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Ucraina, G7 di Napoli: da Mosca uso “irresponsabile” retorica nucleare

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I ministri della Difesa del G7 hanno condannato l’uso “irresponsabile” della retorica nucleare da parte di Mosca nel conflitto in Ucraina. Nella dichiarazione finale dei ministri riuniti a Napoli viene anche stigmatizzata la “posizione di confronto e destabilizzazione su scala globale” assunta dalla Russia. Nel documento finale letto dal ministro Crosetto al termine dei lavori, si ribadisce “l’incrollabile sostegno all’Ucraina, che per quasi tre anni si e’ difesa dalla brutale e su vasta scala della guerra di aggressione illegale della Russia”, e si “condanna la Russia, che ha messo in atto un atteggiamento di confronto e destabilizzazione su scala globale, ricorrendo anche alla guerra ibrida e all’uso irresponsabile della retorica nucleare”.

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Al G7 preoccupati per Mo e Ucraina, scontri in piazza

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Mentre all’interno del Palazzo Reale di Napoli si parla di come arrivare alla pace nei vari focolai di guerra, dall’Ucraina al Medio Oriente, fuori manifestanti e forze dell’ordine se le danno di santa ragione in nome del no alla guerra e al genocidio del popolo palestinese. Pochi minuti di scontri, ma violenti, con bottigliate e colpi di manganello, in mezzo a una folla incredula di cittadini e turisti che, nonostante la pioggia, affollavano come sempre il centro di Napoli.

Con i ministri dei sette Grandi ci sono anche il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov, l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il segretario generale della Nato, Mark Rutte. I temi sul tappeto sono tanti e tutti scottanti. E le premesse non sono delle migliori. La giornata comincia infatti con la notizia del drone che aveva come bersaglio la residenza del premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Non penso sia un avvenimento che migliora la situazione” osserva il ministro della Difesa Guido Crosetto. “Pensiamo che la parte militare di Hamas sia stata sostanzialmente sconfitta e che l’attacco a Gaza possa finire.

La notizia di oggi rende però tutti meno ottimisti e le prospettive per il futuro, sia in Ucraina che in Medio Oriente, non possono essere positive. Dobbiamo dire no a chi ostacola la democrazia”. Dal summit viene ribadito il sostegno alla missione Unifil. “Abbiamo parlato di Unifil – spiega Crosetto a fine giornata – ribadendo la necessità che continui con la presenza dei suoi contingenti che devono essere rispettati sia da Israele che da Hezbollah. Non abbiamo parlato di cambio di regole di ingaggio perché la sede per parlarne è l’Onu, e mi auguro che la prossima settimana se ne parli perché la presenza dell’Onu è l’alternativa alla guerra”. Per questo – l’idea del ministro italiano – va implementata la relativa risoluzione in modo da evitare che partano attacchi verso Israele.

“E intanto – aggiunge – chiediamo a Israele di interrompere l’aggressione al Sud del Libano in cambio di una garanzia internazionale che il giorno dopo sia israeliani che libanesi possano tornare nelle proprie case senza correre pericoli”. Nessun ripensamento del Governo sulla presenza del contingente italiano. La settimana prossima Crosetto sarà in Turchia: in ballo il progetto di far formare le forze di polizia palestinesi dai carabinieri. Sostegno a Unifil anche da Borrell, per il quale la missione potrebbe essere rivista solo dopo il cessate il fuoco. “Dopo l’uccisione di Yahya Sinwar – ha detto l’alto rappresentante Ue – una nuova prospettiva si è aperta per arrivare a un cessate il fuoco, per il rilascio degli ultimi ostaggi e cercare una prospettiva politica. Dobbiamo ricostruire la sovranità del Paese”.

E la dichiarazione congiunta finale del summit esprime preoccupazione per il rischio di un’ulteriore escalation in Libano. Nel pomeriggio tiene banco il dossier Ucraina cui va il pieno sostegno del G7. “Ribadiamo il nostro incrollabile sostegno all’Ucraina, che da quasi tre anni si difende dalla brutale e illegale guerra di aggressione su vasta scala della Russia” mette nero su bianco il documento finale che condanna senza mezzi termini la Russia.

Mentre il summit volge al termine, poco lontano vanno in scena gli scontri di piazza. Un migliaio di manifestanti affrontano le forze dell’ordine che impediscono loro di avvicinarsi al Palazzo Reale. Volano pietre e bottiglie, la polizia risponde con fumogeni e facendo ricorso ai manganelli. Non risultano feriti, anche se in diversi pagano dazio per l’effetto di fumogeni e lacrimogeni. “Comportamenti che nulla hanno a che fare con la libera espressione del pensiero”, il commento del ministro dell’Interno Piantedosi, al termine di una giornata vissuta tra i saloni di Palazzo Reale e la piazza.

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Sara Kelany (FdI): Le sentenze sull’immigrazione? Decisioni precostituite

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In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, l’onorevole Sara Kelany (nella foto in evidenza) di Fratelli d’Italia ha duramente criticato la recente decisione del Tribunale di Roma riguardante l’immigrazione. Kelany, avvocato e politico, ha descritto la sentenza come “una decisione precostituita” e ha accusato alcuni magistrati di essere “ideologizzati”, facendo riferimento alla giudice Silvia Albano e paragonandola alla giudice Iolanda Apostolico.

La critica al concetto di “Paese sicuro”

Secondo Kelany, la sentenza si basa su una cattiva interpretazione delle norme internazionali, citando a sproposito la Transnistria in Moldova come “porzione insicura in un Paese sicuro”. Ha sottolineato che questo principio non è applicabile al contesto italiano e ha ribadito che la norma è cambiata, rendendo la citazione inappropriata.

Scontro con la magistratura?

Pur negando che si tratti di una “guerra con la magistratura”, Kelany ha puntato il dito contro quei magistrati che, a suo avviso, “smontano le leggi sull’immigrazione” e si sostituiscono all’attività di governo. Ha poi difeso il governo dagli attacchi di Elly Schlein e Giuseppe Conte, che hanno criticato il costo del progetto di gestione dei migranti, evidenziando che si tratta di una spesa di 650 milioni in cinque anni, una cifra modesta rispetto ai 1,8 miliardi spesi ogni anno per l’accoglienza.

Immigrazione clandestina e procedura d’urgenza

In risposta alle critiche sugli appalti in affidamento diretto, Kelany ha spiegato che la procedura è d’urgenza, ma non esclude controlli antimafia. Ha inoltre sottolineato come figlia di genitori egiziani regolari, distinguendo tra immigrazione regolare e clandestina.

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I giudici bocciano il modello Albania, il governo ricorre

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“Quelle persone scappavano da Paesi non sicuri, bisogna riportarle in Italia”: i giudici bocciano i centri di permanenza e rimpatrio appena inaugurati dal governo Meloni in Albania e le stanze già semivuote del centro di Gjader tornano ad essere nuovamente deserte. Per i dodici migranti egiziani e bengalesi, entrati solo mercoledì scorso in quella struttura, è tempo di raccogliere di risalire a bordo di una nave militare italiana per la rotta inversa, stavolta diretti a Bari in un centro per richiedenti asilo. La sezione immigrazione del tribunale di Roma non ha convalidato il loro trattenimento nel Cpr ed è quanto basta per scatenare la rabbia dell’Esecutivo a partire dalla presidente del Consiglio che la definisce una decisione “pregiudiziale”.

Il governo intende comunque “andare avanti” annunciando ricorsi fino alla Cassazione. Ma il primo segnale arriva subito, a partire da lunedì prossimo, giorno per il quale la premier ha indetto un consiglio dei ministri “per risolvere questo problema”. Sotto la lente del Cdm finiranno ulteriori misure per rivedere le procedure sulla richiesta di ottenimento della protezione internazionale dei richiedenti asilo, con l’obiettivo di velocizzare i tempi delle risposte da parte dell’Italia. L’ipotesi è di conferire più poteri alla commissione che esamina le singole domande di richiesta di asilo internazionale, valutando anche di rivedere i meccanismi che riguardano il successivo ricorso.

Al momento però resta quanto stabilito dai giudici, per i quali “il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi, equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane, è dovuto all’ impossibilità di riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”, si legge nelle dodici ordinanze fotocopia dei magistrati, i quali hanno manifestato un punto di vista giuridico compatto contro il quale però il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi promette “una battaglia”, da fare “all’interno dei meccanismi giudiziari”.

Dopo la presidente Meloni il titolare del Viminale è tra quelli che più di tutti è convinto dei risultati dell’accordo siglato con il premier albanese Edi Rama. “Ciò che l’Italia sta realizzando verrà assimilato nel diritto europeo”, sostiene Piantedosi. Un modello, quello albanese, che però non convince il primo ministro francese Barnier: ‘per ragioni giuridiche-istituzionali non è trasferibile in Francia”. Per il titolare del Viminale il centro della questione nel nostro Paese è un’involuzione “secondo cui il governo non ha il diritto di legiferare per attivare una procedura più veloce. Non ci aspettavamo – ammette – una decisione in maniera così massiva”. Nell’ennesimo scontro frontale con la magistratura interviene anche il vice premier Antonio Tajani: “Il potere giudiziario deve applicare le leggi, non modificarle o impedire all’esecutivo di poter fare il proprio lavoro”, commenta.

A dirsi “molto, molto stupito” è anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa e Fratelli d’Italia allude alle ‘toghe rosse’ attraverso un’immagine pubblicata sui social dal profilo ufficiale del partito della premier in cui si legge: “In aiuto della sinistra parlamentare arriva quella giudiziaria”. L’opposizione segnala “un danno erariale”, con la segretaria dem Elly Schlein che punta il dito contro “l’accordo fuorilegge fatto con l’Albania, un’intesa che viola il diritto internazionale. L’intero meccanismo – dice – non sta in piedi. Si tratta di 800 milioni buttati che potevano essere usati per la sanità”. Gli eurodeputati Pd, M5s e Avs hanno anche presentato un’interrogazione scritta, promossa dalla parlamentare europea Cecilia Strada, per chiedere se sarà avviata una procedura di infrazione, suscitando inevitabilmente l’indignazione di Meloni: “stanno di fatto sollecitando l’Europa a sanzionare la propria nazione e i propri cittadini, con il solo obiettivo – dice la premier – di colpire politicamente questo governo”.

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