Rispunta la possibilità di inserire il ricorso in Corte d’Appello contro le ordinanze del Tribunale sul trattenimento dei migranti nei centri per il rimpatrio. Era uno dei punti chiave della “soluzione” che voleva Giorgia Meloni per evitare nuove ordinanze come quelle dei giudici di Roma sui migranti trattenuti nel cpr in Albania, ma sembrava destinata a saltare quando il Consiglio dei ministri ha varato il decreto legge con cui l’indicazione dei Paesi sicuri per il rimpatrio diventa norma di primo grado. All’indomani della riunione, una fitta interlocuzione fra Palazzo Chigi, Viminale, ministero della Giustizia e Quirinale ha poi spalancato le porte del provvedimento alla norma, che non dovrebbe essere ostativa alla firma di Sergio Mattarella. Una notizia positiva per la premier, nel secondo anniversario del suo governo.
“Se mi guardo indietro, penso soprattutto che non mi sono mai risparmiata”, ha detto in un videomessaggio celebrativo rivendicando fra i risultati i conti dello Stato “messi in sicurezza” e “record storici” sull’occupazione. Il suo umore, raccontavano i meloniani, in mattinata non era però dei migliori. Sperava di tenere la conferenza stampa sulla manovra, poi rinviata in attesa della manovra stessa. Fra la telefonata con il presidente della Tunisia Kais Saied (con cui ha parlato anche di cooperazione migratoria) e quella con il turco Recep Tayyip Erdogan (invitato nel 2025 per un vertice intergovernativo Italia-Turchia), si è trovata a fare i conti con le anticipazioni di Report su un “nuovo caso Boccia” al ministero della Cultura ora guidato da Alessandro Giuli, a cui Meloni potrebbe aver già chiesto lumi sulle rivelazioni in arrivo. Il tutto accompagnato dall’idea che sul decreto legge appena varato si potesse fare di più. Perché, è un ragionamento che si fa in ambienti dell’esecutivo, toccare solo l’aspetto dei Paesi sicuri rischia di non risolvere l’ostacolo posto dalle recenti sentenze alla strategia dei rimpatri accelerati e dell’hotspot albanese.
L’impugnazione in Appello, infatti, comporta una rivalutazione della causa nel merito, e quindi – una delle osservazioni dietro la genesi della novità – ha più chance di ribaltare le ordinanze dei tribunali, a differenza di quella puramente di legittimità prevista dalla Cassazione. Che ora riceve questo genere di ricorsi, e dovrà affrontare anche quello attivato dal Viminale contro le ordinanze sui 12 migranti trasportati a Bari dopo la mancata convalida del trattenimento a Gjader per il rimpatrio. A questo puntava Meloni. E senza quella norma non poteva essere soddisfatta del decreto, su cui come spesso accade si è lavorato anche dopo il Cdm. A Palazzo Chigi sono stati fatti ragionamenti giuridici e politici, valutando l’impatto di entrambi gli scenari. Già in Consiglio dei ministri era emersa la sensazione che toccare solo la lista dei Paesi sicuri rischiava di non bastare per cambiare il trend delle ordinanze. Fra le considerazioni fatte ai piani alti del governo nel corso della giornata, anche il timore che questa norma potesse apparire una forzatura difficile da far passare al vaglio del presidente della Repubblica.
O accendere ulteriormente la tensione con il mondo della magistratura. Si è valutata anche la possibilità di accantonarla, e ripresentarla per via parlamentare sotto forma di emendamento durante l’esame tra Camera e Senato. Poi, però, è prevalsa l’intenzione di insistere subito. E, come è emerso nel tardo pomeriggio, non ha trovato controindicazioni particolari nel confronto fra gli uffici legislativi coinvolti. Il testo definitivo dovrebbe essere inviato a ore al Quirinale. Già si sta valutando la possibilità, una volta pubblicato in Gazzetta ufficiale, di traslare questo provvedimento sotto forma di emendamento al decreto sui flussi migratori, ora all’esame dell’Aula della Camera: anche su questo serviranno interlocuzioni. Quel decreto, tra l’altro, ha a sua volta ripristinato il reclamo in Corte d’Appello (abolito nel 2017) contro i provvedimenti dei Tribunali distrettuali sulle richieste d’Asilo. Una scelta che “renderebbe assolutamente ingestibili i settori civili”, come hanno obiettato neanche dieci giorni fa i presidenti delle Corti d’Appello, sollevando criticità legate alla riduzione di organico dei loro uffici e allo “sconvolgimento” di “un assetto ormai consolidato che ha assicurato un’adeguata tutela dei diritti”.