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Tentato omicidio a Nola: arrestato un sedicenne per sparatoria davanti a un negozio

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Un episodio di violenza che ha scosso la comunità di Nola, nei pressi della stazione Circum di via Onorevole Francesco Napolitano, è giunto a una svolta. Un sedicenne è stato arrestato e trasferito in un istituto per minori con l’accusa di tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco. L’episodio risale allo scorso gennaio, quando il giovane, insieme a due amici tredicenni, si è reso protagonista di una sparatoria che ha ferito gravemente il figlio del titolare di un negozio di materiale informatico.

La dinamica della sparatoria

L’episodio è nato da una banale provocazione. I tre adolescenti, passando davanti al negozio, hanno dato un calcio a un birillo stradale posizionato per facilitare la sosta dei clienti. Questo gesto ha scatenato una lite tra i ragazzi e il proprietario del negozio, che li ha rincorsi per qualche metro. Tuttavia, ciò che sembrava un semplice diverbio si è trasformato in tragedia quando il sedicenne ha estratto una pistola e sparato al torace del figlio del titolare, per poi fuggire con i suoi complici.

Le indagini e l’arresto

Le telecamere di videosorveglianza della zona hanno fornito agli investigatori un quadro chiaro dell’accaduto, identificando il colpevole grazie a indizi cruciali, come il giubbotto indossato al momento dell’aggressione. Le indagini condotte dal commissariato di polizia di Nola, coordinato dal primo dirigente Giovanna Salerno, hanno portato all’arresto del sedicenne, accusato di aver esploso i colpi di pistola. I suoi complici, entrambi tredicenni, non sono imputabili a causa della giovane età.

Una comunità sotto choc

La notizia ha riacceso il dibattito sulla sicurezza e sull’uso disinvolto delle armi tra i giovani. L’episodio ha lasciato la comunità di Nola sotto choc, riportando alla memoria un altro tragico evento avvenuto nella città solo poche settimane prima. Il 12 settembre, Antonio Liberti, 44 anni, è morto a seguito di una lite per questioni di viabilità. A causare la sua morte è stato un uomo di 38 anni che ha reagito a una richiesta di chiarimento estraendo un coltello e infliggendo ferite mortali.

La richiesta di giustizia

La moglie di Antonio Liberti ha chiesto giustizia per suo marito, affermando che una semplice richiesta di chiarimento si è trasformata in una trappola mortale. Ha espresso il suo dolore e ha chiesto alle autorità di tutelare la sua famiglia, affinché episodi di violenza simili non si ripetano.

L’arresto del sedicenne per il tentato omicidio di Nola è solo l’ultimo di una serie di episodi di violenza che hanno scosso la città, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza pubblica e l’uso indiscriminato delle armi da parte dei giovani. Le indagini continuano, ma è chiaro che il problema della criminalità giovanile e della violenza urbana necessita di una risposta decisa da parte delle autorità.

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Sequestrati ristorante e sushi-bar del boss nel Napoletano

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Hanno un valore commerciale pari a 600mila euro i due ristoranti riconducibili a Francesco Ferrara, elemento di spicco del clan Ferrara-Cacciapuoti, arrestato lo scorso anno e attualmente detenuto a Vicenza, sequestrati a Villaricca, in provincia di Napoli, dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli. I finanzieri hanno notificato un decreto emesso dal gip di Napoli su richiesta della Dda (pm Maria Sepe e Simona Rossi) nell’ambito di indagini che hanno già consentito di contestare a Ferrara, già rinviato a giudizio, il reato di associazione mafiosa.

I ristoranti i questione si chiamano “Pacos novantapuntoventi” (che ha una media di 400 coperti a sera nel weekend e circa 120 nei restanti giorni della settimana) e il ristorante di cucina giapponese “1Q84”. Ad eseguire gli accertamenti patrimoniali sono stati gli investigatori del Gico secondo i quali le società che gestiscono ristorante, sushi-bar e pizzeria, intestate a prestanome, sarebbero state acquistate con i proventi delle attività illecite del clan.

Le quote, i complessi aziendali e i patrimoni sociali delle imprese sono stati sequestrati e affidati ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale. Secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dalla procura antimafia partenopea il clan Ferrara-Cacciapuoti è un gruppo malavitoso “bicefalo”: la famiglia Ferrara è ritenuta la frangia “a vocazione spiccatamente imprenditoriale, in particolare nel settore dell’edilizia, della ristorazione, degli idrocarburi e della commercializzazione di generi alimentari”.

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Orsa, treno Circum si guasta e passeggeri picchiano capotreno

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Il capotreno ed il macchinista di un treno della Circumvesuviana sono stati aggrediti ieri pomeriggio dai passeggeri che in seguito ad un guasto sono stati costretti a scendere dal mezzo e a camminare lungo i binari. E’ quanto rende noto il sindacato Or.s.a che annuncia per domani quattro ore di sciopero. “Ieri alle ore 17:30 circa il treno 1166, partito da Sorrento alle ore 16:38, si è bloccato dopo la fermata di Villa Regina, sulla tratta Pompei scavi-Torre Annunziata della linea ferroviaria Napoli-Sorrento – spiega il sindacato – Premesso che questo treno aveva già, prima della partenza da Sorrento, dei problemi tecnici seri ad uno dei due elettrotreni in composizione ed è partito solo perché il funzionario preposto alle manutenzioni, da Napoli, ha garantito al capotreno ed al macchinista che, con la metà dei motori funzionanti, non avrebbero avuto grossi problemi. Ovviamente sulla tratta dove c’era il maggiore stress per la “macchina”, anche un altro motore ha ceduto ed il convoglio è rimasto bloccato in piena linea”.

“Non staremo a raccontare le scene di panico e la penosa, ennesima, ‘processione’ dei viaggiatori a piedi sui binari, i social ne sono pieni. Stavolta però è successo qualcosa molto più pericoloso ed allarmante che vogliamo denunciare – aggiunge – Il capotreno ed il macchinista sono stati aggrediti e colpiti con calci e pugni da chi scendeva dal treno per allontanarsi sui binari. Solo il capotreno ha deciso di ricorrere alle cure ospedaliere, mentre il macchinista ha rinunciato, benché tra i due avesse avuto la peggio. Il treno è stato anche vandalizzato. Nulla è stato fatto, nessuna iniziativa è stata messa in campo dall’azienda, ed allora per protestare contro quanto è accaduto ieri con quella vile aggressione ai nostri colleghi, per portare all’attenzione di tutti abbiamo proclamato 4 ore di sciopero per domani 23.10.2024 dalle 8.20 alle 12.20”.

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Voto di scambio e clan, anche pressioni su vigile urbano solerte

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“Si rivolse a me con toni irriguardosi e alterati, invitandomi ad andare a fare le contravvenzioni da un’altra parte e non dare fastidio alle persone che stavano lavorando”. Figurano anche “anomale pressioni esercitate dal sindaco e dal vicesindaco” nei confronti di un vigile urbano “troppo solerte” negli atti dell’inchiesta dei carabinieri di Torre Annunziata e della Dda di Napoli sul voto di scambio politico-mafioso a Poggiomarino (Salerno) che ieri hanno portato ai domiciliari il sindaco Maurizio Falanga, il suo vice, Luigi Belcuore e l’imprenditore-faccendiere Franco Carillo, per gli inquirenti punto di contatto tra la politica e la camorra.

Il vigile troppo scrupoloso, nell’ottobre del 2022, sarebbe stato preso “in malo modo” da Falanga e da Belcuore durante i lavori di scavo per la metanizzazione, uno degli appalti finiti sotto la lente di ingrandimento della Dda: in sostanza il pubblico ufficiale, recatosi sul posto dove erano in corso le attività, rimase insospettivo dal fatto che per ripristinare il manto si stava asfaltando tutta la strada (150 metri di lunghezza e 6 di larghezza) invece che solo lo scavo laterale, “come invece era prassi”. Va sottolineato che nella strada in questione, peraltro, abitava un parente del vice sindaco. Il vice sindaco e assessore erano anche interessati alla gestione dei rifiuti a Poggiomarino che la precedente amministrazione, secondo quanto emerso da altre indagini, assicurava “previo pagamento di una tangente da 300mila euro”. A capo del clan che, sempre secondo gli investigatori, teneva sotto controllo l’amministrazione, era Rosario Giugliano, poi diventato collaboratore di giustizia, su cui pendeva un cumulo di pena pari a 227 anni, 7 mesi e 28 giorni di reclusione ma che, grazie alla cosiddetta dissociazione dalla vita mafiosa pregressa, ha ottenuto una condanna a 30 anni.

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