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Incidente in moto, muore Federico Asta, ‘il pasticcere dei vip’

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Voleva consegnare pizze e bomboloni ai volontari arrivati a Bologna per aiutare chi aveva subito danni dopo l’alluvione. Federico Asta, pasticcere, 34 anni, aveva scritto le sue intenzioni alla presidente del quartiere Borgo Reno Elena Gaggioli. Dopo le donazioni di prodotti da forno a medici e infermieri durante l’emergenza Covid, che era solito consegnare lui stesso nei reparti degli ospedali di Bologna, per lui era stato un gesto normale, considerato quanto era accaduto in città dopo le abbondanti piogge.

La presidente del Quartiere, come ha raccontato sui social, però non ha fatto in tempo a richiamare Federico, noto nel rione Santa Viola e a Bologna, come il ‘pasticciere dei vip’ per le tante torte consegnate ad attori, cantanti, personaggi sportivi. Ieri sera, poco prima delle 22, la vita del giovane è stata spezzata in un incidente stradale a Casteldebole.

In base a una prima ricostruzione della polizia locale, in viale Salvemini, all’altezza dell’incrocio con via Einaudi, si è verificato uno scontro fra un Suv e lo scooter di grossa cilindrata, condotto proprio dal 34enne. Un impatto violento: il motociclista è caduto a terra, per lui non c’è stato nulla da fare. Federico Asta lascia la moglie e due figli piccoli. Davanti alla sua pasticceria, tra via Battindarno e via Pomponia, dalla mattina una processione silenziosa di residenti del quartiere ha portato l’ultimo saluto al pasticcere, conosciuto da tutti, grande tifoso del Bologna calcio. Sulle pareti dell’attività, le tantissime foto che lo ritraevano per artisti e sportivi: da Elodie a Checco Zalone, da Fiorello a Joshua Zirkzee, Alex Del Piero, Beppe Signori.

“Era un ragazzo d’oro – racconta un suo amico e collaboratore nel laboratorio – ci mancherà, mancherà a tutti. Non si è mai tirato indietro, è sempre stato impegnato nella solidarietà. Non so come faremo senza di lui”. Ai social, ha affidato un commosso ricordo il fratello che aveva aperto un’altra pasticceria dopo un cammino condiviso insieme nel portare avanti l’attività di famiglia.

“Nonostante tra noi le cose non siano andate nel verso giusto – scrive – piango la tua scomparsa perché per me resterai per sempre quel bambino curioso che mi teneva sveglio fino a tardi con millemila domande, quel compagno di calcio con cui ho condiviso tutta la nostra adolescenza al campo della Birra, quel ragazzino furbetto che ne combinava una al giorno e poi toccava a me risolvere tutto. Qui avevamo appena iniziato la nostra avventura nel mondo dei grandi, tengo questa foto nel mio cuore perché nonostante tutto noi siamo e saremo per sempre i Fratelli Asta! Buon viaggio, salutami papà”.

Anche il Bologna Calcio, impegnato in serata con l’Aston Villa, ha espresso il proprio cordoglio. Alle 19.30, amici e familiari hanno organizzato una fiaccolata per ricordare Federico, con partenza dalla pasticceria. Le esequie si svolgeranno giovedì alle 15 nella chiesa nella chiesa di Nostra Signora della Pace.

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Mafia: scaduti termini custodia, scarcerato re delle scommesse

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Torna in libertà Giuseppe Corona, condannato a 15 anni e 2 mesi in appello considerato il “re delle scommesse” all’Ippodromo di Palermo. Avrebbe effettuato investimenti per le famiglie di Porta Nuova e di Resuttana, tra centri scommesse, Compro oro e persino la vendita di preziosi al monte dei pegni. E’ accusato di riciclaggio e intestazione fittizia e sottoposto al carcere duro del 41 bis a Milano Opera. Lo scorso marzo, per lui sono scaduti i termini massimi di custodia cautelare, la terza sezione della Corte d’Appello, da cui si attende il deposito delle motivazioni della sentenza, ha accolto la richiesta degli avvocati di Corona, Giovanni La Bua e Antonio Turrisi. L’imputato, ristretto in regime di massima sicurezza, è tornato libero. E così resterà fino a conclusione del processo. Corona faceva il cassiere alla caffetteria Aurora di via Crispi, nel capoluogo siciliano, e il suo ruolo è emerso nel 2018 con l’operazione “Delirio” della guardia di finanza. In primo grado, nel 2022, gli erano stati inflitti 19 anni di reclusione.

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Uccise la moglie simulando incidente, suicida in carcere

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Si è tolto la vita in carcere due settimane dopo aver ucciso la moglie, mettendo così fine a un dramma familiare iniziato lo scorso 6 ottobre. Giuseppe Lacarpia, 65enne di Gravina in Puglia (Bari), è stato ritrovato morto questa notte nella sua cella del carcere di Bari che condivideva con altri sette detenuti. Gli agenti di polizia penitenziaria, intervenuti intorno alle 2 di notte su segnalazione dei compagni di cella, hanno trovato Lacarpia senza vita, steso nel suo letto con un lenzuolo legato al collo e attaccato, dall’altra parte, alle sbarre del letto. I tentativi di soccorso si sono rivelati inutili.

La Procura di Bari ha disposto l’autopsia. L’uomo si trovava in carcere dal 6 ottobre con l’accusa di aver ucciso la moglie, la 60enne Maria Arcangela Turturo: per gli inquirenti, quella stessa notte avrebbe dato fuoco alla sua auto mentre la donna si trovava ancora all’interno e poi, quando la vittima ha provato a fuggire, l’avrebbe uccisa a mani nude. I due avevano appena trascorso la serata in un ristorante di Gravina insieme ai figli e ad altri parenti per un compleanno.

La donna è morta nell’ospedale di Altamura in cui era stata trasportata con ustioni e diverse fratture, ma alla figlia Antonella e ad un poliziotto ha indicato nel marito l’autore delle aggressioni: “Mi voleva uccidere, mi ha messo le mani alla gola. Mi ha chiuso in macchina con le fiamme”, ha detto la donna, come riportato negli atti degli inquirenti. Fermato poche ore dopo il fatto, Lacarpia è stato incastrato da un video girato da una ragazza che in quel momento passava di là con alcuni amici. Nelle immagini si vede l’uomo immobilizzare la donna a terra.

“Ho provato a rianimarla, avevo fatto un incidente e la macchina ha preso fuoco”, ha detto alla gip durante l’interrogatorio. La giudice ha riconosciuto nei suoi confronti l’omicidio volontario con le aggravanti della premeditazione e della crudeltà: “Ha infierito sulla moglie, riprendendo la condotta pochi secondi dopo essersi fermato, a dimostrazione dell’intenzione di eliminarla, verosimilmente per impedirle di denunciarlo”, si legge nell’ordinanza firmata dalla gip Valeria Isabella Valenzi.

E il presunto tentativo di rianimazione, per la giudice, sarebbe solo “una versione di comodo”, in quanto “emerge benissimo dal video che l’uomo non ha minimamente messo in sicurezza la moglie, ma che l’ha, al contrario, aggredita. Inoltre, i primi rilievi sull’origine dell’incendio, suggeriscono che questo abbia avuto matrice dolosa”. Proprio la figlia Antonella ha commentato il suicidio del padre su Facebook con sei emoticon festanti.

“Sono tutte le preghiere che abbiamo fatto per mamma”, ha scritto poi rispondendo a un messaggio della cugina. E sempre la figlia, agli inquirenti, ha rivelato come il padre avesse già provato il suicidio in altre occasioni e che, a causa dei suoi disturbi psichiatrici (era affetto da Alzheimer e demenza senile), da due anni aveva iniziato a seguire una terapia farmacologica. Nelle sue parole anche il racconto di un padre violento che, in passato, aveva aggredito fisicamente la moglie e i figli in diverse occasioni. Ma le patologie, per la gip che ne ha disposto la carcerazione, non avrebbero avuto rilievo nella dinamica dell’omicidio: “Non vi sono seri dubbi, in questa fase, in merito all’imputabilità” del 65enne.

Poche ore dopo essere entrato in carcere, Lacarpia era stato trasportato al Policlinico di Bari per le conseguenze di una caduta dal letto della sua cella. E, per questo, la convalida del suo fermo era avvenuta in sua assenza e il suo interrogatorio posticipato di una settimana. Ieri aveva chiesto e ottenuto un permesso per visitare la tomba della moglie nel cimitero di Gravina. Oggi, l’ultimo capitolo di questa tragica storia.

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Gabbie e barriere, l’Esercito schierato in guerra contro la peste suina

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Arriva l’esercito a supporto delle strategia di contenimento ed eradicazione della peste suina africana. “Dal primo novembre avremo il supporto dei militari ai quali – ha annunciato il commissario straordinario alla peste suina africana (Psa), Giovanni Filippini – daremo puntuali indicazioni sui territori dove abbiamo bisogno della sorveglianza e dove abbiamo bisogno di mettere le gabbie per la cattura dei cinghiali. Andranno avanti in maniera coordinata e gestita a livello centrale. E questo si farà – ha precisato in audizione alla Camera – con l’esercito, con le polizie provinciali, con la protezione civile e con le ditte specializzate. Le forze armate potranno svolgere la loro azione nella zona di controllo di espansione virale”.

“Abbiamo atteso prima di impiegare l’esercito, affinché fossero nitide le modalità e le finalità di utilizzo delle nostre forze armate”, ha precisato il sottosegretario all’Agricoltura Patrizio La Pietra, secondo il quale “la chiarezza e la determinazione, essenziali per contrastare efficacemente la Psa, sono evidenziate anche dalla decisione, spiegata dal commissario, di avvalersi di strategie coordinate con il supporto di polizia provinciale, cacciatori e agricoltori nell’attività di sorveglianza”. Per scongiurare che l’emergenza possa radicalizzarsi, con tutte le conseguenze per la zootecnia che ne deriverebbero, la cabina di regia sembra dunque un punto fermo nella strategia di contenimento della peste suina africana.

“Abbiamo concentrato molto il coordinamento a livello centrale, avendo capito – ha sottolineato Filippini – che la Psa deve assolutamente essere gestita da una cabina di regia. A breve verrà nominato anche un nuovo subcommissario che avrà la delega di gestire il depopolamento dei cinghiali, a partire dai parchi. Soprattutto nella zona di espansione virale dove andremo a concentrare tutte le forze necessarie”. Con l’obiettivo proclamato da Filippini di riportare “la specie in equilibrio coi territori” e soprattutto, a tutela degli automobilisti e dei trasporti, sono inoltre in allestimento delle barriere lungo importanti assi viari della Penisola. “Sto per firmare due convenzioni, la prima con le concessionarie di autostrade e l’altra con il concessionario della Cisa. Queste barriere fortunatamente verranno messe nei terreni di competenza dell’autostrada e quindi loro ci garantiscono anche la manutenzione”, ha annunciato Filippini. Sulle barriere, ha assicurato, “stiamo correndo. In due mesi abbiamo già chiuso Milano, parliamo quindi di centinaia di chilometri. Daremo poi priorità alla Cisa, anche se è veramente molto complicata come territorio. Il ministero della Salute sta acquistando le gabbie per la cattura degli animali che daremo in gestione solo all’interno delle zone di controllo di espansione virale all’esercito e alla polizia provinciale”.

La lotta alla peste suina parte tuttavia con un organico dei veterinari di sanità pubblica sottodimensionato rispetto alle esigenze dettate dall’emergenza e sul territorio italiano mancano anche mattatoi specializzati per un macello delle carni selvatiche separato ed esclusivo. “Dovremmo rapidamente recuperare nuovi veterinari. Siamo in difficoltà, – ha ammesso Filippini – anche perché abbiamo una categoria di professionisti che sta andando in pensione. Inoltre i veterinari che seguono i focolai non possono rientrare in altri allevamenti prima di una settimana e quindi occorre una rotazione dell’organico”. Nel frattempo indennizzi per gli allevamenti colpiti vengono chiesti dal presidente di Coldiretti Ettore Prandini: “oltre ai danni diretti, legati alla perdita dei capi – ha detto – occorre includere anche quelli indiretti, con gli allevamenti costretti ad interrompere completamente tutte le attività, comprese quelle di ripopolamento”.

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