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Cronache

Giovane detenuto a Poggioreale pubblica video su TikTok: nuovo arresto aggravato dal metodo mafioso

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La Polizia di Stato ha notificato ieri mattina un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a un giovane di 21 anni già detenuto per altri reati. Il giovane è accusato di indebito utilizzo di un apparecchio telefonico durante la detenzione, aggravato dal metodo mafioso. Questo episodio si somma a una serie di violazioni precedenti che lo vedono già coinvolto in reati di violenza privata e favoreggiamento aggravati dal metodo mafioso.

Il reato commesso durante la detenzione

Le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Napoli hanno evidenziato che, durante la sua permanenza nel carcere di Poggioreale, il giovane ha pubblicato video sul social network TikTok. Nei video, registrati a marzo e novembre 2023, il detenuto affermava senza scrupoli la propria forza criminale, vantandosi dell’appartenenza al clan CONTINI. Questi contenuti non solo dimostravano un atteggiamento sfacciato, ma rendevano evidente che il giovane non temeva le conseguenze legali delle sue azioni.

Precedenti penali e fuga dagli arresti domiciliari

L’uomo era stato precedentemente arrestato a seguito di un’aggressione presso il ristorante “CALA LA PASTA” di Napoli il 16 maggio 2022. In quell’occasione, era stato accusato di violenza privata e favoreggiamento, entrambi reati aggravati dal metodo mafioso. Successivamente, era stato posto agli arresti domiciliari, ma era riuscito a fuggire, rendendosi irreperibile. Solo lo scorso agosto, la Squadra Mobile è riuscita a rintracciarlo e arrestarlo nuovamente.

Il legame con il clan Contini

Le indagini hanno confermato che il giovane detenuto è legato da stretti vincoli di parentela a elementi di spicco del clan CONTINI, un’organizzazione criminale di primo piano nel panorama della camorra napoletana. I video pubblicati su TikTok non solo evidenziavano la sua sfacciata arroganza, ma rappresentavano anche una sorta di dimostrazione pubblica della sua appartenenza alla criminalità organizzata.

Conseguenze legali e misure cautelari

Il provvedimento di custodia cautelare è stato emesso in fase di indagini preliminari. Il giovane è attualmente considerato una persona sottoposta a indagine e, come tale, presunto innocente fino a sentenza definitiva. Tuttavia, la nuova accusa di utilizzo illegale di un dispositivo telefonico e la pubblicazione di contenuti social all’interno del carcere, aggravati dal metodo mafioso, rappresentano un ulteriore aggravante nel suo quadro giudiziario.

In attesa di ulteriori sviluppi giudiziari, rimane da vedere quali saranno le prossime mosse delle autorità competenti per gestire questo ennesimo caso di criminalità organizzata e di uso improprio dei social media da parte di detenuti.

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Caso Grillo-Onorato archiviato, non è traffico influenze

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È stata archiviata a Milano l’indagine in cui Beppe Grillo e Vincenzo Onorato, patron del gruppo Moby, erano accusati di traffico di influenze per una presunta “mediazione illecita” da parte del fondatore dei Cinquestelle: secondo l’ipotesi, poi ritenuta infondata, tra il 2018 e il 2019, Grillo avrebbe inoltrato a tre parlamentari del Movimento le richieste di aiuto avanzate dall’armatore, amico di lunga data, quando la sua compagnia era in crisi finanziaria. In cambio Onorato avrebbe siglato contratti per fare pubblicità a Moby sul blog dell’ex comico. A chiudere il caso, con l’archiviazione, è stato il gip Mattia Fiorentini che ha accolto la richiesta inoltrata lo scorso giugno dal pm Cristiana Roveda e dall’aggiunto, ora procuratore a Bergamo, Maurizio Romanelli.

Richiesta che è arrivata oltre un anno dopo la chiusura dell’inchiesta con la quale era stata data una ricostruzione mesi dopo ‘ribaltata’. A far cambiare idea agli inquirenti sono state una serie di valutazioni giurisprudenziali e una memoria presentata dal legale di Onorato, l’avvocato Pasquale Pantano con cui si sostiene sia che la cifra versata al politico per la pubblicità era più che conveniente e sia la mancanza di una connessione temporale tra le presunte utilità e i favori. La Procura, in sostanza, ha dovuto stabilire se il comportamento di Grillo rientrasse nel perimetro di una “mediazione illecita o lobbistica”. Secondo la nuova rilettura dei fatti, poi condivisa dal giudice, l’intervento del fondatore di M5s sugli allora ministri in carica Luigi Di Maio, Danilo Toninelli e Stefano Patuanelli per far pervenire le richieste di Onorato fu “perentorio”. E sebbene a quelle istanze fu data risposta “con sollecitudine”, non si è configurato il traffico di influenze illecite, sia perché non c’è stato un conseguente abuso d’ufficio da parte dei ministri, mai indagati, sia perchè il presunto mediatore, ossia Grillo, non era portatore di una qualifica “pubblicistica”.

In pratica non era un pubblico ufficiale. Intanto stamane l’armatore e i suoi figli, Achille e Alessandro, si sono visti accogliere dal gup Luigi Iannelli, la richiesta di patteggiamento il primo a 3 anni e 10 mesi di reclusione e gli altri due a 2 anni con pena sospesa. I tre rispondono di bancarotta nell’indagine che riguarda Cin, la Compagnia italiana di navigazione, ammessa al concordato preventivo nel giugno 2021, una procedura fallimentare che si è chiusa tempo fa. La proposta di patteggiare avanzata sempre da Pantano ha avuto il parere favorevole del pm Luigi Luzi, titolare del fascicolo. Gli Onorato, nel corso delle vicende fallimentari del gruppo, ha sempre fatto notare il legale, hanno versato somme considerevoli per ripianare i debiti. Come si legge in una nota, la famiglia ora potrà “dedicare tutte le energie al piano di rilancio” di Cin.

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Truffa da 22 milioni alla Regione Puglia, patteggiano in sei

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Hanno patteggiato pene comprese tra un anno e sei mesi a due anni di reclusione (sospese) sei imputati di un processo sulle presunte truffe da 22 milioni di euro ai danni della Regione Puglia, sui compensi legali pagati dall’ente per migliaia di contenziosi sugli indennizzi agricoli. Il processo partì dall’inchiesta ‘Leguleio’ della Guardia di finanza che coinvolse 21 persone, accusate a vario titolo di associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari, truffa ai danni dello Stato, truffa aggravata ai danni della Regione Puglia, autenticazione di firme false, firme false di persone decedute, riciclaggio e autoriciclaggio.

La pena più alta è stata concordata per l’avvocato Michele Primavera, coinvolto in questo filone insieme ai colleghi Oronzo Panebianco, Assunta Iorio e Francesca Fiore, il marito di quest’ultima Luca Pedroncelli e la dipendente del Tribunale di Bari Giuliana Tarantini. I patteggiamenti nei confronti dei sei, inizialmente respinti in udienza preliminare, sono stati ratificati oggi, in dibattimento, davanti al collegio presieduto dal giudice Marco Guida.

Secondo l’accusa, gli avvocati coinvolti avrebbero intentato migliaia di cause contro la Regione per conto di agricoltori e allevatori destinatari di contributi (con mandati falsi o rilasciati in modo illegittimo) e, per “impedire alla Regione Puglia un’efficace difesa in giudizio”, avrebbero creato “falsi domicili” intentando “azioni legali nei confronti dell’Ente in varie parti d’Italia”, come si legge negli atti della Procura, in modo da recuperare le spese legali.

Alcune cause erano intentate anche per conto di persone decedute. La vicenda si è poi divisa in più tronconi: per alcuni imputati il processo è ancora in corso in dibattimento, per altri la posizione è stata definita in abbreviato lo scorso novembre.

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San Felice a Cancello, donna strangolata dal marito davanti ai figli

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Un tragico episodio di violenza domestica ha sconvolto la comunità di San Felice a Cancello, in provincia di Caserta. La vittima, Eleonor Toci, una giovane donna di 24 anni, è stata strangolata nel letto dal marito Luzmil, un 30enne albanese, sotto gli occhi dei loro due figli di 4 e 6 anni. È stato proprio uno dei bambini, in un momento di disperazione, a mostrare il corpo della madre tramite una videochiamata alla zia, segnando l’inizio di una drammatica sequenza di eventi.

Il delitto: una morte senza apparente motivo

L’omicidio è avvenuto nella mattinata del 5 ottobre, intorno alle 5, mentre la famiglia si trovava ancora a letto. Eleonor Toci era giunta in Italia pochi mesi prima dall’Albania, desiderosa di ricongiungersi con il marito e offrire una vita migliore ai suoi figli. La coppia viveva a San Felice a Cancello, dove Luzmil lavorava come bracciante agricolo saltuario. Tuttavia, quella che doveva essere una nuova vita per la giovane madre si è trasformata in tragedia.

Secondo le prime ricostruzioni, il marito avrebbe strangolato Eleonor senza un apparente motivo. Nessuna lite o discussione precedente al delitto è emersa dalle testimonianze raccolte. Dopo aver ucciso la moglie, Luzmil è uscito di casa, lasciando i due bambini soli con il corpo della madre.

L’intervento dei carabinieri e la confessione del marito

I carabinieri sono stati allertati dalla zia dei bambini, la cognata di Eleonor, che ha ricevuto una videochiamata da uno dei figli della coppia. Il bambino ha mostrato alla donna il corpo senza vita della madre, scatenando il pronto intervento delle forze dell’ordine. Luzmil è stato trovato all’esterno dell’abitazione, in stato confusionale, insieme al fratello. Alla vista dei carabinieri ha subito ammesso il delitto, dicendo semplicemente: “Ho ucciso mia moglie”.

Condotto in caserma, l’uomo ha ripetuto la sua confessione anche davanti al magistrato della Procura di Santa Maria Capua Vetere, Iolanda Gaudino. Tuttavia, le indagini sono state rese complicate dalla sua scarsa conoscenza dell’italiano e dallo stato di choc in cui si trovava, che gli impediva di fornire dettagli chiari sull’accaduto.

Nessun movente apparente

Nonostante le lunghe ore di interrogatorio, Luzmil non ha fornito un movente chiaro per il delitto. Le prime ipotesi di una lite prima dell’omicidio non hanno trovato conferme né nelle sue dichiarazioni né nelle testimonianze dei vicini. Anche il fratello e la cognata, che avevano visto Luzmil poco dopo l’omicidio, non avevano notato comportamenti particolarmente sospetti prima della tragedia.

Un femminicidio che scuote la comunità

L’omicidio di Eleonor Toci è l’ennesimo femminicidio che scuote il territorio italiano e ha suscitato una forte reazione da parte delle istituzioni locali. La Cgil di Caserta ha espresso la sua indignazione tramite il segretario generale Sonia Oliviero, sottolineando la necessità di un cambiamento culturale per fermare questa “strage senza fine”. Anche il deputato casertano del M5S Agostino Santillo ha manifestato il suo sdegno e ha chiesto interventi più incisivi per prevenire la violenza di genere.

Una famiglia distrutta

La tragica morte di Eleonor Toci lascia due bambini piccoli orfani della madre e con un padre ora accusato di omicidio aggravato. La giovane donna aveva sperato di costruire una vita migliore per sé e per i suoi figli in Italia, ma il suo sogno è stato spezzato da una violenza inaudita e inspiegabile.

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