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Esercito Israele: colpiti siti del gruppo finanziario di Hezbollah

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L’esercito israeliano (Idf) ha confermato di aver condotto una serie di “attacchi mirati… su decine di strutture e siti utilizzati dall’organizzazione terroristica Hezbollah per finanziare le sue attività terroristiche contro lo Stato di Israele”: lo ha reso noto l’Idf in un comunicato pubblicato su Telegram. “Gli attacchi sono stati condotti nelle aree di Beirut, nel sud del Libano e nel profondo del territorio libanese”, si legge inoltre nella nota. Ieri l’agenzia di stampa statale libanese aveva riferito di attacchi da parte dell’Idf contro le strutture finanziarie del gruppo.

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Senatrice aborigena contesta Re Carlo in Australia

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La senatrice aborigena Lidia Thorpe ha sfidato re Carlo III durante la sua visita al Parlamento australiano, gridando slogan anticoloniali. “Ridateci le nostre terre, restituiteci ciò che ci avete rubato!”, ha gridato la parlamentare, dopo un discorso del re 75enne agli eletti e ai funzionari del Paese. La senatrice indipendente, indossando un mantello di pelliccia, ha denunciato quello che ha definito il genocidio degli indigeni australiani durante l’era della colonizzazione europea dell’Australia.

L’Australia è stata una colonia britannica per più di un secolo, durante il quale migliaia di aborigeni australiani furono uccisi e intere comunità furono sfollate. Il Paese ottenne l’indipendenza de facto nel 1901, ma non divenne mai una repubblica a tutti gli effetti. Re Carlo resta capo dello Stato. Carlo III sta effettuando una visita di nove giorni in Australia e a Samoa, nel suo primo grande tour all’estero dopo la diagnosi di cancro all’inizio di quest’anno. La Thorpe è nota per le sue acrobazie politiche e la feroce opposizione alla monarchia. Quando prestò giuramento nel 2022, alzò il pugno destro giurando con riluttanza di servire la regina Elisabetta II, l’allora capo di stato dell’Australia.

“Giuro solennemente e sinceramente che sarò fedele al colonizzatore, Sua Maestà la Regina Elisabetta II”, ha detto prima di essere rimproverata. “Senatore Thorpe, deve recitare il giuramento così come è stampato”, osservò all’epoca la presidente della Camera Sue Lines. L’Australia ha respinto con un referendum nel 1999 una modifica della Costituzione volta a trasformarla in una Repubblica. Nessuna riforma in questo senso è più all’ordine del giorno. Nel 2023, gli australiani hanno respinto, in un altro referendum, le misure per riconoscere gli australiani indigeni nella Costituzione e creare un’Assemblea consultiva indigena.

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Morto Fethullah Gulen, per Ankara mente del golpe del 2016

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È morto a 83 anni Fethullah Gulen, influente predicatore islamico turco, ritenuto da Ankara la mente del tentato golpe contro il presidente Recep Tayyip Erdogan del 15 luglio 2016. La notizia è stata pubblicata da Herkul, sito vicino al predicatore, e viene ripresa dai maggiori media turchi. Gulen si è spento in Pennsylvania, dove viveva dopo essersi trasferito negli Usa nel 1999, senza più tornare in Turchia. Capo di una confraternita religiosa con milioni di seguaci, Gulen inizialmente fu alleato di Erdogan ma nel 2012 i due entrarono in conflitto e il presidente turco lo accusò di avere architettato il tentato golpe del 2016.

Nato nel 1941 in provincia di Erzurum, nella Turchia orientale, in una famiglia religiosa, Gulen ha iniziato fin da giovanissimo a predicare l’islam per poi diventare imam e insegnante nella scuola coranica di Smirne, la terza città più grande del Paese, sulla costa turca bagnata dal Mare Egeo, e la sua popolarità iniziò a crescere in modo esponenziale nella parte più religiosa della società turca. Divenne il capo di una confraternita islamica, conosciuta come “movimento Hizmet” (servizio, in turco), che tra gli anni ’80 e ’90 riuscì a raccogliere un seguito di milioni di persone, diventando nota anche a livello internazionale.

Negli anni, molti dei suoi seguaci iniziarono ad occupare posizioni importanti nella Magistratura e nelle forze di polizia di Ankara, mentre i membri del movimento fondarono una vasta rete di scuole private. Nel 1999, in seguito al colpo di Stato militare del 1997, Gulen si trasferì negli Usa mentre, a partire dal 2002, il suo movimento diede sostegno ai primi governi del partito Akp di Recep Tayyip Erdogan. Parallelamente all’influenza sulla Magistratura, sulla polizia e sul settore educativo tramite la rete di scuole, il movimento di Gulen diventò attivo anche nel settore mediatico, andando a controllare una serie di quotidiani e canali televisivi che davano sostegno ai governi dell’Akp di Erdogan.

I rapporti tra Gulen e l’attuale presidente turco iniziarono ad incrinarsi nel 2012 e negli anni successivi il governo fece chiudere le scuole e i media affiliati al predicatore. Erdogan accusò Gulen di essere la mente del tentato golpe del 2016, dove morirono circa 250 persone. Il predicatore negò le accuse ma il suo movimento venne messo al bando come movimento terroristico, Gulen fu condannato dalla Magistratura di Ankara per avere architettato il colpo di Stato, la Turchia chiese agli Usa la sua estradizione, mai concessa, mentre in patria i membri del suo movimento vennero arrestati.

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Moldavia al voto sull’Ue, il gelo del No al referendum

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Ribadita “l’identità europea del popolo della Repubblica di Moldavia” e “l’irreversibilità del percorso europeo” si dichiara “l’integrazione nell’Unione Europea come obiettivo strategico”: su questo quesito la Moldavia ha votato e se le primissime proiezioni sono rappresentative ha letteralmente gelato le aspettative per il referendum per il cambio della Costituzione fortemente simbolico voluto dalla presidente europeista Maia Sandu, facendo vincere clamorosamente il No. Il voto non è vincolante per l’adesione della Moldavia all’Ue, ma se lo spoglio confermerà il primo dato segna di certo una battuta d’arresto nella corsa verso occidente del Paese: a 456 sezioni su 2.219 scrutinate il No è in testa con il 58,1%, contro il 41,9% del Sì. Un clamoroso rovesciamento rispetto al 55% per il Sì previsto dai sondaggi della vigilia, che solleva inevitabilmente anche grandi interrogativi sulla capacità della guerra ibrida condotta da Mosca sul territorio moldavo. Il voto dalle primissime proiezioni delle presidenziali sembra poi una vittoria amarissima per Maria Sandu (nella foto in evidenza), che guida con il 34,1%: non solo dovrà giocarsela al ballottaggio con il socialista filorusso Alexandr Stoianoglo, ma porta a casa (in 319 sezioni su 2.219) un risultato nettamente inferiore al sondaggio Cbs-Axa che la vedeva al 35,8%.

La Commissione elettorale pur registrando diversi incidenti ha dichiarato valido il voto, che ha visto un’affluenza piuttosto alta: il 51,5% alle 21 rispetto al 48,3% registrato alla stessa ora nelle politiche del 2021 e al 45,6% delle presidenziali del 2020. Nel primo pomeriggio di lunedì ci sarà la valutazione sul voto degli osservatori Ocse. Nella giornata elettorale le autorità elettorali moldave hanno segnalato grande affluenza nei seggi di Francia, Italia, Turchia, Romania, Belgio o Russia. In Romania, in particolare, a metà giornata si registravano lunghissime code al di fuori dei seggi allestiti a Bucarest. Il ministero degli esteri moldavo ha anche parlato di code create artificialmente nei due seggi di Mosca, per ostacolare le operazioni di voto.

La polizia moldava ha denunciato anche alcune gravi violazioni del processo elettorale, segnalando in particolare 34 episodi come schede fotografate, danneggiate, voti comprati, manifestazioni non autorizzate, o il trasporto organizzato degli elettori, e persino casi di teppismo. Nei giorni scorsi erano scattate centinaia di arresti delle ultime ore per fermare una pervasiva macchina di corruzione elettorale. L’agit-prop, è emerso in particolare, è stato spregiudicato pur di destabilizzare questo piccolo e povero Stato tra Romania e Ucraina, poco più grande della Lombardia, 3 milioni e mezzo di abitanti: una pioggia di quattrini, 15 milioni di euro, incanalati nel Paese dall’oligarca fuggitivo Ilan Shor, che oltre a martellare i moldavi con diversi canali Telegram (il più noto, Evrasia, è stato chiuso), avrebbe pensato bene anche di cercare di comprare il No di 130 mila elettori. Mosca nega ogni ruolo, ma a render il quadro più minaccioso, si aggiunge anche la presenza di circa 2 mila soldati russi di stanza alle porte di casa, nel territorio dell’autoproclamata repubblica indipendente filo-russa della Transnistria (non riconosciuta dai Paesi Onu per i quali è formalmente parte della Moldavia), e la vicinissima guerra in Ucraina.

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