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Economia

L’Ue sostiene la tassa sui super ricchi, ‘per l’equità’

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Nient’altro che una “questione di equità”. Nell’autunno delle manovre e dei Psb, l’idea di una tassa per i super ricchi si fa spazio anche in Europa: l’endorsement è arrivato dal vicepresidente della Commissione Ue, Margaritis Schinas, davanti agli eurodeputati riuniti a Strasburgo. Nessuna iniziativa personale di Bruxelles – almeno per il momento – ma la conferma del sostegno al lavoro portato avanti dal G20 e un’esortazione all’Ocse a chiudere quanto prima i negoziati sulla redistribuzione dei profitti delle multinazionali. Netta però la chiusura del Ppe e dei Conservatori di Ecr di Giorgia Meloni, per i quali la sola ipotesi evoca “l’oscurantismo della patrimoniale tanto amata dalla sinistra”, ha attaccato l’europarlamentare di FdI, Denis Nesci, prendendo di mira anche la segretaria del Pd, Elly Schlein.

“La lotta contro le disuguaglianze” viene vista come una priorità per l’Ue che, davanti sfida della transizione green e tech, vede nella tassa sui paperoni risorse fresche. A “raccontare bene la situazione”, ha precisato Schinas, sono “i numeri” della Banca mondiale: negli ultimi 25 anni l’1% più ricco della popolazione ha rappresentato il 38% della crescita totale della ricchezza, mentre il 50% meno ricco solo il 2%. E secondo un recente Eurobarometro, oltre l’80% degli europei ritiene che le differenze di reddito siano troppo grandi nei loro Paesi.

Un’iniziativa dei cittadini del continente – che finora ha raccolto quasi 350mila firme – ha richiamato Bruxelles all’ordine, chiedendo una proposta di direttiva comunitaria. E in Francia il neopremier francese Michel Barnier ha annunciato di voler usare la scure sui super ricchi per combattere il debito pubblico. A sostenere le ragioni del sì sono Socialisti, Verdi, Sinistra e persino i Patrioti, per i quali però – soprattutto nella fronda lepenista – il mantra della “sovranità nazionale” si ripete sull’uso dei proventi.

“L’Europa vive una contraddizione inspiegabile agli occhi dei cittadini: da una parte chiede ai Paesi come l’Italia di tagliare 13 miliardi di euro l’anno con il Patto di stabilità, dall’altra chiude un occhio sull’elusione delle multinazionali e le immense ricchezze”, è stata anche la stoccata del capodelegazione del M5S al Parlamento europeo, Pasquale Tridico. Davanti però c’è il muro del Ppe, per cui “non è questa la strada giusta da seguire” e dell’Ecr. L’idea è anzi “pericolosa” e, ha avvertito Nesci, “soffoca la crescita, scoraggiando gli investimenti e allontanando i capitali”.

Per scongiurare l’emorragia, è la precisazione di Bruxelles, il lavoro dovrà essere internazionale. Il Brasile di Lula ha messo al centro della sua presidenza del G20 la proposta di un’imposta minima pari al 2% dei patrimoni dei 3mila miliardari globali. E a sostegno si sono espressi Francia, Germania, Spagna e Sudafrica. Nella cornice dell’Ocse, l’accordo storico che ha trasformato in realtà la global minimum tax al 15% per le multinazionali dovrà essere completato nella parte dedicata alla redistribuzione dei profitti. L’apertura Ue in vista del von der Leyen bis però è chiara: “Le persone con un patrimonio netto molto elevato paghino la loro giusta quota di tasse”.

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‘Rendite catastali, rischio violazione Carta e ricorsi’

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“L’eventuale misura di rivedere le rendite catastali per chi ha usufruito del Superbonus pone qualche dubbio di costituzionalità: in quel caso sarebbe violato ‘il principio di affidamento’, perché verrebbe tradita la garanzia che il cittadino aveva avuto dallo Stato sul beneficio di quel provvedimento edilizio, ancora previsto fino ad un anno fa”. È il parere di Antonio Baldassarre costituzionalista italiano e presidente emerito della Consulta. “La legislazione del ‘bonus 110’ era un incentivo a migliorare la propria abitazione – spiega -. Ma a fine pubblico, perché comportava un risparmio energetico o, ad esempio, nel caso del sisma bonus, una resistenza degli edifici alle calamità: insomma, c’era un interesse pubblico. Adesso, con una penalizzazione che può essere anche pesante perché può durare anni, tutto cambia”.

Per il costituzionalista, inoltre, “se lo Stato fornisce un incentivo al cittadino, poi non può penalizzarlo, questo farebbe apparire contraddittorio il fronte del legislatore”. Baldassarre cita poi un esempio per parlarne in concreto: “con la revisione delle rendite catastali, in alcuni casi sarebbe previsto un cambio di aliquota ma in altri il cambiamento di regime potrebbe essere molto più pesante, perché c’è chi rischia di passare da una classe all’altra, quindi con una differenza notevole rispetto a quella attuale”. Da qui il rischio di ricorsi alla Consulta: “il ragionamento che potrebbe essere fatto è: ‘se nel momento in cui ho partecipato al beneficio avessi saputo che l’anno successivo mi sarebbe stata data una penalizzazione, non ne avrei usufruito perché la penalizzazione è forte”.

Il riferimento del costituzionalista è all’articolo 3 della Carta, secondo cui, al comma 2, ‘è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese’. L’articolo, secondo diverse interpretazioni giuridiche, tutela quindi il valore del legittimo affidamento e impone al legislatore di non creare un regolamento irrazionale degli interessi e perciò suscettibile di frustrare l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, elemento fondamentale dello Stato di diritto. In un caso del genere, dice dunque Baldassarre, “si manifesterebbe un legislatore contraddittorio, perché non si può cambiare politica l’anno successivo. E l’affidamento rimanda al principio di ragionevolezza che deve essere alla base della legislazione”.

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Economia

Da Imu e Tari all’imposta di registro, tutte le tasse sulla casa

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Imu e Tari, ma anche imposta di registro, catastale, Iva, cedolare secca. Sulle case degli italiani “gravita un lungo elenco di tasse e imposte a carico dei proprietari, una vera e propria giungla che ora rischia di diventare sempre più pesante”. A stilare l’elenco è il Codacons che dopo le parole di Giancarlo Giorgetti sulla rimodulazione delle rendite catastali teme un ulteriore aggravio.

– Le prime tasse arrivano già al momento della compravendita.

Chi compra un immobile va incontro infatti a imposta di registro, Iva, imposta ipotecaria e importa catastale. Chi compra casa da un privato (o da un’azienda che vende in esenzione Iva) deve versare un’imposta di registro del 2% (per un importo minimo di 1.000 euro) per la prima casa, del 9% sulla seconda casa, sul valore catastale dell’immobile. Le imposte ipotecaria e catastale sono entrambe di 50 euro.

Chi invece compra casa da un costruttore è tenuto a pagare l’Iva al 4% in caso di prima casa (10% sulla seconda casa, 22% su immobili di lusso), imposta di registro, ipotecaria e catastale, del valore fisso di 200 euro l’una. Alla cifra totale si sommano i costi di eventuali spese notarili.

– Le tasse non risparmiano nemmeno gli immobili donati o in eredità, anche se con un’importante franchigia. Nei trasferimenti per donazione o successione sono dovute le imposte indirette, in particolare l’imposta di successione e di donazione, che varia a seconda del rapporto di parentela o di coniugio tra il disponente e i beneficiari: dal 4% applicato per parenti in linea diretta o coniugi per il valore che eccede 1 milione di euro, fino all’8% senza franchigia per tutti gli altri soggetti. Andrà inoltre pagata l’imposta ipotecaria pari al 2% del valore dell’immobile e l’imposta catastale pari all’1% del valore dell’immobile (in misura fissa di 200 euro per entrambe le imposte nel caso in cui l’immobile donato diventi prima casa).

– I guadagni legati alla vendita di un immobile sono soggetti alla tassa sulle plusvalenze: quando si rivende una proprietà immobiliare entro 5 anni dal suo acquisto, il guadagno derivante dalla vendita (la plusvalenza) è soggetta a imposta sostitutiva del 26%.

– Sugli affitti si pagano poi Irpef o cedolare secca, bollo e imposta di registro. Nel caso si paghi l’Irpef i redditi degli immobili sono cumulati con gli altri redditi del proprietario e tassati secondo le aliquote previste. Per la cedolare secca, invece, è prevista una aliquota di tassazione del 21% del canone di affitto, che scende al 10% per i contratti a canone concordato. Prevista anche l’imposta di bollo (16 euro per ogni 100 righe e per ogni eventuale foglio allegato) e l’imposta di registro pari al 2% del canone annuo, con un minimo di 67 euro (per i contratti a canone concordato il 2% sul 70% del canone annuo).

– Infine Imu e Tari. La prima si paga solo sulle seconde case e sulle prime considerate di lusso. Il valore dell’imposta dipende proprio dalla rendita catastale su cui si è sollevata la polemica di questi giorni e dalle aliquote fissate dai Comuni. La tassa sui rifiuti viene invece calcolata con una quota fissa determinata sulla base della superficie dell’immobile ed una quota variabile in base al numero degli occupanti l’abitazione.

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Economia

Antitrust bacchetta siti di auto elettriche su green claim

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Espressioni come “100% sostenibile”, “100% Green”, “Zero emissioni”, “Impatto zero sull’ambiente” ed “Eco” sui siti per la vendita dei veicoli elettrici per la mobilità urbana Xev Yoyo e Microlino sono stati contestate dell’Antitrust come “green claim generici e senza indicazione della fase del ciclo di vita del prodotto” cui si riferiscono e rimosse dalle società. L’Agcm (Autorità garante della concorrenza e del mercato) comunica in una nota di “aver concluso positivamente” una moral suasion nei confronti delle società Campello e Microlino Italia.

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