conseguenze del maltempo e per l’ultima “ennesima tragedia sul lavoro”. Accolto da un lungo applauso e standing ovation dai protagonisti del mondo cooperativo italiano, Mattarella ha evidenziato come “la cooperazione, l’impresa solidale, l’economia civile” siano “parti qualificanti del nostro modello sociale, fattori di rilievo della ricchezza nazionale per i beni che producono e per il lavoro che offrono”.

E ne ha sottolineato il valore della cooperazione insito nella stessa Costituzione, con l’articolo 45, che “riconosce” per l’appunto “qualcosa che già esiste. Il valore di uomini e donne che, insieme, hanno voluto costruire una componente dell’Italia, mettendo in comune le loro attitudini professionali, il loro lavoro, per corrispondere a bisogni presenti nella società”. Mattarella ha evidenziato che “la cooperazione, e più in generale l’economia civile, sono davanti a una sfida. Essere più di un pungolo di qualità per l’intero sistema economico”. “Produrre risultati, nei diversi campi di attività, che portino vantaggio al modello sociale richiede innovazione, intelligenza, coraggio. Perché è evidente che il mondo sta correndo e molte modalità del passato sono difficilmente ripetibili”.

Calorosa l’accoglienza per il presidente nell’assise di Legacoop ma anche in città, nonostante l’ennesima giornata di pioggia. Nel suo brevissimo percorso a piedi verso la sede storica del Mulino in Strada Maggiore è stato accolto dietro alle transenne da tanti cittadini con un applauso. Il benvenuto anche da una signora con la bandiera tricolore e diversi “viva il presidente”. Al Mulino il presidente è stato accolto per il settantesimo anniversario della società editrice. Ultima tappa della visita sotto le Due Torri prima del rientro a Roma, la Fondazione per le scienze religiose, anche qui per i 70 anni. Anche il presidente della Cei, cardinale arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, è intervenuto all’incontro, parlando della storia della Repubblica, da don Giuseppe Dossetti ad oggi. All’esterno una piccola folla ha accolto il Capo dello Stato, tra applausi, fotografie e saluti calorosi.

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