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Il Texas boccia la grazia per un uomo condannato a morte

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Il Texas Board of Pardons and Paroles nega la richiesta di grazia per Robert Roberson, che potrebbe essere il primo negli Stati Uniti a essere giustiziato per la “sindrome del bambino scosso”. Roberson è stato condannato alla pena capitale per aver ucciso oltre venti anni fa la figlia di due anni Nikki scuotendola violentemente e provocandole un trauma cranico letale. Secondo i suoi legali, “Roberson è stato condannato sulla base di pseudoscienza”, mentre vari errori sarebbero stati commessi nel caso della piccola Nikki, arrivata in ospedale in stato comatoso nel febbraio 2002: i medici non avrebbero preso in considerazione altre diagnosi oltre alla “sindrome da bambino scosso”, tra cui la febbre a 40 della bambina prima che perdesse conoscenza, una possibile polmonite doppia e una combinazione di farmaci oggi giudicati inadatti per l’uso pediatrico. Quanto alla polizia, potrebbe aver scambiato l’atteggiamento impassibile di Roberson come quello di un assassino senza cuore, senza pensare che poteva essere il risultato della sua condizione di autistico.

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16 Paesi Ue di Unifil, ‘rivedere regole d’ingaggio’

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Il tempo stringe. Bisogna agire prima che un ulteriore attacco abbia conseguenze più gravi. La burocrazia Onu è lenta ed il ministro della Difesa, Guido Crosetto, insieme al collega francese Sébastien Lecornu, ha convocato in mattinata una riunione in videoconferenza dei ministri dei 16 Paesi europei che partecipano ad Unifil: occorre rivedere le regole d’ingaggio della missione, è la posizione emersa, insieme alla necessità di “esercitare la massima pressione politica e diplomatica su Israele, affinché non si verifichino ulteriori incidenti”. Un avvertimento è rivolto anche ad Hezbollah, che “non può utilizzare il personale di Unifil come scudo nel contesto del conflitto”.

Crosetto ha quindi sintetizzato: la missione si può anche potenziare, aumentando il numero dei militari e definendo regole più efficaci, ma Israele deve ritirarsi facendo fare ai caschi blu con le buone ciò che lei vuole ottenere con le cattive, cioè lo smantellamento delle postazioni di Hezbollah lungo la linea di confine. Da Tel Aviv continuano però a non arrivare aperture. “Israele – ha detto il ministro degli Esteri Israel Katz – attribuisce grande importanza alle attività di Unifil e non ha alcuna intenzione di danneggiare l’organizzazione o il suo personale. Inoltre, Israele ritiene che l’Unifil svolga un ruolo importante nel ‘giorno dopo’ la guerra contro Hezbollah”.

Nel frattempo si va avanti, dice Katz, ricordando che “è Hezbollah a usare il personale Unifil come scudi umani, sparando deliberatamente ai soldati dell’Idf da luoghi vicini alle postazioni Unifil, per creare attriti”. Non pare esserci molto spazio per trattative diplomatiche, dunque. La tela di contatti di Crosetto, tuttavia, proseguirà nel weekend a Napoli, dove si riunirà il G7 della Difesa. Un’ulteriore occasione per spingere ad intervenire con urgenza sull’esigenza di garantire la sicurezza ai caschi blu sotto tiro in Libano. Si sa che i numeri contano nel Palazzo di vetro, la capacità di aggregare consensi intorno ad una proposta diventa dunque fondamentale. Non c’è tempo. Il sud del Libano è ormai fuori controllo.

“La decapitazione che Hezbollah ha subito fa sì che al suo interno ormai ci siano sacche che si muovono autonomamente per cui è impossibile sapere chi ti trovi davanti”, ha osservato il ministro. Sono mesi che il titolare della Difesa preme per cambiare le regole d’ingaggio che, ha sottolineato, “consentono ai nostri militari di muoversi solo insieme alle forze armate libanesi. Queste ultime sono però state totalmente distrutte dalla crisi economica. Lo stipendio di un soldato è un ventesimo di quello che era qualche anno fa, per cui è saltata la catena militare libanese e questo ha bloccato anche la possibilità per i nostri militari di muoversi e di implementare la risoluzione Onu che stabiliva che non dovesse esserci alcun pericolo da Hezbollah nella linea di confine di dieci km tra il Libano ed Israele”.

I 16 ministri chiedono quindi anche il rafforzamento delle forze armate di Beirut, attraverso un adeguato supporto addestrativo e finanziamenti internazionali, “affinché possano diventare una forza credibile e contribuire alla stabilità della regione con il sostegno di Unifil”. In serata da Bruxelles è arrivata anche una dichiarazione congiunta dei leader dell’Ue e dei Paesi del Golfo che condanna gli attacchi contro l’operazione delle Nazioni Unite.

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Zelensky presenta il suo piano, spiragli alla Nato

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Il presidente Volodymyr Zelensky presenta il piano della vittoria al Parlamento ucraino e, subito dopo, si lancia nell’ennesimo tour per spingere gli alleati a sostenere la sua causa. Prima a Bruxelles, dove parteciperà al Consiglio europeo e visiterà il quartier generale della Nato, e poi a Berlino, dov’è atteso un vertice a quattro con Joe Biden, Olaf Scholz, Emmanuel Macron e Keir Starmer dopo quello annullato a causa dell’uragano Milton. Tra i nodi fondamentali c’è l’ingresso nella Nato e la novità è che, per la prima volta, si aprono spiragli all’interno dell’Alleanza per concedere l’agognato invito formale ben sapendo che l’adesione sarà comunque un processo lungo e tortuoso. Sembrano solo dettagli ma ormai la forma è sostanza, perché su entrambi i lati dell’Atlantico c’è consapevolezza di quanto sia delicata la situazione sul campo di battaglia.

“Forse non siamo ancora al momento della verità ma potremmo esserci vicini”, sottolinea un diplomatico alleato alla vigilia della ministeriale Difesa che per la prima volta vedrà la partecipazione a questo formato dei partner asiatici (Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda). Il Cremlino, non a caso, ha bersagliato l’annuncio di Zelensky con una dichiarazione trita e ritrita: il suo piano – ha dichiarato il portavoce di Vladimir Putin – è “probabilmente lo stesso degli americani, quello di combattere la Russia fino all’ultimo ucraino”. In realtà diverse fonti alleate confermano che, nei corridoi, si discutono apertamente vari scenari, compresi quelli che prevedono la concessioni di territori in cambio della pace. Ipotesi che il presidente ucraino nega pubblicamente con forza. Il modello che si evoca è quello tedesco, che permise alla Germania Ovest di entrare nell’Alleanza benché l’Est fosse sotto controllo sovietico. Scholz lo suggerisce chiaramente.

“Oltre al chiaro sostegno all’Ucraina, è giunto il momento di fare tutto il possibile per esplorare come arrivare a una situazione in cui questa guerra non si protragga all’infinito”, ha detto al Parlamento tedesco dicendosi aperto a colloqui con Putin. L’approccio però fa il paio con le ‘soluzioni creative’ anche sul fronte alleato. “Il primo punto sulla lista del piano Zelensky è l’invito ad entrare nella Nato perché sa che solo l’articolo 5 può proteggerlo dalla Russia sul lungo periodo: ecco, l’atmosfera sul tema sta cambiando”, afferma un’alta fonte diplomatica alleata. “Certo, al momento è difficile che ci sia ma la richiesta, sia da parte degli ucraini che da parte degli alleati favorevoli, s’intensificherà da qui al prossimo vertice della Nato, e non escludo che alla fine l’invito venga esteso”.

L’Ucraina, si rimarca, non è però la Svezia o la Finlandia, il processo di riforme necessario per entrare nell’Alleanza sarà complesso e poi si dovrà avere una situazione al fronte stabilizzata. Dunque tra l’invito e l’ingresso effettivo passerà giocoforza del tempo. Ma la svolta potrebbe servire a Zelensky per restare in partita, considerando le pressioni sul fronte interno e l’inverno difficile che ha di fronte. Il segretario generale Mark Rutte nel mentre ha rivelato che la Nato è “sulla buona strada” per consegnare i 40 miliardi di euro promessi a Kiev per il prossimo anno, come concordato al vertice di Washington. “Posso annunciare – ha detto – che gli alleati hanno impegnato 20,9 miliardi in assistenza militare nella prima metà del 2024”. Il presidente Biden, dal canto suo, ha annunciato un nuovo pacchetto di aiuti militari da 425 milioni di dollari, con ogni probabilità il contributo Usa alla coreografia di annunci prevista nell’ambito della ministeriale alleata, dove si terrà anche un Consiglio Nato-Ucraina, organizzato per l’occasione nel formato cena, più informale. “Sarà l’occasione per ascoltare dal vivo gli aggiornamenti dal campo di battaglia e le esigenze reali dell’Ucraina”, spiega una fonte. “”Non tutti gli alleati fanno quanto dovrebbero fare al momento, quindi avere una certa iniezione di urgenza politica è utile”.

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Harris: la mia presidenza non sarà continuazione Biden

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“La mia presidenza non sarà la continuazione di Joe Biden. Come ogni nuovo presidente porterò le mie esperienze e le mie nuove idee. Sono una nuova generazione di leadership”. E’ il messaggio lanciato da Kamala Harris nel corso di una combattiva intervista a Fox durata quasi mezz’ora con Bret Baier. Incalzata come prima domanda sull’immigrazione, la vicepresidente ha puntato il dito contro Trump per aver fatto naufragare l’accordo raggiunto in Congresso. “Ha preferito correre” la sua campagna sull’immigrazione “invece che risolvere il problema”, ha spiegato definendo l’ex presidente “instabile”. “Il nostro sistema dell’immigrazione è rotto, dobbiamo essere onesti su questo. La nostra attenzione deve essere sul risolvere il problema”, ha aggiunto.

A Baier che le faceva vedere un suo video passato in cui affermava di voler usare i soldi dei contribuenti per interventi chirurgici per i detenuti transgender, Harris ha risposto notando come un recente articolo del New York Times ha messo in evidenza che tali tipi di interventi sono stati eseguiti durante l’amministrazione Trump. “Seguirò la legge, e questa legge è stata seguita anche da Trump”, ha osservato. La vicepresidente ha quindi incalzato a sua volta Baier per un video a suo avviso ingannevole su Donald Trump in cui venivano nascosti i commenti dell’ex presidente sui “nemici dentro” il Paese più pericolosi di quelli all’esterno.

“Questa è una democrazia, e un presidente degli Stati Uniti dovrebbe essere in grado di gestire le critiche”, ha detto. Sulla politica estera, Harris ha sottolineato la minaccia posta dall’Iran e ribadito il suo “incrollabile impegno” a Israele. Prima dell’intervista a Fox dalla Pennsylvania, Harris ha tenuto un comizio con a fianco 100 repubblicani che la sostengono. Trump è una persona che ha “rifiutato di accettare il risultato delle giuste elezioni” del 2020 e ha scatenato una rivolta il 6 gennaio a Capitol Hill “minacciando anche la vita del suo vicepresidente”. Trump – ha osservato – ha violato la costituzione per questo “non deve essere più presidente. Mai più”.

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