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Economia

Il Ceo di Stellantis Tavares ribatte: caos creato da altri, non sono un mago

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“Altri hanno creato il caos e voi chiedete a me di risolvere la situazione e di garantire posti di lavoro. Non sono un mago, sono un essere umano come voi”. Il Ceo di Stellantis Carlos Tavares  (nella foto in evidenza) va al contrattacco e dal salone dell’auto di Parigi risponde così a chi gli chiede rassicurazioni in particolare sul fatto che non saranno tagliati posti di lavoro. Basta poco a riaccendere le scintille con la politica, nonostante il Ceo spieghi che i problemi nascono soprattutto dalle nuove regole europee e si dica “totalmente aperto” a proseguire il dialogo con il governo di Giorgia Meloni. Negli ultimi giorni, in Italia e non solo si sono moltiplicati i timori per il futuro del colosso automobilistico nato dalla fusione tra Fca e Psa.

I leader dell’opposizione, Angelo Bonelli, Carlo Calenda, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni ed Elly Schlein, chiedono che sia ora il presidente di Stellantis, John Elkann, a venire a riferire direttamente in parlamento. Mentre la Lega, dopo gli interventi di Salvini dei giorni scorsi continua a fare critiche a testa bassa. A chi chiedeva se alla luce dei rilievi ricevuti dopo l’audizione di venerdì scorso a Roma, il dialogo con l’esecutivo italiano si fosse interrotto, Tavares torna a tendere la mano agli interlocutori italiani. Durante l’audizione di venerdì, ha precisato, “ho cercato di spiegare la situazione, che non si devono confondere le cause dell’attuale difficoltà con i sintomi. Il sintomo è che la situazione è caotica, la causa che sta alla radice è che è stata imposta una normativa” Ue.

Tavares assicura il proprio impegno ma lancia anche qualche strale: “faremo del nostro meglio per risolvere la situazione, ma il governo non può mettersi da parte e dire ‘aspettiamo finche’ non avrete risolto la situazione’, il governo deve fare la propria parte”. E’ qui che spiega di ‘non essere un mago’ a chi lo riporta sul tema dell’occupazione dei lavoratori del gruppo già al centro di uno scambio la mattina durante un’intervista in mattinata alla radio francese RTL, durante la quale, incalzato dalla giornalista Amandine Begot, non aveva escluso l’ipotesi tagli (suscitando subito gli attacchi della Lega), pur precisando a chiare lettere che questo ”non è in alcun modo al centro della nostra riflessione strategica”, che mette al centro l’innovazione. “Mi chiedete di risolvere problemi creati da altri, per risolvere quelle situazioni potrei dover fare cose che non saranno accolte bene”, ha poi dichiarato al Salone dell’Auto.

Tavares insiste sul fatto che il problema fondamentale è la regolamentazione comunitaria sull’elettrificazione del comparto. Già ieri, in un’intervista pubblicata al giornale Les Echos, aveva sostenuto che ”chiudere le frontiere ai prodotti cinesi è una trappola” perché “aggireranno le barriere investendo in stabilimenti in Europa. Stabilimenti che verranno in parte finanziati da sovvenzioni statali, nei Paesi (Ue,ndr,)a basso costo”. A preoccupare il portoghese, non è tanto “la concorrenza con i cinesi o con chiunque altro, sono gli altri ad essere preoccupati. In Stellantis siamo pronti. Il punto è che l’Europa teme la concorrenza, ha paura di entrare in gara”, deplora Tavares tornando, tra l’altro, ad invocare la necessità di incentivi statali per rilanciare la domanda.

”Non chiediamo soldi per Stellantis. Chiediamo soldi per i consumatori, per i cittadini”. Quanto a Mirafiori, il ceo di Stellantis si è mostrato ottimista. L’anticipo al 2025 della produzione della 500 ibrida nello stabilimento torinese, come annunciato nei giorni scorsi, “avrà un impatto molto positivo e molto significativo – afferma – Penso che la produzione sarà nell’ordine di 80-100.000 vetture all’anno”. “Tra l’altro, la buona notizia è che siamo riusciti a comprimere i tempi per portare i powertrain ibridi per la 500 a Mirafiori prima di quanto annunciato in precedenza. Guardiamo alla fine del 2025, un tempo significativamente più breve rispetto al passato”, conclude il capo di Stellantis.

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Economia

Il Nobel per l’economia a Acemoglu, Johnson e Robinson per gli studi sulle diseguaglianze

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Il Nobel per l’economia premia gli studi sulla ricchezza delle nazioni: ma non nel senso dello scritto di Adam Smith che premiava la ‘mano invisibile’ del libero mercato. Piuttosto nel senso più evoluto della democrazia compiuta nella ‘società aperta’, inclusiva, che non ha paura dell’osmosi culturale e che mette in discussione il potere. Praticamente un pugno al nazionalismo che rialza la testa e una rivincita per le battaglie di George Soros, accusato da sovranisti di tutto il mondo di fare quello che ora sta facendo Elon Musk con le elezioni Usa.

Non è un caso che la Reale Accademia svedese per le scienze economiche abbia premiato tre economisti di fama internazionale, con cattedre di altissimo livello negli Usa, ma nessuno di origini americane. Il Nobel per l’economia 2024 va infatti a Daron Acemoglu e Simon Johnson – entrambi al Massachussets Institute of Technology di Cambridge ma il primo di origini turche, il secondo di origini inglesi – e a James A. Robinson, britannico ora all’Università di Chicago. A valer loro il Nobel sono gli “studi sulla formazione delle istituzioni e la loro influenza sulla prosperità” nei Paesi colonizzati.

Un filone dell’economia che studia come l’esperienza del colonialismo europeo – definito oggi da Acemoglu una sorta di “esperimento naturale” grazie alla possibilità di osservare i cambiamenti radicali innestati nelle società – abbia lasciato in eredità in alcuni casi benessere e prosperità economica, in altri radicato regimi dispotici, talvolta spietati, e povertà. Il comitato che ha illustrato l’assegnazione del premio, stamattina a Stoccolma, l’ha spiegata così: “Quando gli europei hanno colonizzato grandi porzioni della terra le istituzioni delle società sono cambiate, talora drammaticamente”. In alcuni Paesi lo scopo era sfruttare la popolazione ed estrarre risorse a beneficio dei colonizzatori, creando solo benefici di breve termine per il potere locale. In altri Paesi, le potenze coloniali hanno lasciato in eredità “sistemi economici e politici inclusivi” che nel tempo hanno prodotto “società generalmente prospere”.

Jacob Svensson, uno dei tre membri del Comitato che ha assegnato il Nobel, ha spiegato che i tre economisti sono stati pionieri di un nuovo approccio dall'”enorme impatto sociale”, che “ha fatto avanzare significativamente la nostra comprensione delle diseguaglianze”. Acemoglu, per anni sul punto di vincere grazie ai suoi studi, ha sintetizzato così: “il lavoro che abbiamo fatto premia la democrazia”, come in grado di generare prosperità. Una gestione economica ‘empirica’ fatta di errori e messa in discussione, anziché di principi calati dall’alto (e qui le difficoltà dell’economia dirigista in Cina calzano a pennello). Ma anche una società – come quelle uscite da alcune esperienze coloniali – aperta, non conservatrice: un avvertimento ai richiami nazionalisti in Usa ed Europa.

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Economia

Dal cuneo alla spending, il menù della manovra

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Dalla conferma del taglio del cuneo fiscale e dell’accorpamento delle aliquote Irpef al pacchetto natalità. Spending review nei ministeri ma anche un contributo da parte delle banche. Ecco i punti chiave della manovra che dovrebbe pesare tra i 23 e i 25 miliardi dei quali 9 in deficit.

CUNEO FISCALE E SCAGLIONI IRPEF – Conferma del taglio del cuneo per che dovrebbe diventare strutturale così come l’Irpef a tre aliquote. Sono i due punti ferma della manovra da circa 25 miliardi il cui schema approderà domani in Consiglio dei ministri. Secondo alcune anticipazioni per quanto riguarda il taglio del cuneo l’azione potrebbe essere doppia. Dal prossimo anno il taglio potrebbe rimanere contributivo per i redditi fino a 20mila euro, per poi trasformarsi in fiscale, con un aumento delle detrazioni per il lavoro dipendente fino a 35mila euro. A quel punto partirebbe un decalage, piuttosto rapido, fino a 40mila euro. Questo eviterebbe uno scalone. Se i fondi in arrivo dal concordato preventivo e dal ravvedimento collegato saranno sufficienti il governo potrebbe poi ridurre l’aliquota Irpef intermedia, che va fino a 50mila euro di reddito, da 35 a 33 punti

PACCHETTO NATALITA’ – E’ l’altro piatto forte della manovra che dovrebbe prevedere un sostegno alla natalità e alle famiglie attraverso lo strumento dell’assegno unico o con detrazioni mirate alle fasce più deboli. Tra le misure che vengono date per scontate l’estensione alle autonome della decontribuzione per le mamme lavoratrici con due o tre figli.

SPENDING REVIEW – Questo capitolo dovrebbe portare in dote alla manovra almeno 3 miliardi con i ministeri che dovranno comunicare dove intendono risparmiare. Tagli che dovrebbero comunque essere gestibili in modo flessibile dai singoli dicasteri. Alla revisione della spesa dovrebbero partecipare anche gli Enti locali e i Comuni.

SANITA’ – Non sarà, in ogni caso, tagliata la spesa sanitaria, su cui il governo si è impegnato a mantenere l’incidenza sul Pil. Il ministro Schillaci si è detto fiducioso che rispetto ai 5 miliardi stanziati nella legge di bilancio dello scorso anno, potrebbe esserci un aumento intorno ai 2 miliardi. Qualche indiscrezione ipotizza fino a 3 miliardi.

CONTRIBUTO DELLE BANCHE – Fondi freschi alla Legge di Bilancio dovrebbero arrivare da un contributo di solidarietà da parte degli istituti bancari più grandi ma che non è escluso, possa riguardare anche altri settori come quello delle imprese energetiche o le assicurazioni. La trattativa con le banche è in corso. Sembra escluso un aumento dell’Ires e dell’Irap, mentre sul tappeto spunta un contributo sulle somme portate ad aumento patrimoniale (e quindi non distribuiti come dividendi) ma si è ipotizzato anche un intervento di slittamento delle Dta (le imposte differite attive) e sulle stock option date ai manager.

IL NODO DELLE ACCISE – La legge di bilancio dovrebbe contenere, come previsto nel piano strutturale di bilancio, la norma ribadita anche dal ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, per correggere il disallineamento fra le accise di benzina, più alte, e diesel, più basse, ed evitare l’infrazione europea.

CASA E BONUS RISTRUTTURAZIONE – L’obiettivo al quale si lavora è quello di garantire per un altro anno il bonus ristrutturazioni al 50%. Evitando così che da gennaio l’agevolazione fiscale scenda al 36%.

PENSIONI – Nulla da fare per riforme strutturali su questo fronte ma si lavora, comunque, per confermare la piena indicizzazione delle pensioni rispetto all’inflazione. E un aumento delle pensioni minime. Tra le ipotesi circolate c’è anche quella di un perfezionamento del cosiddetto bonus Maroni, con incentivi a chi sceglie di rimanere al lavoro anche avendo i requisiti per il pensionamento.

CONTRATTI DELLA P.A. – Come ha confermato il ministro Giancarlo Giorgetti la manovra stanzierà anche le risorse per il rinnovo dei contratti pubblici per il 2025-27.

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Cronache

I conti spiati, i clienti Intesa valutano risarcimenti

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Si muovono gli avvocati dei clienti di Intesa Sanpaolo spiati da Vincenzo Coviello per valutare la costituzione di parte civile (in un eventuale processo penale) o cause civili ai danni della banca, formalmente indagata dalla Procura di Bari per la violazione della legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti. In questi giorni, infatti, i legali hanno chiesto informazioni agli inquirenti annunciando azioni a tutela dei propri assistiti. Nei confronti dell’istituto, quindi, potrebbero arrivare potenzialmente migliaia di richieste risarcitorie: dal febbraio 2022 all’aprile 2024, infatti, il 52enne di Bitonto (Bari) ed ex dipendente della banca avrebbe effettuato 6.637 accessi abusivi ai dati dei conti correnti di 3.572 clienti sparsi in 679 filiali in tutta Italia.

L’istituto, rilevano i pm, non avrebbe tempestivamente segnalato agli inquirenti gli accessi abusivi. Intesa Sanpaolo ha replicato spiegando di non ha “ricevuto alcuna comunicazione dall’autorità giudiziaria” e sottolineando che la “banca ha potuto procedere con la notifica presso l’autorità per la privacy e la denuncia presso la Procura di Bari come parte lesa nei tempi resi possibili da un processo esteso e accurato, volto alla ricostruzione di quanto avvenuto”. “Il comportamento della banca – prosegue un portavoce di Intesa Sanpaolo – sarà come sempre basato sulla massima collaborazione con le autorità”.

Coviello – emerge dagli atti della banca acquisiti dalla Procura – avrebbe controllato posizioni contrattuali, movimentazioni dei conti correnti e delle carte di credito (soffermandosi sui dettagli di alcune operazioni) e le attività finanziarie detenute dai clienti, quindi mutui, azioni, obbligazioni e titoli di credito in generale. Per questo, la scorsa settimana, la Procura di Bari – che indaga nei confronti di Coviello per accesso abusivo ai sistemi informatici e tentato procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato – ha disposto il sequestro di telefoni, computer, tablet e periferiche del 52enne, per capire se quei dati siano stati scaricati ed eventualmente condivisi con altri. Ad accertarlo saranno i consulenti informatici nominati dal procuratore Roberto Rossi e dall’aggiunto Giuseppe Maralfa, a cui spetterà il compito di analizzare i dispositivi. La Procura sospetta che Coviello abbia agito “verosimilmente in concorso e previo concerto con persona/e da identificare”, presunti mandanti degli accessi abusivi ai sistemi informatici di Intesa Sanpaolo.

Coviello, però, dopo aver ricevuto una contestazione bonaria dalla banca (prima del licenziamento datato 8 agosto) si è difeso: “Ho agito di mia iniziativa – ha detto ai suoi superiori – e non ho mai stampato né trattenuto copia delle informazioni sui conti, così come non ho divulgato a nessuno i dati visionati e ho smesso di accedere ai conti dei clienti dall’ottobre del 2023”, dopo un confronto con il suo responsabile che gli contestava gli accessi abusi scoperti dall’istituto di credito in sede di audit. In realtà, gli contesta la banca formalmente il 4 luglio, Coviello ha continuato a spiare i conti, come se nulla fosse accaduto. Emerge dagli atti della banca che dal novembre 2023 ad aprile 2024 ha eseguito 347 accessi abusivi interrogando i conti di 261 clienti da lui non gestiti.

Gli accessi sarebbero avvenuti dalla postazione di lavoro di Coviello, nella filiale di Bisceglie (Barletta-Andria-Trani) in cui il dipendente si trovava in distaccamento dalla sede Agribusiness di Barletta. Il 52enne avrebbe cercato, tra gli altri, i dati dei conti della premier Giorgia Meloni, della sorella Arianna, dell’ex compagno Andrea Giambruno, di vari ministri e parlamentari, oltre che di sette ex presidenti del Consiglio (tra cui Mario Draghi e Matteo Renzi) e di personaggi del mondo dello sport e dello spettacolo. Ma anche di suoi colleghi e responsabili delle vari strutture della banca, talvolta anche interrogando i dati rilasciati dalla Centrale rischi di Bankitalia. Le indagini della Procura di Bari sono partite dopo la denuncia di un correntista di Bitonto, fatta lo scorso 22 luglio, al quale erano stati segnalati gli accessi abusivi al conto: i suoi dati sarebbero stati visionati da Coviello ben 230 volte.

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