La vicenda delle dimissioni di Francesco Spano, capo di gabinetto del Ministro della Cultura Alessandro Giuli, ha scatenato un clima di sospetti e tensioni all’interno del Ministero e del partito Fratelli d’Italia (FdI). Spano, con un incarico durato pochissimo tempo, è stato al centro di critiche per la sua nomina, in particolare a causa del suo passato politico progressista e della sua dichiarata omosessualità, elementi che non erano mai stati ben digeriti dalla base e dai vertici di FdI.
Il conflitto interno a Fratelli d’Italia
L’ostilità verso Spano è cresciuta fino a esplodere con le indiscrezioni sollevate dalla puntata di Report, che ha riportato alla luce il presunto conflitto di interessi e la sua controversa nomina. Secondo fonti interne, la nomina di Spano era stata fortemente voluta da Giuli come simbolo di indipendenza dalle pressioni di partito, ma aveva fin dall’inizio incontrato l’opposizione di figure chiave di FdI, come Giovanni Donzelli e il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari.
I malumori interni a FdI non si limitano alla figura di Spano. La stessa Meloni, durante un colloquio con il sottosegretario Alfredo Mantovano a Palazzo Chigi, ha registrato il malcontento generale per alcuni errori compiuti da Giuli. Tra questi, la sua oscura prolusione davanti alle commissioni Cultura della Camera e Istruzione del Senato, che ha attirato l’ironia delle opposizioni e ispirato una memorabile imitazione da parte di Maurizio Crozza.
La raccolta firme di Pro Vita & Famiglia
Un altro elemento di frattura all’interno della maggioranza è stata la raccolta di firme promossa da Pro Vita & Famiglia Onlus contro la nomina di Spano, che ha superato le 10.000 adesioni. Questo movimento ha rivelato una spaccatura profonda nell’area della destra, in particolare con il mondo cattolico, che vedeva nella nomina di Spano un segno di discontinuità rispetto ai valori tradizionali.
L’inchiesta di Report e l’atmosfera avvelenata
La situazione è degenerata con la diffusione di una chat interna agli esponenti di FdI, in cui un responsabile municipale ha definito Spano un “pederasta”. Questo episodio ha ulteriormente avvelenato l’atmosfera, già tesa, all’interno del Ministero e del partito. Le rivelazioni di Sigfrido Ranucci durante la preparazione della puntata di Report, alimentate dalle sue dichiarazioni, hanno contribuito ad accelerare le dimissioni di Spano.
La vicenda Spano, già in crisi, è precipitata nella notte tra martedì e mercoledì. Fino a quel momento, gli uffici del Ministero della Cultura operavano regolarmente, come dimostra l’invito diffuso per una conferenza stampa prevista il 29 ottobre, in cui Spano avrebbe fatto il suo esordio pubblico come capo di gabinetto. Tuttavia, con la pubblicazione delle anticipazioni sull’inchiesta di Report, il clima si è ulteriormente deteriorato.
Le radici del conflitto
Il conflitto ruota attorno alle radici politiche di Spano, che in passato ha lavorato sotto il governo Gentiloni come responsabile dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), accusato di aver concesso un finanziamento di 55.000 euro a una associazione LGBTQ che sarebbe stata al centro di una rete di prostituzione maschile. Questo episodio ha alimentato ulteriormente la critica alla sua nomina, soprattutto in ambienti conservatori e religiosi.
Una situazione bloccata
Ora, il Ministero della Cultura si trova in una sorta di paralisi istituzionale. Le dimissioni di Spano hanno scatenato divisioni interne e frizioni politiche, lasciando il Ministero senza una guida chiara. Nonostante il ministro Giuli rimanga formalmente in carica, l’intera vicenda ha minato profondamente la sua posizione all’interno del governo, e molti osservatori politici si chiedono se riuscirà a mantenere il suo ruolo.