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Attentato alla sede della Turkish Aerospace Industry: almeno 10 morti, conflitto a fuoco e presa di ostaggi in corso

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Un violento attentato ha colpito la sede della Turkish Aerospace Industry vicino ad Ankara, causando almeno 10 morti. Fonti locali confermano che l’area dell’impianto è teatro di un conflitto a fuoco ancora in corso e di una presa di ostaggi. La situazione resta estremamente critica, con le forze di sicurezza turche che stanno cercando di riprendere il controllo della situazione.

Secondo quanto appreso  da fonti informate, nell’area dell’impianto sono presenti anche 8 tecnici di Leonardo, la nota azienda italiana operante nel settore aerospaziale e della difesa. Le fonti rassicurano che i tecnici sono al sicuro e stanno bene, nonostante la gravità della situazione.

La Turkish Aerospace Industry è un punto nevralgico per l’industria aerospaziale turca e internazionale, e l’attacco potrebbe avere importanti ripercussioni non solo sul piano della sicurezza, ma anche economico e geopolitico. Le autorità turche non hanno ancora rilasciato dettagli ufficiali sugli autori dell’attentato o sugli sviluppi in corso.

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Usa confermano, ‘militari nordcoreani in Russia’

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Gli Stati Uniti hanno confermato per la prima volta l’invio di migliaia di soldati nordcoreani in Russia. Il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha affermato che “ci sono prove della presenza di truppe della Corea del Nord in Russia. Cosa stanno facendo esattamente lì? Queste sono cose che dobbiamo ancora scoprire”, ha osservato. “Se sono co-belligeranti, la loro intenzione è di partecipare a questa guerra per conto della Russia. Questa è una questione molto, molto seria”, ha ammesso il capo del Pentagono. La vicenda solleva nuove preoccupazioni per il rischio di un conflitto di più ampia portata in Ucraina che coinvolga attivamente un Paese terzo.

Proprio oggi Seul ha rinnovato l’allarme sulle mosse di Pyongyang perché circa 3.000 militari del Nord sarebbero già in Russia per l’addestramento, con la previsione di salire a quota 10.000 entro dicembre. Anche la portavoce della Nato Farah Dakhlallah ha detto che “gli alleati hanno confermato le prove di uno spiegamento di truppe della Dprk in Russia”, senza identificare i Paesi. “Se queste truppe fossero destinate a combattere in Ucraina, ciò segnerebbe una significativa escalation nel sostegno della Corea del Nord alla guerra illegale della Russia e un altro segno delle significative perdite della Russia in prima linea”, ha rimarcato la portavoce in una nota, anticipando che “il Consiglio Nord Atlantico discuterà ulteriormente la questione presto”.

Pyongyang e Mosca si sono avvicinate oltre ogni aspettativa dall’aggressione russa ai danni di Kiev lanciata a febbraio del 2022, con Seul e Washington che hanno accusato il leader Kim Jong-un di aver inviato con maggiore frequenza armi da usare nel conflitto. L’agenzia d’intelligence di Seul (Nis) ha dichiarato la scorsa settimana che il Nord aveva schierato un contingente iniziale di 1.500 soldati delle forze speciali a Vladivostok, salito ora a 3.000 unità, secondo la nuova audizione parlamentare dei vertici del Nis. La Corea del Nord ha finora negato l’invio di sue forze, ma ha difeso la cooperazione militare con Mosca. Se dal vertice dei Brics nella città russa di Kazan è emerso un appello generico ad “evitare l’escalation”, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova non ha risposto sul sostegno militare di Kim a favore dello zar: “Le forze armate della Repubblica popolare democratica coreana esistono, ma chiedete per favore a Pyongyang dove si trovano”, ha tagliato corto, liquidando tutto il resto come “fake news”. Nel mentre si moltiplicano i video sui social dei soldati del Nord in Russia, addirittura ripresi a Mosca.

Resta per il momento oscura la ragione della mossa di Kim, oltre al patto di sostegno militare reciproco firmato con Putin a giugno. I servizi segreti di Seul hanno ipotizzato che il Nord voglia assicurarsi un intervento russo nelle questioni della penisola coreana in caso di emergenza, oltre a puntare ad aiuti per affrontare le croniche lacune dell’economia e per modernizzare le forze armate. Più netta la valutazione del capo dell’intelligence militare di Kiev (Gur), Kyryll Budanov: Pyongyang ha chiesto la tecnologia per le armi nucleari tattiche. Vuole rafforzare la sua forza di deterrenza e Mosca starebbe già provvedendo su alcuni ordigni atomici a bassa potenza e sui sistemi di lancio di missili sottomarini. Scenari complessi e affatto rassicuranti.

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Drogata dal marito e stuprata per anni, ‘lotto per tutte’

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La voce di Gisèle Pelicot era rivolta ai giudici che la interrogavano in aula. Ma colei che per anni è stata drogata dal marito che la faceva stuprare da estranei, 50 dei quali imputati nel processo, si rivolgeva soprattutto a tutte le donne: “Io sono una donna completamente distrutta – ha detto la protagonista del caso che ha scosso la Francia – ma lotterò per cambiare questa società”. Ha voluto parlare, ha voluto che il processo per ‘gli stupri di Mazan’, un paese del sud della Francia, non si svolgesse a porte chiuse. E questo nonostante i temi e le immagini scabrose di questa vicenda, per non contare le accuse che ha dovuto subire dagli avvocati della difesa, molti dei quali hanno insinuato che lei non fosse stordita come affermava, ma fosse ben cosciente e addirittura “provocasse” gli uomini convocati dal marito, che filmava le violenze.

Ha voluto parlare ed ha voluto che tutti potessero ascoltare e vedere le immagini di questo processo affinché “tutte le donne vittime di stupro possano dire a se stesse ‘Madame Pelicot lo ha fatto, anche noi possiamo farlo’. Non voglio più – ha esclamato – che provino vergogna. La vergogna non dobbiamo provarla noi, sono loro che devono provarla. Esprimo qui soprattutto la mia volontà e la mia determinazione a cambiare questa società”. A 71 anni, Gisèle Pelicot è diventata un simbolo delle femministe, il suo caso è un caso di #metoo moltiplicato all’ennesima potenza.

I racconti, i video, le immagini, le ammissioni di quanto avvenuto per anni nella sua casa, quando lei era stordita dalle droghe che le propinava il coniuge, hanno segnato un punto che molti non credevano possibile: “Voglio – ha detto oggi con voce chiara – che il mio esempio serva alle altre”. Il processo, nel quale il marito e i 50 imputati rischiano 30 anni di carcere, è giunto a metà del suo lungo percorso, cominciato il 2 settembre e previsto fino al 20 dicembre. La vittima è stata quindi invitata a “dare le sue impressioni” dal presidente del tribunale, Roger Arata.

“Non so come mi ricostruirò – ha ammesso Gisèle – come mi rialzerò dopo tutto questo. Per fortuna, sono aiutata da uno psichiatra, ma mi serviranno ancora tanti anni. Presto ne avrò 72, e non so se la vita mi basterà per rialzarmi”. La tensione è aumentata ulteriormente quando la donna si è rivolta al marito, sul banco degli accusati. Non lo ha mai guardato, gli ha soltanto chiesto, con forza: “Come hai potuto?”. Per 10 anni, droghe e ansiolitici, stupri da parte di sconosciuti da lui reclutati su Internet. “Cerco di capire come ha fatto mio marito, l’uomo perfetto, ad arrivare a una cosa così….questo tradimento è incommensurabile. Cinquant’anni insieme – ha detto rivolta al pubblico – pensavo di finire i miei giorni con questo tipo… . Tu hai toccato il fondo dell’animo umano, purtroppo sei stato tu a scegliere”.

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Joaquín ‘El Chapo’ Guzmán chiede la revisione del suo processo

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Il narcotrafficante messicano Joaquín ‘El Chapo’ Guzmán ha chiesto che venga celebrato un nuovo processo dopo quello ‘del secolo’ di New York in cui nel 2019 fu condannato all’ergastolo. “L’estradizione nel distretto orientale di New York è stata illegale. Avrei dovuto essere estradato nel distretto orientale del Texas e nel distretto meridionale della California. Non c’è mai stata una deroga alla ‘regola di specialità’ firmata da un giudice magistrato”, ha scritto “El Chapo” nel documento legale in cui chiede la revisione.

Secondo la ‘regola della specialità’ citata da El Chapo Guzmán, “una persona non può essere sottoposta a un procedimento penale, condannata o altrimenti privata della libertà per eventuali reati anteriori alla consegna diversi da quello per cui è stata consegnata”.

Guzman, che è detenuto nel carcere di massima sicurezza del Colorado, ha anche sottolineato che la sua “assistenza legale è stata inefficace” si durante il processo che in appello. “I miei avvocati non sono stati efficaci. Non hanno controinterrogato adeguatamente i testimoni e, di conseguenza, sono stato dichiarato colpevole. Né si sono battuti per far escludere alcune prove dal processo”, ha aggiunto l’ex boss del Cartello di Sinaloa. Oggi ‘El Chapo’ è rappresentato dall’avvocatessa portoricana Mariel Colón Miro, la stessa che ha difeso anche sua moglie, Emma Coronel. Durante il ‘processo del secolo’ di New York, invece il suo team legale era guidato da Jeffrey Lichtman, che adesso difende Joaquín e Ovidio Guzmán López, due dei figli del Chapo detenuti a Chicago, in Illinois.

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