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Economia

‘Rendite catastali, rischio violazione Carta e ricorsi’

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“L’eventuale misura di rivedere le rendite catastali per chi ha usufruito del Superbonus pone qualche dubbio di costituzionalità: in quel caso sarebbe violato ‘il principio di affidamento’, perché verrebbe tradita la garanzia che il cittadino aveva avuto dallo Stato sul beneficio di quel provvedimento edilizio, ancora previsto fino ad un anno fa”. È il parere di Antonio Baldassarre costituzionalista italiano e presidente emerito della Consulta. “La legislazione del ‘bonus 110’ era un incentivo a migliorare la propria abitazione – spiega -. Ma a fine pubblico, perché comportava un risparmio energetico o, ad esempio, nel caso del sisma bonus, una resistenza degli edifici alle calamità: insomma, c’era un interesse pubblico. Adesso, con una penalizzazione che può essere anche pesante perché può durare anni, tutto cambia”.

Per il costituzionalista, inoltre, “se lo Stato fornisce un incentivo al cittadino, poi non può penalizzarlo, questo farebbe apparire contraddittorio il fronte del legislatore”. Baldassarre cita poi un esempio per parlarne in concreto: “con la revisione delle rendite catastali, in alcuni casi sarebbe previsto un cambio di aliquota ma in altri il cambiamento di regime potrebbe essere molto più pesante, perché c’è chi rischia di passare da una classe all’altra, quindi con una differenza notevole rispetto a quella attuale”. Da qui il rischio di ricorsi alla Consulta: “il ragionamento che potrebbe essere fatto è: ‘se nel momento in cui ho partecipato al beneficio avessi saputo che l’anno successivo mi sarebbe stata data una penalizzazione, non ne avrei usufruito perché la penalizzazione è forte”.

Il riferimento del costituzionalista è all’articolo 3 della Carta, secondo cui, al comma 2, ‘è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese’. L’articolo, secondo diverse interpretazioni giuridiche, tutela quindi il valore del legittimo affidamento e impone al legislatore di non creare un regolamento irrazionale degli interessi e perciò suscettibile di frustrare l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, elemento fondamentale dello Stato di diritto. In un caso del genere, dice dunque Baldassarre, “si manifesterebbe un legislatore contraddittorio, perché non si può cambiare politica l’anno successivo. E l’affidamento rimanda al principio di ragionevolezza che deve essere alla base della legislazione”.

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Economia

Da Imu e Tari all’imposta di registro, tutte le tasse sulla casa

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Imu e Tari, ma anche imposta di registro, catastale, Iva, cedolare secca. Sulle case degli italiani “gravita un lungo elenco di tasse e imposte a carico dei proprietari, una vera e propria giungla che ora rischia di diventare sempre più pesante”. A stilare l’elenco è il Codacons che dopo le parole di Giancarlo Giorgetti sulla rimodulazione delle rendite catastali teme un ulteriore aggravio.

– Le prime tasse arrivano già al momento della compravendita.

Chi compra un immobile va incontro infatti a imposta di registro, Iva, imposta ipotecaria e importa catastale. Chi compra casa da un privato (o da un’azienda che vende in esenzione Iva) deve versare un’imposta di registro del 2% (per un importo minimo di 1.000 euro) per la prima casa, del 9% sulla seconda casa, sul valore catastale dell’immobile. Le imposte ipotecaria e catastale sono entrambe di 50 euro.

Chi invece compra casa da un costruttore è tenuto a pagare l’Iva al 4% in caso di prima casa (10% sulla seconda casa, 22% su immobili di lusso), imposta di registro, ipotecaria e catastale, del valore fisso di 200 euro l’una. Alla cifra totale si sommano i costi di eventuali spese notarili.

– Le tasse non risparmiano nemmeno gli immobili donati o in eredità, anche se con un’importante franchigia. Nei trasferimenti per donazione o successione sono dovute le imposte indirette, in particolare l’imposta di successione e di donazione, che varia a seconda del rapporto di parentela o di coniugio tra il disponente e i beneficiari: dal 4% applicato per parenti in linea diretta o coniugi per il valore che eccede 1 milione di euro, fino all’8% senza franchigia per tutti gli altri soggetti. Andrà inoltre pagata l’imposta ipotecaria pari al 2% del valore dell’immobile e l’imposta catastale pari all’1% del valore dell’immobile (in misura fissa di 200 euro per entrambe le imposte nel caso in cui l’immobile donato diventi prima casa).

– I guadagni legati alla vendita di un immobile sono soggetti alla tassa sulle plusvalenze: quando si rivende una proprietà immobiliare entro 5 anni dal suo acquisto, il guadagno derivante dalla vendita (la plusvalenza) è soggetta a imposta sostitutiva del 26%.

– Sugli affitti si pagano poi Irpef o cedolare secca, bollo e imposta di registro. Nel caso si paghi l’Irpef i redditi degli immobili sono cumulati con gli altri redditi del proprietario e tassati secondo le aliquote previste. Per la cedolare secca, invece, è prevista una aliquota di tassazione del 21% del canone di affitto, che scende al 10% per i contratti a canone concordato. Prevista anche l’imposta di bollo (16 euro per ogni 100 righe e per ogni eventuale foglio allegato) e l’imposta di registro pari al 2% del canone annuo, con un minimo di 67 euro (per i contratti a canone concordato il 2% sul 70% del canone annuo).

– Infine Imu e Tari. La prima si paga solo sulle seconde case e sulle prime considerate di lusso. Il valore dell’imposta dipende proprio dalla rendita catastale su cui si è sollevata la polemica di questi giorni e dalle aliquote fissate dai Comuni. La tassa sui rifiuti viene invece calcolata con una quota fissa determinata sulla base della superficie dell’immobile ed una quota variabile in base al numero degli occupanti l’abitazione.

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Economia

Antitrust bacchetta siti di auto elettriche su green claim

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Espressioni come “100% sostenibile”, “100% Green”, “Zero emissioni”, “Impatto zero sull’ambiente” ed “Eco” sui siti per la vendita dei veicoli elettrici per la mobilità urbana Xev Yoyo e Microlino sono stati contestate dell’Antitrust come “green claim generici e senza indicazione della fase del ciclo di vita del prodotto” cui si riferiscono e rimosse dalle società. L’Agcm (Autorità garante della concorrenza e del mercato) comunica in una nota di “aver concluso positivamente” una moral suasion nei confronti delle società Campello e Microlino Italia.

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Economia

Impenna la spesa privata, 4,5 milioni rinunciano a cure

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La spesa per la salute pagata di tasca propria dagli italiani vede un’impennata del 10% nel solo 2023 ed, è insieme alle liste d’attesa, la causa che porta 4,5 milioni di persone, in Italia, a rinunciare alle cure. Questi numeri, uniti alle diseguaglianze regionali, alla migrazione sanitaria e ai pronto soccorso affollati “dimostrano che la tenuta del Servizio sanitario nazionale è prossima al punto di non ritorno”. Mentre per la spesa sanitaria c’è un gap di 52 miliardi con la media dei Paesi dell’Ue. A denunciare una “sanità pubblica in emergenza” è la fondazione Gimbe, ma il ministro della salute che rassicura “nella Legge di bilancio ci saranno risorse adeguate per la sanità”.

Mentre spetta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella sottolineare, ancora una volta, il valore del Servizio sanitario come “risorsa preziosa e pilastro essenziale per la tutela del diritto alla salute”. Alla vigilia del G7 Salute che si sta per aprire ad Ancona, il settimo rapporto Gimbe sul Servizio Sanitario nazionale scatta la fotografia. Rispetto al 2022, nel 2023 l’aumento della spesa sanitaria totale è stato sostenuto esclusivamente dalle famiglie come spesa diretta o tramite fondi e assicurazioni. Mentre resta stabile la spesa sanitaria pubblica italiana, che rispetto alla media dei Paesi Ocse membri dell’Unione Europea, vede un gap che sfiora i 52,4 miliardi e ci “rende fanalino di coda, con una differenza ormai incolmabile con altri Paesi”.

La conseguenza è che sempre più persone, spiega Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe, “sono costrette a pagare di tasca propria un numero crescente di prestazioni sanitarie”: si chiama spesa ‘out-of-pocket’ e, se nel periodo 2021-2022 ha registrato un incremento medio annuo dell’1,6%, nel 2023 si è impennata aumentando del 10,3% in un solo anno. Ed è questo uno dei motivi principali che nel 2023, hanno portato 4 milioni e mezzo di persone a rinunciare a visite o esami medici per diversi motivi. “La grave crisi di sostenibilità del Servizio sanitario nazionale è frutto del definanziamento attuato negli ultimi 15 anni da tutti i Governi”, osserva Cartabellotta. Ma “le previsioni non lasciano intravedere alcun rilancio del finanziamento pubblico per la sanità”: secondo il Piano Strutturale di Bilancio (Psb), il rapporto spesa sanitaria/pil si riduce dal 6,3% nel 2024-2025 al 6,2% nel 2026-2027. E, a fronte di una crescita media annua del pil nominale del 2,8%, nel triennio 2025-2027 il Psb stima una crescita media della spesa sanitaria del 2,3%. “Questi dati – spiega Cartabellotta – confermano che il definanziamento prosegue”.

E vanno di pari passo con una “crisi del personale senza precedenti”, schiacciato tra turni massacranti, burnout e basse retribuzioni. Mentre la messa a terra dei progetti della Missione Salute del Pnrr “già risente delle diseguaglianze tra Nord e Sud del Paese”. A fronte di questo Gimbe chiede un patto maggioranza-opposizione. E sono stati proprio i due principali leader dell’opposizione, Elly Schlein e Giuseppe Conte ad assistere, entrambi in presenza ma lontani fra loro, alla presentazione del rapporto.

“Chiediamo maggiori risorse per la sanità pubblica”, ha detto la segretaria del Pd, che rilancia la proposta: “la spesa che le famiglie mettono di tasca loro è aumentata di 4,3 miliardi cioè la stessa cifra che il governo ha messo sulla riforma dell’Irpef. Quindi chiederemo, anche in questa manovra, di mettere quei 4,3 miliardi sulla sanità pubblica perché, se questo non accadrà, ricadrà sulle famiglie”. Il ministro della Salute Orazio Schillaci ribatte: “nessuno nel governo vuole tagliare la sanità pubblica, cosa che l’opposizione ricorda costantemente”. Quindi precisa che gli obiettivi principali della prossima legge di bilancio sono “pagare meglio il personale” e “avere un piano pluriennale per assumere nuovi medici”.

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